Cari amici,
il 31 marzo 1990, dopo una giornata di proteste contro la Poll Tax -un’infame tassa locale che non si era più vista dai tempi del Medioevo, sotto il famigerato dominio di Re Giovanni d’Inghilterra, ma poi reintrodotta da Margaret Thatcher- la Luna era davvero bella. Sembrava immensa, forse proprio a causa dell’intensità di quegli eventi, e illuminava a giorno tutto ciò che stava avvenendo. Il vento trasportava su Trafalgar Square l’odore acre del fumo che saliva dalle ceneri dell’Ambasciata del Sudafrica e di alcuni capanni posti sotto i ponteggi di un cantiere dove i manifestanti improvvisati avevano trovato munizioni. Protestanti e spettatori si muovevano stanchi ma prudenti. Si era fatto tardi e ci eravamo raccolti in modo quasi surreale all’imbocco di Whitehall, ad attendere l’autobus che ci avrebbe portato a casa a Brixton, nel sud di Londra: una zona che, durante il regno della Lady di Ferro, era stata anch’essa, per ben due volte, terreno di scontri. Osservavamo i poliziotti che entravano esausti in un autobus che aveva scudi antisommossa al posto dei finestrini. Aspettavamo alla fermata e osservavamo passare la gente che si trascinava a casa. La polizia aveva fatto chiudere le principali stazioni della metropolitana, impedendo così al pubblico di rincasare facilmente. Poco dopo, la Luna soffondeva la sua luce come un riflettore, catturando tutta la malinconia del momento storico appena conclusosi.
A quel punto, un uomo uscì dall’ombra di un portone e imbracciò la sua fisarmonica. Si mise a suonare "La Vie En Rose". Suonava per la gente e per se stesso, per quella sera e per il suo significato. Non lontano da dove ci trovavamo, la gente si riversava fuori da un pub in cui era rimasta nascosta al sicuro per ore. Tra loro c’era un giovane uomo in abito elegante, e con lui una donna. Erano sull’altra sponda del fiume della poll tax, per così dire. L’uomo infilò una mano in tasca e lanciò degli spiccioli ai piedi del suonatore di fisarmonica, il quale si interruppe nel bel mezzo di un fraseggio. L’uomo elegante proseguì a piedi verso lo Strand. Era stato compiuto un atto vandalico contro quel momento di malinconia, di riflessione e -mi permetto di ricorrere a una parola non più presente nel vocabolario- di solidarietà. Quell’uomo aveva completamente frainteso la situazione, o forse non riusciva a concepire che qualcuno si desse da fare, donasse qualcosa agli altri, a quella notte, senza dare un prezzo alle sue azioni.
E così ci avviammo verso Brixton, allontanandoci dalla "madre di tutti i parlamenti" e dalle barriere metalliche che la circondavano. Lo scemare di quella rivolta nel cuore della città è rimasto il simbolo della Gran Bretagna e del thatcherismo nei dieci anni di mandato del primo ministro: la svalutazione della moneta della compassione, della generosità, della bontà e della tolleranza; il fare qualcosa per il bene di chi non si conosce e del resto del mondo senza un preciso tornaconto non era contemplato nei progetti di quel governo. Era iniziata -né si è mai conclusa- l’era del motto "L’avidità è giusta", della deregolamentazione, di Dallas e Dynasty, delle borsette rigide, delle spalline imbottite, tutto schiuma e piumini, premi e regali, e l’impressione che per alcuni ci fosse la possibilità di avere sempre di più. Come è noto, si dice che Margaret Thatcher abbia osservato che il buon Samaritano della Bibbia non sarebbe stato ricordato se non fosse stato ricco. Ero io l’unica ingenua a pensare che il senso di quella storia fosse il suo atto di puro altruismo.
Menziono questi ricordi degli anni Ottanta perché Margaret Thatcher suscita in noi inglesi sentimenti intensi. La sua politica, al contrario di quella di Winston Churchill, creava divisioni. Ricordo di aver pensato, durante il decennio di governo di Tony Blair, che negli anni Ottanta eravamo perlomeno in grado di dire da che parte stavamo. Quando questo giornale sarà andato in stampa, i costosi funerali della signora Thatcher saranno stati pagati con i soldi della gente in un momento di forte austerità. Non si tratta soltanto di una spesa pubblica: è una spesa emotiva. La Thatcher mosse una crociata contro i sindacati dei minatori nel nord del nostro paese. La sua politica fece a pezzi un’esistenza che si era sviluppata in modo naturale e aveva fornito stili di vita umani e pratici. A mio avviso, mise al bando alcuni degli aspetti migliori della natura britannica. Siamo un popolo che ha sempre inseguito uno stile di vita migliore; un popolo dotato di una fibra forte, che crede più nel lungo che nel breve termine e che non ha alcun interesse a depredare i più poveri. Anche noi abbiamo avuto i nostri ideali utopici e le nostre idee su cosa fare per vivere in un mondo migliore. La generosità di una società che abolì la schiavitù. Una società che decise di curare gli ammalati non per svuotare loro le tasche ma per aiutarli; quell’esempio per il mondo che è stato l’Nhs, il nostro sistema sanitario che è oggi in fase di smantellamento e viene spinto con forza verso il settore privato. La Gran Bretagna che mi piace è quella che distribuiva gratuitamente il latte nelle scuole, prima che se ne impadronisse la Thatcher in qualità di Ministro dell’Istruzione. È il paese che ha raccolto i fondi per il Kindertransport, accogliendo i bambini in fuga dalla Germania nazista. È un paese che ha combattuto la guerra contro Hitler ed è stato in grado di risollevarsi. È un paese che, dopo la messa in onda di un’opera teatrale sui senzatetto -A Taste of Honey, di Shelagh Delaney- è arrivato a fondare un’istituzione benefica per aiutare chi non ha una dimora. Un paese che mi piace perché crede nell’automiglioramento. Voglio sentirmi fiera di essere cittadina britannica; voglio pensare che nel paese in cui convivevano impresa privata e settore pubblico possa nascere un’assennata unione di beni.
Margaret Thatcher introdusse con la violenza stili di vita antiquati, calpestando troppe cose buone. Non ci fu misura. Fu uno shock. Io lo ricordo quello shock, quando tutto cambiò così rapidamente, quando tutto venne smantellato, demolito, fatto a pezzi. Nel 1983 la Gran Bretagna aveva 174 miniere di carbone attive; nel 2004 il loro numero era sceso a sei. Sono moltissimi gli economisti che potrebbero tracciare una mappa delle politiche finanziarie difettose che ci hanno portati in questa profonda crisi economica e sociale. La signora Thatcher verrà sepolta in pompa magna nella pietra, con onori e rispetto agiografico, ma il suo duro retaggio rimarrà intatto.
©Belona Greenwood
(traduzione di Antonio Fedele)