Luca Meldolesi, ordinario di politica economica all’Università degli Studi di Napoli, è stato Presidente del Comitato per l’emersione (1999-2008). Ha scritto, tra l’altro, Il nuovo arriva da Sud, Marsilio 2009.

Da tempo ti occupi del Sud e di politiche per l’emersione. Puoi fare un bilancio?
Ho cominciato a Napoli nell’83, quindi è passato più di un quarto di secolo.
Napoli poi meriterebbe un discorso a sé, perché è diversa dal resto del Sud, e oggi è particolarmente in difficoltà. Recentemente ho voluto fare un approfondimento che ho intitolato "Difficoltà esagerate?”, giocando sul doppio significato di quell’aggettivo se inteso come participio. Gli italiani infatti pensano che i napoletani siano esagerati, e secondo me hanno ragione. Al contempo i napoletani pensano di avere delle difficoltà esagerate, cioè che pesano sulle loro spalle in modo esagerato, e hanno anche loro ragione, perché oggettivamente vivere nel napoletano oggi è particolarmente difficile.
A forza di lambiccarmi il cervello, ho pensato di aver individuato in una particolare trasformazione dei rapporti sociali la ragione profonda di questo disagio. La mia ipotesi è che a Napoli, col declino dell’aristocrazia, abbia stentato a nascere una classe dirigente, capace di trainare le altre classi sociali.
Il tipico personaggio del gentiluomo napoletano, che ormai è in via d’estinzione, non è riuscito a passare il testimone. Le stesse strutture universitarie, da dove dovrebbe uscire questa nuova classe e dove anch’io ho lavorato a lungo, risentono dei comportamenti di tipo plebeo come da nessun’altra parte. C’è una specie di corruzione dei rapporti sociali che si è andata aggravando. Anche la camorra è cambiata.
E’ come se fosse stato interiorizzato l’atteggiamento delle classi sociali subordinate, urbanizzate ma anche rurali. D’altronde Napoli ha avuto sette secoli di dominazione dinastica, non è una cosa da poco. Ecco, in tutto questo tempo è maturata una sorta di abilità che consiste nel cercare di sopravvivere ingannando il padrone, il signore. E questo ha finito per diventare l’elemento prevalente. Per questo, anche in un recente articolo, ho sostenuto che Napoli è assediata da una plebe adusa alle "scorciatoie”, che fonda i suoi comportamenti sul "fare fessi” gli altri, che ha condannato la politica all’immobilismo.
A sud di Napoli questa situazione cambia quando ci si avvicina alla costiera amalfitana, a nord quando ci si avvicina al Lazio. Chi vive nelle aree attigue, gli avellinesi, i beneventani, negli anni si sono abituati a questa specie di rivendicazionismo plebeo, pensando che la situazione fosse in qualche modo riequilibrata dalla presenza degli intellettuali. Ma non è così perché questi si sono piano piano dispersi, di fatto hanno esaurito la loro funzione, e dunque la gestione quotidiana è fortemente inquinata da questa modalità.
Per me si tratta di una questione chiave.
Anche per questo fin dall’inizio ho sostenuto che non si può nemmeno abbozzare una politica economica per il napoletano, se non si traccia una linea chiara rispetto a queste tendenze patologiche. Purtroppo innalzare la bandiera della legalità proprio in Campania ha voluto dire imbattersi in un muro, sia nell’ambiente politico che imprenditoriale.
Detto questo, è difficile trarre un bilancio. Tanto più che ogni situazione è diversa. Certo, io devo riconoscere che lo stesso lavoro fatto a Napoli, in realtà ha dato più frutti nelle altre regioni.
Ora, il mio lavoro è stato sempre quello di indirizzare i fondi che arrivavano dal centro per il rafforzamento del tessuto industriale, con un occhio di riguardo per le piccole imprese, e con un impegno forte nel campo dell’emersione del lavoro irregolare.
Forse la regione in cui si è lavorato meglio e con più risultati è la Calabria. Il progetto sull’emersione godeva di un doppio finanziamento dallo Stato, cioè un finanziamento alle regioni, che avrebbero poi dovuto disporne in modo efficace. E poi un piccolo finanziamento per i "tutori di emersione”, della durata di due anni; un contributo per agevolare l’avvio di un’attività che doveva poi procedere sulle proprie gambe. 
Devo dire che, nel tempo, molti dei ragazzi coinvolti hanno proprio imparato un mestiere e sono diventati molto bravi (è anche grazie a loro se oggi la Calabria sta utilizzando meglio di altre regioni i fondi europei), alcuni ormai hanno 40 anni. Per me la soddisfazione è vedere che quelli che sono entrati nelle strutture ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!