Una Città286 / 2022
settembre


La scuola italiana, in generale, dovrà essere resa assai meno faticosa, meno autoritaria, meno estranea e angosciosa, e quindi meno creatrice di nevrosi... Proprio perché gli esami sono necessari, cerchiamo di farli il più seriamente possibile: e le cose serie e importanti non posso accadere tutti i giorni. Un esame scritto alla fine di ogni trimestre... Per tutto il resto del tempo, i professori siano liberi di leggere testi con gli scolari, di esercitarvisi con loro, di rispondere alle loro interrogazioni, di inventare temi di studio e di ricerca e, soprattutto, di conversare e di discutere, senza troppa paura se le discussioni non saranno rapidamente concludenti e se nella classe non regnerà quel silenzio, in cui si sentono ronzare le mosche (ronzio che è la voce della disciplina e della noia, anche quando le mosche sono state uccise dal Ddt). La civiltà della convivenza, a cui tutti, in un modo o nell'altro, cerchiamo di educarci, non sta né nel clamore, né nel silenzio, ma nell'ordinato colloquio... Purtroppo la nostra scuola è ancora troppo rispondente a quella fase arcaica, sacerdotale, fascista, dello sviluppo della civiltà in cui per domare il clamore si crea soltanto il silenzio...
(Guido Calogero, Scuola sotto inchiesta, Torino, Einaudi, 1957)

settembre 2022

Addio Salvatore
Ricordiamo Salvatore Biasco
Michele Salvati

La Russia non può vincere
Sulla sinistra e l’Ucraina
intervista a Taras Bilous

I fanatici anti-choice
Dopo la sentenza della Corte Suprema
intervista a Katha Pollitt

900fest 2022
Fascismi e internazionalismo democratico

Il nuovo ordine
L’Italia e l’Europa dopo l’Ucraina
intervista ad Alberto Pagani

Over 40
Sulla disoccupazione in età matura
intervista a Giuseppe Zaffarano

Discarica sociale?
Su istruzione, scuola e carcere
intervista a Leopoldo Grosso

Che cosa mi consigli, Marek?
Marek Edelman, la Bosnia, l’Ucraina...
Joanna Szczesna

Mi porti quello che mi manca
L’infinita conversazione di Nicola Chiaromonte
Bohdan Paczowski

Luigi Sturzo: morale, religione e politica
Alfonso Berardinelli

Di quanti immigrati ha bisogno il Nordest d’Italia?
da neodemos.info,
Gianpiero Dalla Zuanna e Chiara Gargiulo

Abolire la moralità?
Luciana Ceri

Camus per Casares
Matteo Lo Presti

Lutto nazionale
Belona Greenwood

Marocco misero e bellissimo
Emanuele Maspoli

La visita è alla tomba degli ebrei trucidati a Forlì nel 1944

La copertina è dedicata alle donne in lotta contro quei regimi che le vogliono sottomesse all’uomo e contro l’ondata oscurantista che sta attraversando il “mondo libero”, per abrogare o rimettere in discussione il loro diritto a decidere di se stesse. Si può ben dire che dall’Afghanistan e dall’Iran al Texas, dalla Polonia alla Nigeria, la libertà della donna sia oggi il cuore della lotta per la libertà di tutta l’umanità.

Delle nostre elezioni no, non abbiamo parlato con nessuno. Ci permettiamo di fare solo alcune considerazioni, peraltro già comparse sulla rivista. Se è sacrosanta, e vitale anche, la possibilità di abbandonare un’idea per abbracciarne un’altra, non è lecito però fare confusione. Troppo spesso si sente pronunciare la parola “maggioranza” -“Orban ha la maggioranza”- come se quella fosse la legge fondamentale della democrazia. Semmai è proprio il contrario: è la “legge della minoranza”, se possiamo chiamarla così, a essere il cuore pulsante della democrazia. Il pericolo che i democratici si sono sempre sforzati di circoscrivere è quello di una dittatura della maggioranza, di una maggioranza, cioè, che in nome di se stessa promulghi leggi illiberali, che ledono i diritti degli individui e delle minoranze e violano il patto originario che tiene unito, e in pace, un popolo. A questo proposito è lecito ricordare che anche il cittadino italiano, qualora valori fondamentali vengano conculcati, può appellarsi al diritto alla rivolta, alla resistenza, anche se, a differenza della Germania, i nostri costituenti, in particolare quelli dei due partiti più popolari che, in realtà, non avevano fiducia nel popolo, non vollero sancirlo in costituzione. Questo per il presente.

Riguardo al passato, certamente Giorgia Meloni ha perso un’occasione straordinaria non dando retta a Liliana Segre. Il passaggio da “ex” ad “anti” è un passaggio sgradevole, certo, sospetto di incoerenza e trasformismo, ma decisivo per il clima democratico e “nazionale” del paese e per far sì che la storia insegni qualcosa ai giovani. L’“ex” tende a rimuovere, passa ad altro, l’“anti” continua a far dei conti, quasi avesse contratto un debito da dover saldare con qualcuno. E questo riguarda in egual modo chi è stato fascista e chi è stato comunista. Dire, come si fa a destra, di aver “consegnato il fascismo alla storia”, o irridere all’“anticomunismo senza i comunisti” come capita a ex-comunisti (ma anche il “non è più tempo” con cui tanti brigatisti risposero alla domanda se l’avrebbero rifatto) sono modi diversi per esprimere lo stesso intento: rimuovere il passato per salvarlo. A questo riguardo, basti pensare, venendo al “nostro campo”, quello cioè di una sinistra liberale e libertaria, alle conseguenze a nostro avviso catastrofiche che ha comportato la scelta degli ex-comunisti di non fare una Bad Godesberg italiana che rimettesse in discussione Livorno, di non aver voluto fare, cioè, il partito socialdemocratico, chiedendo di rientrare nella casa madre per quanto malandata; questo ha fatto danno anche da un punto di vista “nazionale”, impedendo l’avvento di uno scenario “tedesco”, dove ad alternarsi fossero sinistra e centro, capaci all’occorrenza di governare insieme; non solo: l’idea malsana del grande centro-sinistra “pigliatutto” ha poi favorito la follia dell’ingegneria maggioritaria in un paese dove, per i motivi suddetti, non ci si fida gli uni degli altri. La devastazione è sotto gli occhi di tutti da tempo.
Si vedrà. Se vince la destra -e, nel caso, ci auguriamo solo di misura- ci sarà, forse, l’occasione per un ripensamento e per un ritorno a un partito che sia, innanzitutto, “della società”. Consola che in questo momento per tutti, compresi noi italiani, sia più importante, finanche delle stesse elezioni nazionali, che gli ucraini ce la facciano e Biden pure. Lì le cose vanno meglio, il che, però, fa aumentare pure le preoccupazioni visto con chi si ha a che fare. Speriamo bene.

Per il resto del numero rimandiamo al sommario dettagliato qui a fianco. Segnaliamo solo “La visita”, che è alla tomba di diciotto ebree ed ebrei trucidati a Forlì nel settembre del ’44 dai soldati tedeschi, affiancati, secondo il direttore del carcere di allora, da miliziani italiani. I maschi furono fucilati il 5, le donne il 17. Insieme a madri e mogli colpevoli solo di essere ebree, furono fucilate anche altre donne perché apparentate con antifascisti. Fra queste una madre con le due giovani figlie. Ci furono pure sevizie. Lo diciamo anche per ricordare alla destra italiana cosa ha “consegnato alla storia”.