Ci sono due versioni sull’omaggio che Almirante fece, sorprendendo tutti, alla salma di Berlinguer nel 1984. Per la prima, riportata da Filippo Ceccarelli, il leader neofascista si mise in fila nella folla, venne notato dal servizio d’ordine del Pci e infine, prelevato da un "emozionatissimo” Giancarlo Pajetta, venne accompagnato accanto alla bara. Per la seconda, riportata da Antonio Padellaro, Almirante avrebbe preannunciato con una telefonata a Botteghe Oscure il suo arrivo, venendo subito ricevuto in modo appropriato.
La prima versione è molto più verosimile, al di là della conferma della vedova, la debordante donna Assunta. Nel 1984 il clima di guerra civile del decennio precedente era ormai superato; l’anno prima il Pci aveva mandato una corona di fiori e un telegramma non formale ("La morte del vostro giovanissimo Paolo, vittima di un’aggressione disumana che ha scosso e sdegnato ogni coscienza civile, suscita anche il commosso compianto dei comunisti. Vi preghiamo di accogliere le nostre condoglianze e la nostra solidarietà. Enrico Berlinguer”) per i funerali del giovane missino Paolo Di Nella, destando enorme impressione nell’opinione pubblica di destra. Ma poteva per questo Almirante essere sicuro che i comunisti avrebbero accettato senza problemi il suo omaggio a Berlinguer, se preavvisati? Molto più semplice mettersi direttamente in fila, testimoniando il cordoglio con la presenza fisica. Pajetta poi, il ragazzo rosso dall’umorismo corrosivo ed eloquio potente che oggi nessuno può ricordare come un santino, era la persona giusta per riconoscere nel vecchio nemico o avversario uno con cui, proprio in quanto nemico, si può anche fare la pace. E sarà lui, qualche anno dopo, tra i primi a omaggiare la salma di Almirante. E, ancora qualche anno dopo, a morire letteralmente di dolore per la fine del comunismo e lo smembramento del Pci. Morto di politica come Berlinguer (che, disse Almirante, "ha avuto la grande fortuna di morire sul palco, quella che io non avrò”) e Moro, qualcosa che oggi non è facile da immaginare. Vengono in mente questi spezzoni di non disprezzabile storia italiana, intanto che si mimano scene di eterna guerricciola civile italiana.
Ad aprile a Vallerano una donna denuncia un orribile stupro subito ad opera di militanti di Casa Pound, poi arrestati. Le cronache si concentrano subito sull’identità politica dei denunciati; è forte la sensazione che i media di sinistra sotto sotto siano contenti a causa di quella identità. Il peggio lo raggiunge un’orrenda freddura di www.spinoza.it (Francesco Chiricozzi, il consigliere di Casapound arrestato per stupro, scriveva: "Difendi la donna dagli stranieri stupratori - Rubano il lavoro agli italiani”). Il punto non è che una donna abbia subito una violenza tremenda (oppure, in caso di innocenza degli arrestati, sia portatrice di una tale sofferenza esistenziale da inventare una storia così terribile). Il punto è chi commette la violenza: se sono stranieri, fa piacere ai giornali di destra perché fanno campagna contro gli immigrati; se sono italofascisti, fa piacere ai giornali di sinistra perché fanno campagna contro i creatori di capri espiatori. Come nel peggio degli anni Settanta. E si riparla di Sergio Ramelli, adolescente missino dai capelli lunghi, che pur essendo estraneo a episodi di violenza diventò il bersaglio dell’ultrasinistra della sua scuola a Milano per aver espresso in un tema di italiano il suo sdegno per l’omicidio di due militanti missini, Mazzola e Giralucci, a Padova nel 1974. (Per questo fatto molti anni dopo verranno condannati tra gli altri Curcio e Franceschini, eppure di Curcio si è spesso detto che non ha ucciso nessuno -forse quelle vittime erano "non-uomini”). E venne ammazzato a sprangate tra casa e scuola nella primavera del 1975, dopo settimane di persecuzioni, morendo dopo una lunga agonia. I colpevoli verranno individuati e condannati una decina di anni dopo; solo la madre (morta nel 2013) sopravviverà, comportandosi con estrema dignità al processo. Ma ogni anno nostalgici e teste rasate commemorano quella morte con saluti romani, tentativi di cortei e paccottiglia fascista, confinando con questo armamentario Ramelli proprio nel ruolo di fascista ottuso che gli avevano cucito addosso i suoi assassini. E non parliamo della vergogna delle opposte manifestazioni per impedire fisicamente ogni commemorazione.
...[continua]

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