Livia Turco, già ministro per la Solidarietà sociale e poi della Salute, nel 2017 è stata insignita del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Attualmente presiede il Gruppo di lavoro “Interventi sociali e politiche per la non autosufficienza” del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.

Da tempo si invoca una legge sulla non autosufficienza, questione che la pandemia ha riportato in primo piano. Nell’ultima legge di bilancio c’è un articolo di cui si è parlato poco, ma che ha una portata potenzialmente molto significativa per la vita delle famiglie, perché pone alcuni punti fermi rispetto a questo tema. Puoi raccontare?
È una tema che mi sta molto a cuore anche perché, avendo vissuto una lunga non autosufficienza con la mia mamma, so bene di cosa parliamo. Ora, grazie anche alle sollecitazioni arrivate dalla rete della non autosufficienza, a una intelligente mobilitazione sociale e a dei ministri sensibili, il tema è finalmente entrato nell’agenda politica.
La pandemia indubbiamente ha spinto tutti noi a riflettere molto sui soggetti fragili, sulle nostre stesse vulnerabilità, anche perché i più colpiti sono stati i bambini e gli anziani, cioè le fasi della vita estranee alla cosiddetta vita produttiva. Nella mia storia politica c’è stata una lunga fase di elaborazione sul tema tempi di vita, sulla vita come ciclo fatto di stagioni. Ecco, questi ultimi mesi mi hanno riportato alla mente molti di quei pensieri e mi hanno anche fatto percepire come nel tempo fosse avvenuta una regressione culturale: cioè il paese della denatalità e dell’invecchiamento davanti a questa emergenza si è trovato spiazzato proprio sul versante della cura dei figli e delle persone anziane. Beh, se ci pensi è un po’ paradossale trovarsi impreparati proprio su questi due punti.
Da poco è uscito l’ultimo rapporto Istat sulla denatalità, dove abbiamo segnato un nuovo record negativo. Mi chiedo quali altri segnali attendiamo per farci carico di questo dato di fatto.
Comunque, come dicevo, in questo periodo sono tornata a ragionare su una visione della vita come ciclo, come alternarsi di stagioni, ciascuna da vivere pienamente nella sua peculiarità; anche sull’importanza di una mescolanza dei tempi di vita. Tutti punti che nella legge abbiamo assunto fin dal titolo che è appunto “Promozione della dignità della persona anziana e presa in carico della non autosufficienza”.
Nel frattempo il ministero doveva preparare la legge finanziaria. Attualmente abbiamo uno strumento, il Piano per la non autosufficienza, che prevede un fondo che, tra tutti i fondini, è quello più dignitoso perché ha seicento milioni di euro, è strutturale, ma va rinnovato perché in scadenza.
Allora anziché incrementarlo con la solita logica dei bonus, ci siamo detti: facciamo della legge di bilancio, l’occasione per piantare i chiodi della legge di riforma. E siccome la vera sfida qui non è di fare una legge di indirizzo, bensì di individuare quelli che sono i livelli essenziali, cerchiamo di anticipare la legge quadro inserendo nella legge di bilancio questi livelli essenziali delle prestazioni in ambito sociale, i cosiddetti Leps. Il testo della legge di bilancio indica precisamente i “Livelli essenziali delle prestazioni sociali per la non autosufficienza”.
Al cuore dei livelli essenziali che avete indicato c’è la domiciliarità, cioè la possibilità di rimanere a casa.
I Leps noi li abbiamo visti come una sorta di anticipo e quindi come parte integrante della riforma. E siamo partiti mettendoci nei panni delle persone. Ebbene, la stragrande maggioranza delle persone vuole poter stare nella propria casa. Ci siamo trovati tutti d’accordo sul fatto che questa dovesse essere una scelta assolutamente incentivata. Ovviamente nell’ottica della libertà di scelta, perché poi c’è anche chi dice: “No, io voglio andare nella casa di riposo”. Però la scelta di fondo, in una visione umanistica, che è poi quella che ci suggerisce l’Organizzazione mondiale della sanità, è stata quella di incentivare la domiciliarità, attraverso un approccio cosiddetto biopsicosociale, che cerca di tenere assieme l’aspetto biologico con quello dell’autonomia, della capacità di relazione con l’esterno, che guarda alla persona e alla sua autosufficienza in senso ampio, non solo come benessere fisico ma come possibilità di movimento, di relazione con l’esterno, i cosiddetti “funzionamenti”.
Allora, proprio partendo di qui, abbiamo ...[continua]

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