Questo slogan (senza il punto interrogativo) campeggiava nelle scorse settimane sul cartellone pubblicitario di una vettura di una nota casa automobilistica italiana. Non si tratta di una "vettura di lusso”, ma di un’automobile collocabile nella fascia superiore delle utilitarie, come dicono gli esperti di marketing. Un’automobile tutto sommato accessibile a un ampio strato di mercato, ma con qualche pretesa di distinzione.
Non sapremo mai se la trovata pubblicitaria sia stata efficace, se abbia o meno favorito le vendite. Talvolta anche i creativi del marketing prendono delle sonore cantonate. Ma non è questo il punto. Se il messaggio è stato pensato, elaborato e realizzato, vuol dire comunque qualcosa, vuol dire che si pensa che intercetti qualche desiderio/sentimento che balena nell’animo di qualche raggruppamento umano di una certa ampiezza di potenziali acquirenti.Quando lo si incrocia, questo messaggio, non lo si può ignorare.
Perché contiene una contraddizione. Nella cultura della modernità, dai dibattiti sul lusso del 700 alle discussioni sul consumismo, i due termini -lusso e diritto- non vanno normalmente associati. I "diritti” sono connessi al valore dell’uguaglianza. Che si tratti dei diritti civili e politici, oppure dei diritti sociali, se si parla di diritti devono essere, per definizione, "uguali per tutti”.
Se devono valere "per tutti”, vuol dire anche che stabiliscono una soglia minima, al di sotto della quale viene meno il riconoscimento della qualità di uomo (diritti umani) o di cittadino (diritti civili e sociali). Il diritto all’istruzione non vuol dire che tutti possono pretendere di iscriversi alla Normale di Pisa, il diritto alla salute non vuol dire che tutti i malati di cuore possano pretendere di essere operati dal dottor Barnard.Qui sta la contraddizione: tutti hanno il diritto di desiderare, ma non tutti hanno il diritto di realizzare il loro desideri. A tutti, però, deve essere assicurata, in questi casi, una soglia minima di istruzione e di cura.

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