Gideon Levy è un giornalista israeliano. Dal 1982 scrive per il quotidiano israeliano "Haaretz” e dal 2010 anche per il settimanale "Internazionale”.

Da anni, sulle pagine di "Haaretz” lei denuncia la politica di occupazione israeliana. Com’è maturato il suo impegno?
Sono nato a Tel Aviv, i miei genitori erano rifugiati dall’Europa, ed ero un tipico prodotto del sistema educativo e mediatico israeliano. Mi avevano insegnato che gli ebrei hanno sempre ragione e che gli arabi hanno sempre torto; che noi eravamo Davide e loro Golia e soprattutto che gli arabi hanno solo una cosa in testa: come buttare a mare tutti gli ebrei. Non mi avevano mai detto nulla della Naqba, nessuno ce ne aveva mai parlato, ed è in quest’atmosfera che sono cresciuto in Israele. Ho servito nell’esercito israeliano. Ho anche lavorato per quattro anni con Shimon Peres. Ma è stato solo alla fine degli anni Ottanta, quando ho iniziato a viaggiare come giornalista nei Territori occupati, a Gaza e in Cisgiordania, che ho scoperto come mi avessero fatto il lavaggio del cervello.
È stato allora che ho capito che il dramma più grande di Israele si svolgeva proprio nel cortile di casa nostra.
Così, alla fine degli anni Ottanta e all’inizio della prima intifada ho deciso di dedicare la mia vita professionale a documentare i crimini dell’occupazione e a tentare di dire agli israeliani ciò che non vogliono sentire. Da allora sono ormai trent’anni che mi reco almeno una volta a settimana nei Territori occupati e faccio tutto il possibile per raccontare la verità.
Purtroppo, quasi tutti i media israeliani sono coinvolti in questa campagna di de-umanizzazione e demonizzazione dei palestinesi. Ecco, io provo a dire qualcosa di diverso, a raccontare una storia diversa.
Lei sostiene che in Israele sono oggi in vigore tre regimi.
C’è la democrazia liberale per i cittadini ebrei, una democrazia molto debole, fragile, sempre più sotto attacco. Questo è il primo regime di Israele.
Il secondo è rappresentato dai cittadini palestinesi: il 20% dei cittadini israeliani sono palestinesi, che solo formalmente sono cittadini come gli altri, dal momento che sono sottoposti a una forte discriminazione. Il terzo regime, infine, è quello dei Territori occupati: un’occupazione militare che sottopone gli abitanti a una tirannia totalitaria che ne gestisce la vita e la morte. Ha le sembianze di un sistema di apartheid, si comporta come tale e direi che lo è. Quando due persone condividono un pezzo di terra, e una persona ha tutti i diritti del mondo e l’altra non ne ha affatto, non si può chiamarlo in nessun altro modo  se non apartheid. Io dico sempre che non si può essere incinta a metà. O sei incinta o non lo sei. O sei una democrazia o non lo sei. Quando hai tre regimi, due dei quali non sono democratici, non puoi dire di essere una democrazia! Quando la democrazia è vincolata a un confine etnico o geografico, non è democrazia. Nella formula "stato ebraico democratico” c’è una grande contraddizione. L’Italia non è uno stato italiano, non è uno stato cristiano, è una democrazia. Conosco solo uno stato che si definisce secondo la sua appartenenza etnico-religiosa, ed è la Repubblica Islamica dell’Iran. Ma nessuno ha mai detto che la Repubblica Islamica dell’Iran è una democrazia.
Quando Israele dice che è uno stato ebraico democratico, sta prendendo in giro se stesso. Cosa vuol dire uno stato ebraico? Vuol dire dare privilegi a una persona a discapito di un’altra persona. E questo non ha nulla a che vedere con la democrazia. Questa menzogna va smentita. Israele non può continuare a definirsi l’unica democrazia presente nel Medio Oriente.
Per molti anni mi sono chiesto, e me lo chiedo ancora, com’è possibile che una società  normale come quella israeliana ebraica possa vivere così in pace con se stessa, con così pochi punti interrogativi, con così pochi dubbi morali, mentre è in corso un’occupazione brutale a mezz’ora dalle loro case. Eppure i fatti che denuncio non succedono in Africa, le nostre colonie non si trovano in Asia, ma a soli trenta minuti dalle nostre case. Com’è possibile che gli israeliani siano così soddisfatti, così sicuri che vada tutto bene? Così sicuri che l’IdF, l’esercito israeliano, sia l’esercito più morale del mondo? Un esercito che un anno e mezzo fa a Gaza ha ucciso 500 donne e bambini è percepito da quasi tutti gli israeliani come l’esercito più morale del mondo. Spesso provo a dire provocatoriamente: "Beh ...[continua]

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