Mariuccia Salvati, già professore di storia contemporanea a Bologna, ha diretto, assieme a Pietro Costa, per l’editore Carocci, la pubblicazione di una serie di volumi sui primi dodici articoli della Costituzione italiana ("Principi fondamentali”), curando in particolare il volume dedicato all’Art. 4, sul diritto al lavoro.

La centralità, che nella nostra Costituzione è riservata al lavoro, ne fa un unicum nella storia costituzionale europea. Puoi raccontare?
È vero, il diritto al lavoro si trova nei Principi fondamentali della nostra Costituzione e non è così in nessun’altra Costituzione d’Europa, dove è sempre collocato nella sezione sui Rapporti economici. Perché questo diritto si trovi lì è ciò che rende la nostra Costituzione diversa da tutte le altre: il lavoro è parte integrante dei principi che definiscono la nostra come repubblica e come democrazia.
Prima di entrare nel merito, penso valga la pena riassumere brevemente alcuni passaggi preliminari. A luglio 1945 viene istituito il ministero per la Costituente, con l’incarico di preparare la convocazione dell’Assemblea costituente e di predisporre gli elementi per lo studio della nuova Costituzione: agli storici questo ministero è noto soprattutto per avere prodotto una massiccia documentazione frutto di tre commissioni di studio (economica, sulla riorganizzazione dello stato, sui problemi del lavoro). Tra l’ottobre del ’45 e il giugno del ’46 vengono pubblicati ben 18 volumi! Ebbene, questo ministero, presieduto dal vice presidente del Consiglio Pietro Nenni, vede in particolare il giovane giurista Massimo Severo Giannini, capo di gabinetto socialista, legato a Lelio Basso, impegnarsi in un lavoro di informazione e divulgazione, attraverso collane di studi storici, e, soprattutto, con la pubblicazione di un "Bollettino di informazione e di divulgazione” periodico, sul quale, tra l’altro, sono pubblicati e commentati i testi di undici costituzioni, poi riedite in volumi: repubblica romana, Statuto albertino, Stati Uniti d’America, Francia, Unione Sovietica, repubblica di Weimar, Estonia, Urss, Ungheria, Jugoslavia, Argentina, Giappone.
Ricordiamo ancora che la Commissione per la Costituzione, composta da 75 membri designati dai vari gruppi parlamentari, si insedia formalmente il 20 luglio: sul modello di altre esperienze (si richiama quella recente della Francia e quella di Weimar) a sua volta si suddivide in tre sottocommissioni: la prima sui diritti e doveri dei cittadini, la seconda sull’ordinamento costituzionale della repubblica e la terza sui diritti e doveri economico-sociali.
I verbali sono consultabili online e sono bellissimi. Io consiglio a tutti di leggerli, di farci lavorare gli studenti, perché sono chiari e appassionanti.
Torniamo ora alla vostra domanda. Anche da noi il tema del lavoro è di competenza della sottocommissione sui rapporti economici. Francesco Colitto, liberale (lista Uomo Qualunque), è incaricato di preparare la relazione di apertura: in questa sottocommissione sono presenti, tra gli altri, Di Vittorio, Fanfani, Michele Giua e tre deputate donne, Teresa Noce, Lina Merlin e Maria Federici. Ricordiamo che la quarta donna della Commissione dei 75 (sulle 21 complessive elette alla Costituente) è Nilde Iotti, nella prima sottocommissione. Non c’è invece nessuna donna nella seconda, la più affollata e ritenuta la più importante, sulla organizzazione dello stato!
Già in questa sede si svolge un dibattito interessante sulla questione del diritto al lavoro. Come anticipavo, gli articoli relativi ai diritti del lavoro troveranno posto nel Titolo III (Rapporti economici, oggi artt. 35-40); uno di quegli articoli, però, il primo, quello sul diritto al lavoro, verrà invece spostato tra i principi fondamentali. Ma su questo dovremo tornare.
Nel frattempo, si è avviata anche la prima sottocommissione. I personaggi protagonisti sono Togliatti, Basso, e i tre "professorini”, Moro, Dossetti e La Pira. Gli incaricati di avviare la prima relazione sui diritti e doveri dei cittadini sono Basso e La Pira. La discussione ruota attorno al grosso tema, che in questo momento appassiona tutti, soprattutto i cattolici, della "titolarità” dei diritti.
Nella tradizione dello Statuto albertino del 1848, i diritti ci sono, ovviamente, ma vengono "riconosciuti” dal re: non appartengono all’individuo, sono appunto octroyé, cioè concessi. Il problema fondamentale che si pone immediatamente ai costituenti è quello di rif ...[continua]

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