Giuseppe Costa è epidemiologo del Dipartimento Scienze Cliniche e Biologiche dell’Università di Torino, Servizio di Epidemiologia, Asl TO3 Piemonte.

Il tema è quello delle disuguaglianze di salute e della mortalità differenziale. Vorremmo capire se tali disuguaglianze sono in aumento.
È noto da sempre che le persone socialmente svantaggiate si ammalano di più, stanno di più nella malattia, hanno una prognosi più sfavorevole, nel senso che diventano più spesso disabili, e muoiono prima.
Il combinato disposto di queste cose fa sì che la mortalità, che è l’esito finale di tutto questo, presenti degli eccessi in tutte le categorie sociali svantaggiate. È appunto un riflesso di due processi contemporanei: uno, che questi gruppi si ammalano di più e, l’altro, che hanno più probabilità di peggiorare. È bene fare questa distinzione perché questi due processi fanno appello a due diverse categorie di responsabilità. Da un lato ci sono le cause dell’ammalarsi, i fattori di rischio, eccetera. Dall’altro, c’è il modo in cui si cerca di guarire, quindi le cure, la disponibilità di assistenza, eccetera. Per creare delle disuguaglianze dev’esserci qualcosa che non funziona in entrambi i versanti.
La questione delle disuguaglianze di salute ha suscitato parecchio stupore negli anni Ottanta, a cominciare da alcuni paesi scandinavi e inglesi. Dopo trent’anni da Beveridge e con tutti gli investimenti sullo Stato sociale si pensava che le disuguaglianze di salute fossero scomparse, invece, ricominciando a misurare, si è visto che sistematicamente c’erano. Questo ha sollevato l’attenzione sia della comunità scientifica che dei decisori.
È così rinato un interesse scientifico e di sanità pubblica su questo tema che ha prodotto consistenti investimenti soprattutto nei paesi anglosassoni (che vivono questa paradossale situazione di essere quelli che producono più disuguaglianza e quelli che investono di più per studiare come evitarla!).
Diverso il caso dei paesi scandinavi, che pur avendo investito molto proprio sulle politiche, non sono riusciti a debellare le disuguaglianze di salute. Le spiegazioni di questa persistenza sono prevalentemente legate al fatto che i paesi scandinavi hanno una frequenza di base di malattie, soprattutto cardiovascolari (che sono un target importante dei fattori sociali), talmente più alta del resto dell’Europa che, anche se sono riusciti a essere meno disuguali del resto del mondo, continuano però a pagare gli effetti di questo maggiore rischio di base.
Poi molto dipende anche da come si misurano queste disuguaglianze. Perché se le misuri in senso relativo, effettivamente vedrai che sono rimaste nonostante Beveridge, e che anzi tendono ad allargarsi. Se le misuri però in senso assoluto, troverai che sono diminuite. E questo perché i gruppi svantaggiati si sono assottigliati. L’effetto dell’universalismo è proprio quello di sottrarre popolazioni alle condizioni di svantaggio. Dopodiché quelli che rimangono svantaggiati peggiorano relativamente agli altri, un po’ perché si selezionano: a muoversi sulla scala sociale sono quelli che hanno più risorse, più capacità di progettazione, eccetera. Un po’ perché lo stesso disseminare il beneficio economico tramite l’universalismo aumenta l’accesso a beni di consumo pericolosi per la salute a cui prima magari lo svantaggiato non accedeva e a cui è più vulnerabile, penso ad esempio all’alcol, al fumo, al sesso insicuro...
Le popolazioni svantaggiate però, ripeto, sono comunque diventate più piccole. Noi usiamo come misure assolute i cosiddetti "casi attribuibili”. La domanda diventa allora: se con un colpo di bacchetta magica potessi far sì che tutti fossero come i più avvantaggiati, quanti casi eviteresti? Se misuri le disuguaglianze in questo modo in Scandinavia i casi attribuibili sono senz’altro diminuiti. Questo è un aspetto che va tenuto presente in questi ragionamenti.
Nel nostro paese qual è la situazione?
L’Italia ha messo a tema questi argomenti più tardi. Una delle ragioni è che le disuguaglianze non erano così evidenti. In genere l’attenzione parte dalle disuguaglianze geografiche (poi si scopre che le disuguaglianze geografiche nascondono disuguaglianze sociali). Se si guarda la mappa della Gran Bretagna alla luce delle disuguaglianze di salute, il Sud-Est è tutto chiaro e le macchie scure sono a Glasgow, Liverpool, Manchester. Se guardiamo la geografia italiana è tutta piatta, c’è giusto qualche macchiolina. Addirittura, alme ...[continua]

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