Letizia Bianchi è docente di sociologia della famiglia presso l’Università di Bologna e fa parte dell’Ass. Lavinia Fontana. Giannina Longobardi fa parte della comunità filosofica Diotima e presiede l’Associazione di donne italiane e straniere Ishtar di Verona.

Il movimento di lotta per i desaparecidos è composto da varie associazioni...
Giannina. Ci sono tre associazioni: le Madres de Plaza de Mayo, Linea Fundadora e Associazione Civile Abuelas (nonne) de Plaza de Mayo. La separazione tra le prime due risale al 1986, quando il Governo Alfonsin chiese che riconoscessero, da pochi frammenti di ossa rinvenute in fosse comuni, i corpi dei figli. Le Madres della prima associazione si sono rifiutate. Più in generale non vi è stato accordo sulla gestione della memoria degli scomparsi. Su questo punto è significativa la ricostruzione fatta nel libro di Daniela Padoan, Le pazze. Un incontro con le Madri di Plaza De Mayo (Bompiani 2005), un libro, basato su interviste, che racconta tutta la storia delle madri.
Letizia: I miei contatti sono sempre stati con l’Associazione delle Madres de Plaza de Mayo che sono state spesso in Italia, invitate anche dal movimento delle donne di Bologna. Da questi incontri è nata la proposta di conferire loro la laurea honoris causa. La cosa più straordinaria, il loro aspetto d’unicità, è che donne così potenti, con un’azione politica così incisiva, fossero donne che definiscono la loro azione a partire dal dirsi madri e dalla relazione con i loro figli. Mettevano e mettono nel mondo una modalità della maternità e della politica che non è presente da nessun’altra parte.
Perché "potenti”?
Letizia. Le Madres sono donne potentissime, sia per quello che hanno fatto e fanno, sia per l’azione che esercitano. La loro azione ti obbliga a metterti in contatto con chi sei, con quello che vuoi, con la tua disponibilità a metterti in una quotidianità della politica. Cosa dicono? "Si lotta, si può lottare e si può vincere”. Non danno spazio al lamento o all’impotenza: ti mettono di fronte al poco o al tanto che puoi fare.
Che tipo di vittoria è la loro?
Giannina. Hanno compiuto un’operazione simbolica e politica eccezionale: hanno assunto l’eredità politica dei figli. Durante la dittatura in Argentina le persone non volevano sapere -e in parte non sapevano- cosa stava accadendo; quelli che invece sapevano dicevano "per qualche cosa sarà, por algo sera, se li hanno presi, se li hanno torturati e ammazzati, qualcosa avranno fatto”. E le Madres cosa hanno risposto? "Certo, per qualcosa li hanno presi, erano dei rivoluzionari”. In questo, intendo, assumono direttamente la rivoluzione dei figli.
Letizia. Si sono assunte in prima persona l’impegno di sapere cosa fosse successo ai figli. Quello che hanno fatto rispetto alla stragrande maggioranza delle altre e degli altri -perché in questo sono madri e donne- è non smettere mai di chiedere dove fossero i figli. Non hanno mai smesso di pretendere di sapere. Non che i padri non lo abbiano fatto, ma alla fine non hanno retto. È in questa loro condotta che c’è qualcosa di rivoluzionario: les Madres hanno sempre compiuto personali atti di libertà in situazioni in cui gli altri commettevano degli umanissimi atti di paura o di sottomissione o, semplicemente, non ce la facevano.
Qual è la loro relazione con i figli?
Giannina. È una cosa straordinaria: questo trovare dentro di loro, in questo modo radicale, una fonte d’amore che li mantiene vivi. È vero che non hanno mai smesso di cercarli, però a un certo punto le manifestazioni sono cambiate...
Letizia. Ci sono stati dei passaggi: all’inizio sono andate in piazza con la foto e il nome del figlio; poi hanno cominciato a scambiarsi le foto dei figli l’una con l’altra, poi si sono dette che c’erano dei desaparecidos che non avevano nessuno che lottasse per loro e hanno tolto "i nostri”. C’è una progressione a un certo punto, data probabilmente dal fatto che sapevano che i figli non li avrebbero mai più rivisti.
I governi succeduti alla dittatura, tentavano di normalizzare, di chiudere.
La particolarità della storia argentina, rispetto ad altri colpi di stato, è dovuta a questa invenzione della "sparizione”. Non si voleva suscitare l’orrore dell’opinione pubblica internazionale, com’era avvenuto in Cile davanti ai campi di concentramento negli stadi. Lì facevano sparire gli oppositori: se non c’è il corpo, non c’è nemmeno morte. Le Madri, con la loro capacità di rovesciamento simbolico, ...[continua]

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