Novembre ’94: in un istituto tecnico della periferia napoletana uno studente del quinto anno prende a schiaffi un assistente tecnico. Strilli delle bidelle, orrore delle professoresse, sospensione, inevitabile, del ragazzo. Il quale, due mesi dopo, accetta di parlarne così.

Una cosa che mi colpì quel giorno fu che tu, nonostante fossi sconvolto, alla mia domanda “sai perché l’hai fatto?” hai risposto senza esitare “sì, per paura”. Vuoi spiegare che cosa significa?
Sì. Non so se lei ha mai avuto qualche battibecco con qualche persona, in senso verbale perché voi alle mani non arrivate mai, allora in questi casi a me capita... dipende se io lo guardo in faccia, credo che dalla faccia si capisce se uno intende aggredirvi o meno; penso che quando uno si avvicina a una distanza brevissima con un certo colore di faccia, con certi occhi, penso che anche lui sta per prendere la via delle mani, allora per paura -è un attimo che porta paura- la reazione è per picchiarlo. Però se vedo che uno non è portato per certe cose, nel senso che si limita a fare una discussione con le parole, allora evito.
In quella situazione che cosa ti ha fatto capire che l’intenzione era aggressiva?
Faccio un attimo la dinamica. Io stavo con i compagni nella segreteria, ero entrato per ultimo, e il signor X subito aprì la porta, mi prese per il braccio e disse che dovevamo uscire tutti fuori. Io in un modo dialettico gli dissi “siamo in autogestione, stiamo facendo un documento” (gli amici stavano facendo delle fotocopie, eravamo una quindicina). Ma io a lui gli ero antipatico, sapete perché? C’era un precedente tra me e lui, del giorno prima. Io scherzavo con la bidella; la bidella non la prese bene e andò dal vicepreside. Io scappai all’ultimo piano, nell’assemblea, e mi misi nel mucchio. Subito dopo vidi aprire la porta ed entrò questo signor X, mi afferrò e disse “vieni qua” e io gli dissi “ma tu chi sei? fatti gli affari tuoi; tu sei assistente, perché vuoi fare il bidello o il lecchino?” Lui mi prese per il braccio e mi tirava giù, una piccola collusione, io mi stavo quasi innervosendo, poi alla fine aveva ragione lui, sbagliavo io, e lo accompagnai. Però io non la presi bene, il fatto che mi venne a prelevare lui, che fece le scale a tre a tre... Il giorno seguente in segreteria lui mi vide entrare per ultimo, e dopo trenta secondi, con la scusa di cacciare tutti fuori, mi piglia per il braccio. Io gli faccio “ma tu, ce l’hai con me, perché ti sono antipatico? siamo in autogestione, tu non sei nessuno”.
Questo però in modo dialettale; lui ha cominciato ad arrabbiarsi, la discussione si faceva sempre più calda fra me e lui, perché a lui non importava più cacciare fuori i ragazzi, ma risolvere il problema nei miei confronti. Io insistevo che non volevo uscire, perché dovevo uscire solo io? A un certo punto gli dissi, in modo dialettale perché cominciavo ad arrabbiarmi “oh, se non te ne vai ti butto dalla finestra”. Quello non lo dovevo mai dire, perché lui si arrabbiò quasi il doppio di prima, e disse “tu dalla finestra non butti nessuno, io esco alle due, ci vediamo qua fuori” e lo ripeteva sempre, e nel frattempo stavamo alla distanza... io nell’angolo e lui qua. Lui uscì fuori e chiuse la porta, poi aprì di nuovo la porta e venne verso di me, non ricordo cosa dicesse però si avvicinava a me, e basta. Io a quel punto me lo vidi di fronte, sempre con la faccia strana, gli diedi due schiaffi, e poi...
Qui dunque è scattato il meccanismo della paura?
Quando lui è tornato indietro ed è venuto verso di me. Però lui la cosa che ha fatto da uomo cattivo è di dire “è stato prima lui”, invece secondo me è stato lui che ha provocato; e forse questo voleva, o magari che io urlavo per farmi sentire dai professori... è andata male per lui e per me...
Secondo te perché lui non ha reagito?
Forse lui non aveva intenzione di reagire, ma questo lo posso capire solo dopo, analizzando; perché lui ha uno stipendio fisso da guardarsi, e poi la sua intenzione era solo di scaturire in me una reazione... lui non voleva picchiarmi, questo lo capisco solo dopo, perché lui ha un mensile fisso, un posto di lavoro... però... può darsi che anche lui in quell’attimo si sia dimenticato del mensile, come io mi sono dimenticato di stare in una scuola... però questo è un ragionamento che viene dopo, in quell’istante queste cose non si pensano.
Allora tu dicesti che la cosa che ti dava più fastidio era che lui non avesse reagito. Ti ricordi?
No c ...[continua]

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