Sergio Bologna lavora come consulente nel campo della logistica. Ha pubblicato tra l’altro, Il lavoro autonomo di seconda generazione (Feltrinelli 1997) e Ceti medi senza futuro? (DeriveApprodi). Anna Soru è presidente di Acta, l’associazione dei consulenti del terziario avanzato (www.actainrete.it). Entrambi hanno collaborato alla stesura del "Manifesto dei lavoratori autonomi di seconda generazione”.

Avete stilato il "Manifesto dei lavoratori autonomi di seconda generazione”. Chi sono questi lavoratori? L’espressione "lavoratori della conoscenza” è ormai abbastanza usata, ma resta un po’ oscura...
Sergio. Elencare tutte le figure professionali che sono apparse sul mercato sarebbe troppo lungo; vediamo piuttosto i settori: la formazione, l’informatica, la consulenza di organizzazione, la grafica, l’editoria, il giornalismo, gli eventi (fiere, manifestazioni, congressi, mostre, concerti), il turismo, la cinematografia, la finanza, il brokeraggio, l’immobiliare, la pubblicità, la comunicazione, il design, le ricerche di mercato e tanti altri. Si pensi soltanto alla varietà di figure presenti nell’informatica, dal programmatore al web designer, dallo specialista di reti aziendali allo specialista di e-commerce. Oppure alla consulenza, a quello che viene chiamato il lavoro di expertise, dove ci sono decine di specializzazioni diverse, dall’assistenza alle decisioni del management a quella per i gradi elevati della Pubblica Amministrazione, dalla logistica alla programmazione delle vendite, dalle ricerche per i progetti europei ai progetti di cooperazione internazionale. Quando queste attività vengono svolte da persone singole, da lavoratori indipendenti, per conto di aziende o Pubbliche Amministrazioni, o per conto di Agenzie che lavorano per imprese private o P.A. come intermediarie, noi diciamo che si costituisce un universo del lavoro autonomo di seconda generazione.
Scrivete che "è bello lavorare contando solo sulle proprie competenze, la propria iniziativa, la propria capacità di tessere relazioni, di comunicare -senza patrimoni alle spalle, senza appartenere a consorterie, senza dover piegare la schiena”. Ricorre il "desiderio di libertà e di indipendenza”...
Sergio. Più che di desiderio si tratta di una scelta che è stata fatta per tante ragioni, magari perché si è stati licenziati da un’azienda e quindi si è stati costretti ad inventarsi un modo per sopravvivere. La maggioranza dei nostri soci però è costituita da persone che hanno fatto questa scelta perché ritenevano di potersela cavare da soli invece di spedire in giro curricula e stare a casa ad aspettare che qualcuno li chiamasse a lavorare. In genere, nelle esperienze di ciascuno di noi, è difficile distinguere nettamente il peso oggettivo delle circostanze dall’importanza della scelta soggettiva. C’è una forte commistione delle due cose. E poi c’è sempre il caso, l’incontro con qualcuno. Oppure il trasferimento in un’altra città. Più che desiderio di libertà c’è la consapevolezza che la libertà va difesa ogni giorno, con compromessi evidentemente. Forse è più la fiducia in se stessi che il desiderio di libertà a determinare certe scelte. L’afflato "libertario”, quello era tipico della generazione anni ‘70, poi si è andato affievolendo.
Non c’è alcun inquadramento del lavoro professionale indipendente degli autonomi di seconda generazione nel diritto del lavoro...
Anna. Il nostro diritto del lavoro riguarda solo il lavoro dipendente. Questo pone due problemi: da una parte non siamo considerati lavoratori ma intermediari di servizi e quindi non abbiamo adeguate tutele nei confronti dei committenti, benché sia evidente l’asimmetria contrattuale. Non siamo tutelati se il committente non paga o se paga in ritardo, non siamo tutelati se il committente fallisce, non siamo tutelati se le condizioni contrattuali sono condizioni capestro. Le politiche pubbliche dell’ultimo decennio sono andate nella direzione del massimo ribasso, determinando un fortissimo abbassamento dei compensi soprattutto per gli anelli terminali delle catene di subforniture, spesso professionisti autonomi.
Non solo, tutto il nostro diritto del lavoro non si è adeguato al fatto che esiste una nuova categoria di lavoratori, e sembra tuttora incapace di adeguarsi, dal momento che coloro che si occupano di creare nuove regole (sindacalisti, giuslavoristi, legislatori, quasi sempre ex sindacalisti o giuslavoristi) si sono formati nel mondo del lavoro dipendente e fat ...[continua]

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