Giovanna Marsico è direttrice del centro nazionale francese cure palliative e fine vita (Cnspfv) e ha fatto parte del Comitato di Governance della Convention. Agnese Bertello, socia di Ascolto Attivo dal 2016, è una facilitatrice, esperta di progettazione partecipata, e ha fatto parte del Comitato internazionale dei Garanti.

Qualche mese fa Francia ha interpellato i propri cittadini su quale fosse la legislazione più adeguata in materia di fine vita. Ci potete raccontare com’è andata?
Giovanna Marsico. Il tema del fine vita in Francia era stato già affrontato in altri dibattiti pubblici. Possiamo dire che in generale l’evoluzione legislativa francese si era sviluppata sulla base di situazioni drammatiche e specifiche che non trovavano riscontro né nel diritto, né nell’etica, un po’ come avvenuto in Italia con il caso di Luana Englaro. Questo aveva infine portato a una discussione piuttosto vivace in Parlamento rispetto alla necessità di un’evoluzione legislativa sul fine vita. L’ultima legge, promulgata nel 2016, la legge Claeys-Leonetti, aveva suscitato molte discussioni sulla questione dell’eutanasia e del suicidio assistito, ma il Parlamento non aveva voluto prendere posizione su questo tema e aveva piuttosto scelto di introdurre la sedazione profonda e continua fino al decesso, considerata come un dispositivo sufficiente per poter far fronte ai casi estremi. Poi c’è stata la pandemia del Covid-19 e tutti noi abbiamo ascoltato, quotidianamente, i bollettini letti dal direttore generale della sanità, Jêrome Salomon, e il racconto di tutte queste morti avvenute in totale solitudine, senza scelta, senza diritti, in nome dell’urgenza della salute pubblica.  
Questa sorta di trauma collettivo ha generato un terreno adatto per tornare a discutere di fine vita. A settembre dello scorso anno è stato redatto un rapporto del Comitato Etico Consultivo Nazionale poi consegnato al Presidente della Repubblica che ha colto l’occasione per annunciare l’avvio di una cosiddetta “convenzione” di cittadini.
Noi, il Centro Nazionale sul fine vita e le cure palliative, il Ccne (Comitato Nazionale Etico) e il Cese (Consiglio Economico Sociale e dell’Ambiente), avevamo precedentemente avuto delle riunioni informali e cominciato a riflettere su un processo di democrazia participativa di questo tipo. A fine settembre è stato così costituito il Comitato di Governance che riuniva sei membri del Cese, tra i quali la Presidentessa Claire Thoury, due rappresentanti del Ccne, due esperte di democrazia partecipativa, Hélène Landmore, che insegna a Yale, e Sandrine Rui, professore a Bordeaux, Jean-Pierre Chabrol e Matthieu Sanchez, cittadini della Convenzione Cittadina del Clima, io e la filosofa Cynthia Fleury.
A fine settembre è cominciata la fase di inquadramento dell’iniziativa, con i cittadini, i fornitori, gli animatori, i servizi del Cese. Il 9 dicembre è formalmente  partita la Convenzione Cittadina con l’arrivo dei Garanti e l’inaugurazione della Prima Ministra, la signora Elisabeth Borne.
Come si è svolto il sorteggio dei cittadini?
Siamo partiti dai criteri di inclusione e di esclusione, ma presto la decisione è stata di eliminare tutte le cause di esclusione e di lavorare invece su quelle di inclusione. In particolare abbiamo voluto includere tutti i Territori, perché la Francia è un paese che ancora ha dei Territori oltremare con delle specificità molto forti. Questi spesso si sentono esclusidalla politica metropolitana e così abbiamo voluto che nelle estrazioni a sorte ci fossero anche dei rappresentanti dell’oltremare e poi dei rappresentanti della precarietà. Sulla precarietà, era difficile individuare persone rappresentative di quella condizione con un’estrazione a sorte, per cui ci siamo rivolti a un’associazione, Atd Quart Monde, che ha fatto da tramite e ci ha proposto quattro cittadini che poi sono venuti e hanno partecipato attivamente a tutti gli scambi. Il nostro obiettivo era di mettere assieme, a marzo, centocinquanta cittadini, quindi ci siamo detti: “Prendiamone centottantacinque perché ci sarà sicuramente qualche rinuncia” e invece non ce n’è stata nessuna! Una sola persona è andata via perché stava cercando lavoro e alla fine l’ha trovato, per cui l’impegno non era più compatibile.
Per raccogliere un campione di cittadini sono state fatte circa diecimila telefonate  a numeri di telefono cellulari forniti dall’agenzia delle telecomunicazioni francese e poi un 25% all’incirca di linee fisse ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!