Ci vuoi parlare del tuo lavoro?
Il lavoro che faccio è ispirato principalmente dalla metodologia sviluppata da un brasiliano, Augusto Boal, conosciuta come teatro dell’oppresso. La combino anche con la mia esperienza personale come psicoterapista, utilizzando principalmente la terapia di gruppo e lo psicodramma, così come altre metodologie come il council circle, lo storytelling ecc.
Quindi sostanzialmente porto l’arte nel lavoro con le comunità per risvegliare l’immaginazione, la capacità che tutti gli esseri umani hanno di immaginare, di creare il mondo che tutti vogliamo vedere.
Nella tua biografia, intitolata "La salvezza accanto alla ferita” parli della tortura come una sorta di esperienza di iniziazione sciamanica. Puoi spiegarci?
Il titolo "La salvezza accanto alla ferita” viene da un modo di dire africano secondo cui gli eventi traumatici che come esseri umani attraversiamo tutti -che siano la tortura, lo stupro, la tua casa che è stata distrutta da un terremoto, la malattia mentale, la tossicodipendenza- possono consentirci di trovare significato nelle cose che ci accadono nella vita. Non accadono per renderci malati o vittime delle circostanze.
Quindi questi traumi possono essere visti come iniziatici, nel senso che dopo aver attraversato situazioni come queste, la psiche della persona va verso una trasformazione. In effetti in queste circostanze ci sono cose che muoiono, che vanno distrutte dentro di te -il tuo senso di sicurezza, forse il tuo senso di innocenza- ma ci sono anche cose nuove che nascono. Una di queste circostanze nella mia vita è stata l’esperienza con la tortura da parte dei militari colombiani. Per molti anni non ho potuto vedere nulla di quello che sto dicendo ora. La società non era pronta per vedere in quel modo, per aiutarmi a comprendere quelle esperienze in questi termini. Anche quando sono andato in terapia -come psicologo per me è molto importante che si passi attraverso i propri processi psicoterapeutici personali- non sono stato in grado di capire questa idea che c’è una benedizione, che c’è un dono, che ci sono cose che possono aiutarci a comprendere il significato di queste esperienze, un modo differente per ciascuna persona.
Nei tuoi workshop ripeti che usiamo sempre la razionalità e questo ci rende manipolabili. Non è un paradosso?
Le ideologie hanno guidato gran parte delle nostre vite, almeno per me. Sono cresciuto in Colombia dove c’è uno status quo molto forte che controlla i media e la maggior parte delle cose che le persone consumano in radio, televisione, giornali. Noi chiamiamo questo "lavaggio del cervello”: ti dicono cosa pensare sulla vita e sulla realtà. E poi alcuni di noi sono stati capaci di trovarsi delle ideologie, che fosse il marxismo, lo strutturalismo, qualsiasi "ismo” che potesse aiutare ad essere critico di quelle ideologie con cui siamo cresciuti. Io sono più interessato a quella che chiamo "conoscenza incarnata”, che è la saggezza che viene da una riflessione sulla nostra stessa vita, una saggezza che vedo raramente ad esempio nel campo accademico. Ci sono certamente docenti incredibili appassionati di quello che insegnano, ma ci sono anche persone che si limitano a parlare, a trasmettere informazioni. La mia esperienza è che le informazioni portano ad altre informazioni, ma non necessariamente alla conoscenza.
Perché hai chiamato la tua associazione Imaginaction?
Sono molto interessato alla connessione con la capacità umana che tutti abbiamo di creare e di immaginare. Essendo allo stesso tempo una persona interessata alla trasformazione della società, sono stato impegnato nel corso della mia vita in forme diverse di attivismo. Ho anche scoperto che molt ...[continua]
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