"Non sono d’accordo con quest’elezione. Non ho paura solo di ciò che potrà accadere con Trump al potere: sono anche triste e delusa in quanto donna. Un uomo che è stato accusato di molestie sessuali da dodici donne diverse ora è Presidente. È spaventoso, temo che ora negli Stati Uniti si assisterà a un’impennata della cultura dello stupro”.

"Ho votato, e sono perlopiù contento. Provo un po’ d’ansia e sono molto infastidito da tutti quei post che girano nei social media e descrivono gli elettori di Trump come razzisti, omofobi, sessisti, e in tanti altri modi orribili. La realtà è che diversi suoi elettori sono d’accordo solo con alcune delle sue idee”.

"Non ho votato. Penso che entrambe le scelte fossero pessime”.

"Ho votato per il Partito Democratico ma non sono sorpresa del risultato. La vittoria di Trump mi ha solo mostrato la grande quantità di odio e opinioni violente della gente in questo paese. Credo che siamo molto più divisi di quanto la gente non creda”.

"Fa paura, ma sarà interessante, credo”.

Qui le scosse d’assestamento dell’elezione del presidente non si sono ancora fermate. Forse il più grande scossone della storia della politica statunitense, il significato e le conseguenze di un Donald Trump alla Casa Bianca cominciano a prendere forma solo ora. Il 9 novembre ho interrogato i miei studenti della University of Detroit Michigan, un gruppo etnico variegato, composto da ragazzi perlopiù sulla ventina, per cogliere i loro pensieri sul momento storico di spartiacque cui avevano appena assistito. Le risposte sono state variegate, con una lieve prevalenza di preoccupazione e ansia. Sopra ne avete letto una selezione.

Ora siamo in un territorio sconosciuto, e il dibattito tra coloro che si sono opposti a Trump riguarda le oscure minacce che la sua amministrazione rappresenterà su tutti i fronti. Nemmeno l’umorismo nero sembra in grado di calmare i nervi. Cosa accadrà ora ai diritti degli immigrati e delle minoranze, agli sforzi per contenere l’avidità delle corporation e il capitalismo clientelare? Cosa accadrà alle iniziative per occuparsi del cambio climatico e delle altre sfide vitali che riguardano l’ambiente, alle speranze per costruire una politica estera che sia fondata meno sui droni, sui bombardamenti aerei e sugli "stivali sul terreno” e più sulla cooperazione internazionale attorno a problemi comuni? Che ne sarà del desiderio di ridare dignità e intelligenza alla nostra cultura politica martoriata, alla speranza donchisciottesca che la nostra stampa svolga il proprio ruolo nell’informare il popolo? Quanto sono davvero sicuri i pesi e contrappesi che tradizionalmente hanno preservato le nostre istituzioni democratiche? In poche parole, la gente si domanda se Trump si rivelerà come una versione americana di Berlusconi, di Mussolini... o se sarà peggio.

È significativo e rinfrancante -ma anche frustrante- constatare che l’8 novembre la leadership di Hillary Clinton nei voti espressi ha continuato a crescere, superando il rivale, secondo l’ultimo conteggio, di più di due milioni di voti. Difficile che questo possa significare che il Paese ha dato un pieno mandato all’estremismo di Trump. Ma per le regole del gioco, come imposte dal pericolosamente arcaico collegio elettorale, che trasforma la questione in un affare stato per stato, la signora Clinton è il secondo candidato democratico in anni recenti a vincere il voto popolare a livello nazionale e a perdere le elezioni (il primo era stato Al Gore, in quella che si può definire la partita "rubata” delle presidenziali del 2000, contro George W. Bush).
Sono in corso tentativi disperati dell’ultimo minuto per imporre un riconteggio in seggi contestati, ma nessuno mette in dubbio la loro futilità. È come se si stessero ripercorrendo gli stadi clinici dello shock da trauma: dalla negazione al cordoglio, fino alla rabbia, per poi ricominciare. In definitiva, l’unica speranza è l’accettazione. Il 20 gennaio 2017 Donald J. Trump, una star da reality show, con in mano un programma da poco, un uomo d’affari-venditore ambulante che ha lasciato dietro di sé una scia di bancarotte e accuse di scorrettezza etica, una persona considerata da molti un bullo narcisistico il cui unico principio ispiratore è l’auto-accrescimento, salirà sul podio per prestare giuramento e diventare così il prossimo Presidente degli Stati Uniti.

Le amare considerazioni del giorno dopo e lo scambio d’accuse sono diventati i gi ...[continua]

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