Marko Vesovic è nato in Montenegro ma da molti anni vive a Sarajevo, città che non ha mai lasciato, neppure quando piovevano granate. Poeta, romanziere, docente di estetica all’università, ha scritto un libro famoso sull’assedio della capitale bosniaca: Chiedo scusa se vi parlo di Sarajevo (Sperling & Kupfer). Negli anni della guerra, è divenuto molto popolare in città, per i suoi forti interventi, sui giornali e in tv, contro gli aggressori cetnici e il loro capo, il suo ex amico Radovan Karadzic. Loro, gli estremisti serbi di Pale, lo considerano un traditore, per via delle sue origini montenegrine (le stesse di Karadzic). Oggi Vesovic vive il dopoguerra con amarezza: è deluso e preoccupato, non ama ed è tutt’altro che amato dall’Sda, il partito nazionalista musulmano al potere. A dicembre un settimanale ispirato da quel partito -Ljiljan- ha scatenato contro di lui una campagna di stampa: l’hanno accusato di legami coi serbo-bosniaci, invitandolo a lasciare il paese. Anche i musulmani oltranzisti, quindi, lo considerano un traditore. Marko Vesovic, che ama Sarajevo e la sua natura multiculturale sopra ogni altra cosa, vive con la moglie, la figlia e la cagnetta Linda in un modesto appartamento senza telefono a ridosso del centro cittadino.

L’EUROPA.
Tre anni fa, in "Chiedo scusa se vi parlo di Sarajevo", ho accusato fortemente l’Europa per la sua assenza, per la sua impotenza, per avere assistito senza fare nulla a ciò che accadeva qui. Io so che ci sono tante persone, e molte di queste vengono dall’Italia, che si sono impegnate per la Bosnia con un’emozione e un’energia intellettuale che a volte mi risultano quasi incomprensibili. Ma se parliamo a livello politico, allora dobbiamo dire che l’Europa e il mondo non hanno fatto nulla di ciò che potevano. Perciò oggi, a tre anni di distanza, non solo ripeterei, ma anzi rafforzerei le mie affermazioni di allora, perché oggi so che hanno lasciato morire quella Bosnia che amavamo e ne stanno costruendo un’altra che non si sa cosa dovrebbe essere. Credo che il divario fra ciò che hanno fatto con le proprie semplici forze tante persone di talento e intelletto, agendo senza calcolo politico, e ciò che non hanno fatto quelli che invece avevano il potere, illustri benissimo chi è mancato e perché. La Bosnia si è sgretolata sotto la pressione di interessi e calcoli politici.

L’ANIMA BOSNIACA.
Penso che la nostra Bosnia, quella di prima della guerra, sia finita. E il mondo si sta comportando di conseguenza. Perché c’è un dato di fatto che neanche Iddio, ormai, può correggere. Dopo Dayton nell’entità serba i serbi sono il 96% della popolazione, nella zona croata della Federazione i croati sono il 95%, nella zona musulmana l’89-90% dei residenti sono musulmani. Sono proporzioni così schiaccianti, che non c’è nessuna forza in grado di modificarle. Ciò nonostante non ho perso la speranza, perché ci sono fatti che la tengono viva. C’è Tuzla, che ha un sindaco, Beslagic, in testa a una lista multiculturale, e poi c’è la crescita elettorale dell’Sdp (partito d’opposizione anti-nazionalista). Mi è rimasta una speranza, che sarà persa o si rafforzerà alle prossime elezioni politiche. Allora sapremo se questa nuova, diversa consapevolezza sarà cresciuta abbastanza. Alle amministrative dello scorso autunno l’opposizione ha fatto progressi, ma se i partiti nazionalisti vinceranno ancora e resteranno al potere per altri 4 o 5 anni, tutto si bloccherà. Sarà cementata la tomba di quella Bosnia che conoscevamo ed amavamo.

DIPLOMAZIE.
Io sono convinto che dall’interno non si potrà cambiare il corso delle cose, se la comunità internazionale non lo vuole. Ci sono analisti seri, negli Usa, che scrivono su giornali seri, i quali sostengono che oggi la Bosnia è divisa e così resterà per sempre. Questo non è ciò che la gente vuole veramente, ma le persone comuni non hanno il potere di cambiare qualcosa. L’unico potere esistente qui è quello militare, della forza di pace. Da Dayton in poi non si è certo visto un grande zelo per far sì che gli accordi fossero veramente applicati. Un atteggiamento così tiepido fa sì che i partiti nazionalisti si sentano legittimati a concludere la divisione.

IL NAZIONALISMO.
Il partito al governo a Sarajevo è arrivato al punto di proporre programmi scolastici differenziati per i vari gruppi "etnici". Dicono che è una questione di libertà, di rispetto etc etc. E’ una proposta che ha suscitato grande sdegno in tutte le persone normali. ...[continua]

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