Cari amici,
c’è una battuta pronunciata dal commissario di polizia Ted Hastings in Line of Duty, una premiata e popolare serie tv poliziesca, che rappresenta alla perfezione ciò che dobbiamo affrontare come Paese. 12.9 milioni di persone hanno guardato l’ultimo episodio sulla Bbc, e molti altri ancora guarderanno la puntata in streaming nei prossimi mesi, e ascolteranno anche loro la stessa domanda retorica: “Quand’è che abbiamo smesso di preoccuparci dell’onestà e dell’integrità?”. La serie, scritta da Jed Mercurio, svela il rapporto di corruzione che intercorre tra la polizia e il crimine organizzato. Certo, è un mondo di finzione, ma rispecchia la nostra realtà. Il sovrintendente Ted Hastings è un uomo che nasconde un oscuro segreto, per cui non è certo un eroe banale, e nel tempo è diventato la coscienza di un’intera nazione che sta sprofondando nell’oscurità. Si scaglia contro uno “spudorato bugiardo promosso alle nostre più alte cariche”. Se sostituiamo il suo capo della polizia con “primo ministro”, il messaggio risulta ben chiaro. È una sfida pubblica. Ci sono state già sei stagioni di “Line of Duty” e l’ultimo episodio si conclude con un pensionamento forzato e l’ignobile smantellamento dell’Ac-12, l’unità deputata a indagare sulla corruzione. L’Ac-12 viene fatta confluire in un’altra unità comandata da un altro commissario, personaggio sgradevole che, almeno a quanto ci vien fatto pensare, scoverà il “buono” per gettarlo in un baratro oscuro dal quale non vedrà mai più la luce del sole.
La domanda “Quand’è che abbiamo smesso di preoccuparci dell’onestà e dell’integrità?” ce la siamo posti tutti stamattina, quando abbiamo saputo che il Partito conservatore ha vinto le elezioni suppletive di Hartpool, per la prima volta da quando quella circoscrizione elettorale è stata formata 57 anni fa, strappandole al Partito laburista.
Effettivamente, non c’è stata una grande partecipazione: appena il 42,7% degli elettori hanno votato, ma il risultato dei laburisti si è dimezzato rispetto al 2019 . Si tratta di un’area che aveva votato a maggioranza schiacciante per il Leave nel referendum sulla Brexit del 2016. Il trionfatore dei conservatori, Jill Mortimer, ha promesso di portare il cambiamento, ed è per questo che è stato eletto. È difficile comprendere perché siano i laburisti a prendersi le colpe di non aver cambiato le cose, dato che è da 13 anni che non governano. Sono stupefatta di come ci riescano, i conservatori. I laburisti sono stati penalizzati per aver presentato candidati non oriundi, ma lo stesso Mortimer viene dal North Yorkshire, e quando gli è stato chiesto se avesse mai trascorso tempo ad Hartpool, ha risposto: “Finora no, ma d’ora in poi lo farò”. La vice segretaria del partito laburista, Angela Rayner, ha chiesto che venisse fatta piena luce sui periodi trascorsi da Mortimer alle Isole Cayman. Immagino quanto al commissario Ted Hastings si sarebbe arricciato il naso. Forse avrebbe ripetuto la sua esclamazione preferita, “Madre di dio!”, a proposito del fatto che gli inglesi hanno ignorato il catastrofico e inutile conto dei morti per il Covid, l’affarismo dei Vip, il favoritismo, il disprezzo per la verità, la famigerata costosissima carta da parati dorata posata al n.10 di Downing Street, il fallimento nel garantire i pasti ai nostri bambini, la povertà, l’austerità, persino lo smantellamento dell’industria pesante, che rappresentava le fondamenta dell’industria della città; tutto ciò si deve alle politiche dei conservatori. Niente, tutto ignorato, dimenticato e, in un qualche modo, finito sul conto dei laburisti. I conservatori sì, che sono promettenti, loro padroneggiano la narrazione del “cambiamento”.
A parte i cambiamenti al potere, ci sono molti altri cambiamenti in corso nelle nostre istituzioni pubbliche e culturali. In gran parte vengono operati in silenzio, ma sono profondamente disturbanti. Il governo continua a esercitare la propria influenza per infilare gente di propria fiducia ovunque. Per esempio, il miliardario delle telecomunicazioni, Sir Charles Dunstone, si è dimesso come presidente del consiglio d’amministrazione del Royal Museum di Greenwich, ente statale. Perché? Perché il ministro della cultura, Oliver Dowden, si è rifiutato di confermare un altro componente, il dr. Aminul Hoque, eminente accademico bengalese-britannico, che si era mostrato critico sulle politiche del governo.
Il governo c’entra anche nel rifiuto di ri-nominare due donne, una delle q ...[continua]

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