Con l’uccisione di Allende, Rivoir riflette sull’impossibilità di ottenere la libertà con libere elezioni, visto lo strapotere della politica americana che riusciva a imporsi o con la corruzione o con la violenza. In tutto il Canton Ticino si svolgono manifestazioni di solidarietà con i cileni vittime del golpe; sorge il comitato "Posti liberi”. Obiettivo è cercare persone che offrano disponibilità ad accogliere un profugo per tre mesi in casa propria. Viene offerto in compensazione il rimborso delle spese di sostentamento. Il pastore Cornelius Koch, che dirigeva allora il comitato, deve partire, al suo posto viene proposto Guido Rivoir stesso, che accetta. Cominciano con l’organizzare l’arrivo di cinque persone, scelgono il Ticino per la similitudine della lingua. All’arrivo dell’aereo, la polizia vuole rimandare indietro i profughi. Altri tre venuti per loro conto erano già stati rimpatriati. Tramite conoscenti alla televisione fa venire un’équipe a fotografarli e riesce a mobilitare l’opinione pubblica; si riunisce il Consiglio Federale svizzero. Rivoir ottiene il permesso di visitare i profughi, li trova molto spaventati di essere rimandati in patria dove sarebbero stati quasi sicuramente fucilati. Il Consiglio Federale finalmente concede l’asilo ai cinque profughi ma, al contempo, impone che i successivi siano muniti di un visto di ingresso da ottenere preventivamente presso i consolati in Cile. Rivoir reagisce scrivendo ai giornali per denunciare che la richiesta del visto avrebbe potuto significare la pena di morte. Studia la possibilità di far transitare i profughi da Milano e si mette successivamente in contatto con il gruppo di Cinisello.
Ci sono difficoltà finanziarie a mantenere le attività del comitato. Si appella a Roberto Malan, (tour operator di Torino) che era stato partigiano, ricordandogli quanto erano stati necessari gli aiuti durante la Resistenza. Roberto Malan gli mette a disposizione dei biglietti aerei che il comitato avrebbe pagato successivamente. Così va a Buenos Aires con 20 biglietti aerei con il nome del passeggero in bianco per organizzare il passaggio dei rifugiati. Cerca un appoggio in pastori di chiese del luogo, ma trova quasi sempre le porte chiuse per la paura di perdere i finanziamenti americani e per la tensione politica che si vive anche in Argentina. Trova finalmente il pastore svizzero di lingua francese, Rudolf Renfer, che farà un lavoro egregio. Fa telefonate in codice a corrispondenti in Cile per concordare l’arrivo delle persone. Chi arriva ha una busta gialla per farsi riconoscere. Rientra a Milano con un gruppo di profughi che sono accolti a Cinisello. Successivamente, accompagna in treno attraverso la frontiera gruppi di tre, quattro profughi mescolati agli altri passeggeri. Arrivati a Lugano i rifugiati chiedono asilo politico. È molto importante non farsi fermare alla frontiera dove possono essere respinti, mentre, per regole internazionali, chi è riuscito a entrare nel paese ha diritto di chiedervi asilo; richiesta a cui il governo deve dare risposta motivata. Pubblica una lettera sul Corriere del Ticino indirizzata al Consiglio Federale, scrivendo che i profughi cileni venivano rifiutati per motivi politici; erano stati accolti invece a migliaia tibetani, cecoslovacchi e ungheresi. Quelli cileni venivano rifiutati perché di sinistra. I giornali informano che gli arrivi proseguono, uno di essi invoca politiche più severe. I controlli alla frontiera si fanno più stretti, due cileni vengono respinti e rimandati a Milano. Chiede e ottiene colloqui con alti funzionari, prima con il capo della polizia degli stranieri con cui arriva alla rottura, poi con Furgler, consigliere federale, con cui prima si scontra poi arriva alla trattativa. Rivoir chiede accoglienza per ancora un centinaio di profughi, soprattutto per la limitatezza delle risorse del comitato; Furgler acconsente chiedendogli di non farne pubblica comunicazione. Ottiene anche che i profughi possano chiedere il visto a Milano, ma a differenza di tutti gli altri profughi che venivano mantenuti dallo Stato, i cileni sarebbero rimasti a carico dell’organizzazione fino a che non avessero trovato occupazione. Non era facile t ...[continua]
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