Yolande Mukagasana, ruandese, ha ricevuto il Premio Alexander Langer 1998 assieme a Jacqueline Mukansonera. Ha pubblicato La morte non mi ha voluta, ed. La Meridiana, e N’aie pas peur de savoir, 1999.

Nel corso del viaggio che mi ha portato qui, ho trascorso più di 5 ore all’aeroporto di Francoforte. Mentre ero in attesa ho iniziato a pensare che qui sareste stati in molti e mi sono chiesta cosa vi avrei detto. Ho anche immaginato di essere in mezzo a voi e di parlarvi, ma avevo paura che mi prendessero per pazza per cui ho scritto. Ora vi leggo quello che ho scritto e poi voglio mandare un messaggio a un’altra famiglia che doveva essere qui e non ha potuto per le circostanze che già sono state dette.
Oggi non è un giorno come gli altri, è un giorno in cui siamo lieti e in pace. E’ la gioia per il premio conferito ai nostri amici.
Anche se non siamo con loro noi, li pensiamo e ci congratuliamo con tutto il cuore. Da parte mia, oggi vorrei loro dire che quando si ha necessità di parlare, si parla sempre, per quanto ciò possa costare.
Per quanto gli altri facciano per metterci a tacere, per quanto ci perseguitino per quello che siamo, non ci fanno paura, anzi ci incoraggiano e questa verità finisce sempre per venire fuori. E lo dico con cognizione di causa.
Ieri sera ero molto stanca, sono andata a letto tardi, dopo mezzanotte, ma questa notte è stata meravigliosa per me. Ho trascorso la notte coi miei figli e il loro padre. Mio figlio mi ha raccontato che sono andati in viaggio e che io dovevo pensare a tutto durante la loro assenza; mio marito mi ha confessato: "Conoscevo meglio di chiunque altro il tuo amore per l’umanità, sono contento di te, hai imparato a servire l’uomo in maniera diversa da come facevi nel tuo piccolo ambulatorio. Oggi fai meglio il tuo lavoro, prima curavi il corpo, ora hai imparato a curare l’umanità in un altro modo". Mio figlio ha aggiunto: "E’ meglio curare in un altro modo, mamma, e a un livello più elevato. E tu hai un compito molto difficile perché devi anche sostituirci". Ho cominciato a piangere, ma lui mi ha esortato: "Non piangere perché so che hai la forza e la volontà per farlo. Siamo sempre accanto a te, non aver paura, ce la farai".
Poi mi sono svegliata e non potevo riaddormentarmi pensando a queste parole. Infine mi sono spiegata questo sogno: non è forse vero che non sono più un’infermiera solo di nome? Non è forse vero che lo sono anche per chi viene a piangere sulla mia spalla, quando anch’io avrei bisogno di piangere sulla spalla di qualcuno? Non è forse vero che è grazie all’amore che ho per loro che sono capace di lavorare per l’umanità? Non è forse per questo amore dei miei cari che ho accettato di dare qualcosa all’umanità senza distinzione? Non è per loro che esiste l’associazione?
Presto seppellirò i loro scheletri dove è sepolto il mio passato. E’ questo amore di madre e moglie infatti ciò che mi dà la forza, come la benzina per un motore; ciò che mi fa stare in piedi per affrontare il male fatto all’essere umano, senza paura di quello che mi può succedere.
E sono loro ad accompagnarmi dappertutto. Loro che sono così lontani e così vicini allo stesso tempo, talmente vicini da sentirli in simbiosi con me. Come posso stancarmi, chi mi può stancare, con che mezzi ce la può fare?
L’anno scorso ho ricevuto il premio Alexander Langer. Questo mi ha permesso di pensare a lui e alla sua vita. Non potremo mai capire fino a che punto sia difficile lavorare per gli esseri umani. Ho capito la sua pena perché è scoraggiante fare un lavoro in cui accetti in anticipo di non vedere i risultati; un lavoro nel quale colui per cui ti batti per proteggerlo, può nuocerti perché non ha capito la lotta che conduci anche per lui. Non è facile. Voi non potete capire fino a che punto questo premio sia incoraggiante: ho affrontato l’inaffrontabile, se posso dire così, grazie a questo premio.
Prima di tutto ho potuto far venire le mie nipoti, le figlie di mio fratello più piccolo, ed è meraviglioso saperle al sicuro grazie a me. A partire da quel giorno ho portato avanti la mia lotta con più forza; ho continuato a battermi per le generazioni ruandesi, affinché i nostri pronipoti non vivano una divisione che noi abbiamo creato e che subiamo; ho portato avanti la lotta per togliere le barriere fra gli esseri umani, anche se i paesi le conservano, ragione per cui ho creato l’associazione che mi aiuta a lavorare in una struttura.
Ognuno ha un momento di riposo quando ...[continua]

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