Franco Sbarberi insegna Storia delle dottrine politiche presso l’Università di Sassari. E’ autore di vari saggi di filosofia politica, fra i quali L’utopia della libertà uguale. Il liberalismo sociale da Rosselli a Bobbio, Bollati Boringhieri, 1999. Ha da poco curato la riedizione della raccolta di saggi di Norberto Bobbio Politica e cultura, Einaudi, 2005.

Non è da molto che Norberto Bobbio è mancato, ma forse è già possibile fare un bilancio del peso che ha avuto nella cultura e nella politica italiana…
Penso sia certamente possibile. E credo si possa dire che, così come Croce è stato l’interprete fondamentale del liberalismo italiano nella prima metà del Novecento, Bobbio lo è stato per la seconda metà di questo secolo, anche in virtù del prestigio scientifico acquisito a livello internazionale.
Nel nostro Paese c’è stata una ricca stagione, quella del primo Novecento, che ha avuto come protagonisti dei grandi pensatori -Pareto, Mosca, Croce, Gentile e Gramsci- mentre la seconda metà del secolo ha prodotto, in linea di massima, alcuni ottimi “sistematori”, e poi uno stuolo di docenti universitari, buoni e meno buoni, ma non nuovi pensatori che abbiano caratterizzato con la loro riflessione un’intera epoca. E’ in questo contesto che Bobbio emerge come il maggiore interprete italiano della liberal-democrazia, ed è proprio il trattino messo fra liberalismo e democrazia quello che lo caratterizza. Mentre infatti Croce, che ha lasciato una traccia indelebile nella cultura politica italiana fra le due guerre, è pervenuto a un “liberalismo metapolitico” fondato sulla libertà come ideale etico dell’intera età moderna, Bobbio si è rifatto a un ordinamento liberaldemocratico concepito non soltanto, à la Kelsen, come un insieme di regole del gioco per garantire l’indipendenza e l’autonomia degli individui, ma anche come uno strumento per promuovere la cittadinanza sociale attraverso un’equa distribuzione di potere economico, politico e culturale. L’idea che una maggiore “eguaglianza di potere” sia la precondizione di una libertà eguale attraversa tutta la produzione di Bobbio, dagli anni della militanza azionista alla fine del secolo scorso. La democrazia viene assunta -questo è il punto centrale e ricorrente, anche se spesso trascurato- come un tramite istituzionale capace di connettere le esigenze insopprimibili del liberalismo (la libertà come assenza di impedimento e di costrizione all’agire) con quelle del socialismo (la libertà come possibilità di usufruire dei beni fondamentali della vita attraverso forme di redistribuzione pubblica). I ripensamenti e le disillusioni degli anni Settanta e Ottanta sulle “promesse non mantenute della democrazia” riguardano importanti questioni, ma non l’esigenza, sempre ribadita, di pervenire a una distribuzione più equilibrata delle risorse, sia sul piano interno che tra il Nord e il Sud del mondo.
Sono temi già presenti in Politica e cultura?
Politica e cultura, che è del 1955, è il punto di incubazione e di lievitazione dei maggiori problemi sviluppati da Bobbio nel secondo Novecento. Anche in molti altri scritti degli anni della guerra fredda (raccolti per mio suggerimento nel 1993 nel volume Il dubbio e la scelta. Intellettuali e potere nella società contemporanea, per i tipi della Nuova Italia Scientifica) egli ripropone, in particolare, il rapporto tra politica e cultura, privilegiando sempre, come nel pamphlet del ’55, la figura dell’intellettuale “mediatore”, ossia dell’uomo di cultura che sceglie il dialogo razionale e il metodo della tolleranza per favorire la difesa della libertà e la ricerca della verità in qualunque contesto politico-sociale.
E’ questa una visione di grande continuità non solo con il Locke del Saggio sulla tolleranza e con i philosophes francesi, ma anche con la prospettiva neoilluministica e riformatrice di Cattaneo. Politica e cultura è uno scritto “militante” nel senso di una cultura socialmente impegnata, ma libera da schemi e da formule preconfezionate. In quest’opera Bobbio inaugura una saggistica che sta tra la specializzazione e l’alta divulgazione; condotta con grande rigore, ma mai con supponenza accademica. Un rigore e un’assenza di supponenza che si ritrovano anche nel modo con cui egli soleva rapportarsi alle persone.
Il punto di vista della “ragione rischiaratrice”, Bobbio lo ha attivato contro due teologie politiche allora dominanti: quella clericale in senso stretto, e quella, per così dire, clerico-comunista ...[continua]

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