Marzio Barbagli insegna Sociologia all’Università di Bologna. Fra le sue opere ricordiamo: Omosessuali moderni. Gay e lesbiche in Italia (con Colombo Asher), Il Mulino 2001; Fare famiglia in Italia. Un secolo di cambiamenti (con Maria Castiglioni e Gianpiero Dalla Zuanna), Il Mulino, 2003.

A quali cambiamenti stiamo assistendo nella storia della famiglia?
Premesso che nella storia della famiglia i cambiamenti sono avvenuti in periodi diversi, certamente i cambiamenti più recenti, secondo un parere concorde degli studiosi, iniziano nel 1965, alla metà degli anni ‘60 e riguardano innanzitutto la diminuzione del numero delle persone che si sposano, l’innalzamento dell’età del matrimonio, la diminuzione del numero dei figli per coppia, l’aumento dell’instabilità coniugale e quindi dei matrimoni che terminano non con la morte di un coniuge, ma in tribunale con una sentenza di divorzio. A questi va aggiunta la nascita di famiglie di tipo nuovo, che vengono chiamate ricostituite (quelle in cui almeno uno dei coniugi viene da una precedente esperienza di matrimonio). Tra queste ci sono famiglie ricostituite di diritto e famiglie ricostituite di fatto. Quelle di fatto sono relativamente più frequenti da noi che in altri paesi. Questo perché si può essere separati senza essere ancora divorziati e di conseguenza pur non potendosi sposare di nuovo, si può convivere, cioè ricreare una nuova famiglia di fatto con un partner, in attesa (ma anche non in attesa), che dalla separazione si passi al divorzio. Una delle più grandi trasformazioni avvenute è poi la nascita di nuove coppie di gay e di lesbiche, di famiglie omosessuali, che comincia proprio verso la fine degli anni ‘60, anche se il grande mutamento avviene negli anni ‘80 e negli anni ‘90.
Infine ci sono stati cambiamenti per quanto riguarda l’età dell’uscita di casa. Certamente negli ultimi quarant’anni l’età di uscita sia delle figlie che dei figli è cresciuta di qualche anno.
C’è una qualche specificità italiana in questo fenomeno che immagino interessi un po’ tutti i paesi occidentali?
Effettivamente, le trasformazioni che ho menzionato sono avvenute in tutti i paesi occidentali, e non solo occidentali. Rimanendo in Europa, il dato che colpisce di più gli studiosi è che in generale questi cambiamenti sono iniziati nei paesi dell’Europa del nord, mai nei paesi dell’Europa del Mediterraneo, diffondendosi poi con una grandissima rapidità in tutta Europa.
Parliamo quindi di un processo di trasformazione generale, in cui però si possono individuare alcune peculiarità italiane.
Alcune di queste sono prevedibili a partire dalla storia del nostro paese. Il fatto, ad esempio, che il numero dei matrimoni che terminano con una rottura in tribunale sia minore in Italia che in altri paesi. C’è da dire però che questa differenza è a sua volta minore di quanto sembri, perché uno degli abbagli che gli studiosi di lingua inglese -e a volte anche quelli di lingua italiana- prendono è che sbagliano nel fare i confronti. Noi abbiamo un sistema bizzarro di rottura del matrimonio che non esiste quasi negli altri paesi. Noi per arrivare al divorzio, dobbiamo passare dalla separazione legale, pratica sempre esistita perché essendo un istituto previsto dal codice canonico è accettata dalla chiesa cattolica. Evidentemente è cambiato il suo significato, perché in origine era un periodo transitorio in cui i due coniugi si allontanavano per poi ritornare insieme. Nel 1970 viene introdotto il divorzio che però presuppone la separazione legale. In sostanza, mentre in paesi come la Francia le persone possono scegliere, a seconda del loro credo e della fede religiosa, o la strada della separazione legale o la strada del divorzio, da noi è comunque obbligatoria la strada della separazione legale. E’ anche curioso che gli italiani pensino che questo sia l’unico sistema esistente quando invece non lo si trova in nessun’altra parte del mondo. Questo sistema tra l’altro ha delle conseguenze non previste, non volute, delle quali non c’è nemmeno consapevolezza, e che in genere tendono a penalizzare le donne piuttosto che gli uomini.
Tornando alla minore incidenza della rottura nei matrimoni, ovvero al fatto che da noi più matrimoni restano intatti, va subito chiarito che il dato non va interpretato pensando che le coppie italiane siano più felici; semplicemente in Italia le condizioni che rendono possibile la separazione sono minori rispetto ad altri paesi. Basti pensare al ta ...[continua]

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