Adachiara Zevi, architetto e storica dell’arte, dal 2002 cura la biennale internazionale "Arte in memoria”, nei resti della Sinagoga di Ostia Antica, e dal 2010 il progetto Memorie d’inciampo. È presidente della Fondazione Bruno Zevi. Il libro di cui si parla nell’intervista è Monumenti per difetto, Donzelli, 2014.

Cosa sono i monumenti per difetto?
I monumenti per difetto sono dei monumenti che "difettano” di monumentalità. Laddove si intende per monumento qualcosa di celebrativo, retorico, permanente, avulso dal contesto, che usa materiali aulici, simmetrico, di grandi dimensioni, eccetera, i monumenti per difetto rappresentano l’opposto. Un esempio sono le pietre d’inciampo. Intanto sono praticamente invisibili, perché essendo interrate passano inosservate se non vi si inciampa. Da qui il loro nome, Stolperstein, che significa appunto "pietre d’inciampo”. Un inciampo che naturalmente è di tipo visivo e mentale, prima che fisico: queste pietre infatti, avendo una superficie di ottone, brillano sul manto stradale e come tali attraggono. Però questo avviene solo quando si è in loro prossimità; in qualche modo rifiutano la visione prospettica, la visione a distanza, tipica dei monumenti. Io credo che questa idea di metterle per terra sia piena di significati. Demnig quando posa queste pietre si inchina, deve inginocchiarsi e siccome ha sempre detto che queste pietre sono la sua testimonianza, il suo contributo, io vedo in questo gesto di chinarsi anche una forma di rispetto per la memoria delle vittime.
L’altra caratteristica fondamentale delle stolperstein è che sono diffuse. Diffuso significa che non sono un oggetto, bensì una mappa urbana della memoria: la loro collocazione all’interno della città disegna infatti una mappa della deportazione. Attraverso questa dislocazione si scopre così che gli ebrei non erano concentrati solo nel ghetto  e che la deportazione non ha avuto luogo solo il 16 ottobre, ma in tutta quanta la città e fino alle soglie della Liberazione. Inoltre, attenzione, le pietre non sono dedicate esclusivamente agli ebrei, ma a tutte le vittime del nazismo. È una mappa di tutte le persone che hanno resistito. Sulla pietra c’è scritto quando è nata quella persona, quando è stata arrestata e quando e dove è stata assassinata. Da questo punto di vista, io lo trovo anche un potente antidoto contro negazionismo e revisionismo.
Questa diffusione, come dicevo, fa parte del carattere antimonumentale di queste pietre, che ormai sono talmente diffuse da costituire il primo memoriale europeo a scala europea. Nel 2014 c’erano circa 45.000 pietre collocate in 17 paesi europei. Solo a Berlino ce ne sono oltre cinquemila. Tutta l’Europa è tappezzata di queste pietre che sono -e questo è un altro aspetto straordinario- tutte uguali e tutte diverse perché ci sono comunque i nomi delle persone. Però il fatto che siano tutte uguali non crea una gerarchia della deportazione. È anche un memoriale democratico. Tutte queste vittime infatti da una parte sono accomunate, dall’altra sono viste nella loro singolarità.
L’altra cosa originale dei sampietrini è che non sono, come si usa con i monumenti, nella piazza centrale, bensì davanti alla casa da cui i deportarti sono stati portati via, in un luogo che è uno "spartiacque” tra una vita normale e un abisso che nessuno poteva immaginare. Le stolperstein sono uno spartiacque anche tra memoria privata e memoria pubblica. L’idea di dedicare una pietra in genere viene dai familiari, quindi è una memoria privata. Tuttavia, per installare la pietra, si deve chiedere l’autorizzazione al Municipio e quella pietra diventa pubblica. La memoria privata viene consegnata al pubblico, che dovrebbe assumersi la responsabilità di preservarla. Cosa che purtroppo non avviene. Le pietre dedicate alla famiglia Spizzichino sono state addirittura strappate da un inquilino. Erano state appena messe e questa persona, di notte, sotto le telecamere del Ministero di Grazia e Giustizia, le ha divelte perché "infastidito”.
Il fatto è che queste pietre, nonostante la loro discrezione, non passano inosservate, in qualche modo non puoi non tenerne conto. Pensa quante volte al giorno gli abitanti del palazzo davanti al quale viene posata la pietra si scontrano con questa memoria.
Non dappertutto le stolperstein sono state accettate. A Monaco è la stessa Comunità ebraica ad aver espresso delle riserve ...[continua]

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