Roberto Convenevole, dell’ufficio studi dell’Agenzia delle Entrate, ha pubblicato La materia oscura dell’Iva (www.ilmiolibro.it). Quelle che seguono sono considerazioni di carattere personale, che non impegnano l’Agenzia.

Lei sostiene che al cuore della crisi fiscale italiana c’è l’Iva. Cosa significa?
In passato si è sempre pensato che la crisi fiscale italiana fosse una crisi essenzialmente dal lato della spesa pubblica in un contesto fatto degenerare dalla pressione dei salari esercitata da sindacati forti e dalla conseguente spirale inflazionistica. L’eccesso di spesa pubblica col tempo ha generato un deficit che le entrate non sono mai state in grado di colmare nonostante il meccanismo di drenaggio fiscale e l’aumento dell’aliquota normale Iva. L’esplosione dell’inflazione, le crisi energetiche, il contesto internazionale hanno portato ad una crescita gigantesca del debito pubblico.
La crisi fiscale è stata imputata anche al fallimento della riforma tributaria del 1971-73, che introdusse: Iva, Irpef, Ilor, Irpeg rivoluzionando completamente il sistema precedente. La letteratura specialistica si è generalmente concentrata sull’Irpef che, come sappiamo, sostanzialmente viene versata dai lavoratori dipendenti, dai pensionati e dai lavoratori autonomi che abbiano una ritenuta alla fonte.
La mia opinione è diversa. Ritengo che non si sia capita la centralità dell’Iva nel sistema fiscale essenzialmente per carenze culturali. Da ciò è scaturito il disinteresse della comunità scientifica, e dei governi che si sono succeduti, nei riguardi dell’imposta e, conseguentemente, nei riguardi di un’organizzazione appropriata dell’amministrazione finanziaria senza la quale l’Iva non può funzionare bene.
Qual è l’origine dell’Iva e come funziona?
L’Iva è nata in Francia nel 1954 ed stata adottata dai paesi della Comunità europea alla fine degli anni ’60 del secolo scorso. Dopodiché si è diffusa nel mondo intero (circa 140 Stati l’hanno adottata) con la sola rilevante eccezione degli Stati Uniti d’America. Gli americani non la vogliono adottare perché la ritengono un’imposta troppo efficiente (letteralmente una money machine, una macchina per fare soldi). Essendo gli Usa uno stato federale, la sua adozione darebbe in mano al governo centrale una leva potente per aumentare la spesa pubblica finanziandola con aumenti dell’Iva.
Semplificando molto, si può dire che l’Iva è un’imposta che incide il consumatore finale (le famiglie) ma viene incassata dall’erario in maniera frazionata (imposta plurifase) man mano che si forma il "valore” dei beni e servizi finali di consumo (importazione, produzione, ingrosso, dettaglio). L’aspetto dell’incasso frazionato la rende superiore alle imposte sul consumo finale cosiddette "monofase” come, ad esempio, la retail sales tax americana.
Se però l’amministrazione che la deve gestire non è organizzata a dovere, l’Iva, da elemento di forza del sistema fiscale, diventa un potente elemento di debolezza.
Infatti, fisiologicamente l’Iva "produce” dei rimborsi a fronte del valore dei beni di investimento acquistati dalle imprese e che non devono rimanere incisi dall’imposta, mentre essa è ovviamente applicata anche dai produttori di beni di investimento. La corretta gestione dei rimborsi da parte dell’amministrazione diventa pertanto un aspetto cruciale del sistema Iva. Se un’impresa alla quale spettano rimborsi subisce dei ritardi nella loro erogazione, deve sostenere un costo finanziario supplementare che la danneggia. Stessa cosa per le imprese che esportano la gran parte della loro produzione dal momento che le "esportazioni” non sono soggette all’Iva.
Nel tentativo di fronteggiare i ritardi amministrativi nel rimborso dell’Iva a credito si è adottato il meccanismo della compensazione che ha portato a un incredibile aumento sia del numero di imprese a credito che del suo ammontare. Può spiegare?
A metà degli anni Novanta il sistema fiscale era sull’orlo del collasso proprio per via dell’accumulazione delle giacenze di rimborsi Iva (oltre che di rimborsi di altre imposte). Con la riforma del 1997 (introduzione del telematico, del modello Unico di dichiarazione; del modello unico per i versamenti fiscali e contributivi) si introdusse anche la facoltà di compensare i crediti Iva vantati dai contribuenti con i debiti verso altre imposte (Irpef, Ires, Ici) o verso i contributi sociali obbligatori (Inps, Inail).
Si pensava così di risolvere alla radice il problema dei ri ...[continua]

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