All’inizio del 2019, secondo i rilievi dell’Unhcr (l’organizzazione delle Nazioni Unite per i rifugiati), c’erano circa 24 milioni di rifugiati e richiedenti asilo nel mondo -donne, uomini e bambini profughi dal loro paese- bisognosi di tutto: cibo, acqua, alloggio, vestiario, cure mediche, scuole, protezione fisica. Più di un quinto di questa umanità dolente proviene dalla Siria, un paese in guerra da otto anni, un campo di battaglia devastato nelle sue strutture materiali, con una società lacerata e divisa. I 6,7 milioni di rifugiati sono più di un terzo della popolazione rimasta in Siria, valutata oggi in 17 milioni; ma a questi si aggiungono 6,2 milioni di sfollati e dislocati (Idp, Internally Displaced Persons) all’interno del paese, che vivono in condizioni non diverse, quando non peggiori, da quelle dei loro concittadini fuggiti all’estero.
Un Paese distrutto e diviso
Gli osservatori internazionali ritengono, quasi unanimemente, che alla fine dei combattimenti (ancora in corso nella provincia di Idlib) la Siria sarà un paese con scarse attrattive per un ritorno dei rifugiati. La ricostruzione costerà centinaia di miliardi di dollari (circa 200 miliardi per la Banca Mondiale; di più secondo altre stime), difficilmente reperibili da una comunità internazionale in guardia per il ruolo preminente assunto dalla Russia nella “pacificazione” del paese. Le divisioni lungo linee etniche e religiose si sono approfondite. Al potere continuerà ad esserci un regime brutale, tirannico e vendicativo, che il popolo siriano ben conosce e contro cui si era sollevato. E, tra l’incudine e il martello, ci saranno a lungo milioni di rifugiati che pongono gravi problemi di convivenza nei paesi confinanti che li accolgono, e sui quali verranno fatte pressioni di ogni genere per spingerli al rientro.
Dalla storia si impara che tra le comunità degli esuli, dei profughi e dei rifugiati, c’è una naturale forte spinta al rientro in patria, quando le condizioni lo consentano. Così è avvenuto per le centinaia di migliaia di profughi dalle guerre in Jugoslavia negli anni Novanta, gran parte dei quali rientrati in patria appena i focolai di guerra si estinsero. Così avverrebbe, presumibilmente, per i milioni di profughi venezuelani se l’attuale regime cadesse. Nel caso della Siria, la questione dei rifugiati rischia di rimanere per lungo tempo una minacciosa carica di dinamite per i delicati equilibri (chiamiamoli così) del Medio Oriente. Un cuneo demografico profondamente conficcato nel cuore della regione.
Demografia della diaspora siriana
Qualche dato aiuta a fotografare il quadro geo-demografico della questione. Anzitutto va ricordato l’enorme squilibrio demografico che si è creato nella regione a seguito dell’esodo dei siriani. La popolazione della Siria, tra il 2010 e il 2019, è scesa del 20% (da 21,4 a 17,1 milioni), contro aumenti considerevoli per i paesi confinanti, del 15-16% per Turchia e Israele, e tra il 30 e il 40% per Iraq, Libano e Giordania. Va rilevato che, al netto della popolazione (per ora) perduta costituita dai rifugiati, la popolazione rimasta in Siria continua a crescere. La natalità rimane molto elevata: per il quinquennio quasi trascorso (2015-2020) le Nazioni Unite stimano in 2,8 il numero medio di figli per donna, meno che in Iraq (3,7) e Israele (3), come in Giordania, più che in Libano e in Turchia (2,1). L’alta natalità ha, seppure in piccola parte, compensato l’esodo.
La gran maggioranza dei rifugiati vive nei paesi confinanti. Il grosso in Turchia, e numeri molto elevati in Libano e in Giordania. Non entrano nel conto il milione e passa di siriani che hanno trovato accoglienza in Europa, nella stragrande maggioranza in Germania. Nel piccolo Libano (popolazione come quella delle Venezie, ma grande meno del Trentino-Alto Adige) vive un milione di rifugiati, 134 ogni mille abitanti; in Giordania e in Turchia i rifugiati sono rispettivamente 65 e 44 ogni mille abitanti. Queste proporzioni danno conto della pressione che l’ondata di rifugiati esercita sui paesi di accoglienza (per confronto, può ricordarsi che in Italia rifugiati e richiedenti asilo sono due ogni mille abitanti). Va segnalata, a questo proposito, l’intenzione di Erdogan di spostare nella “fascia di sicurezza”, oltre il confine con la Siria, da poco sgombrata dai Curdi, una buona parte dei tre milioni e mezzi di siriani che si trovano sul suo territorio.
Rientri ad alto rischio
I rapporti delle organizzazioni internazio ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!