Cari amici,
quest’anno è il venticinquesimo anniversario di Tienanmen, e non volevo parlarvene: chi legge da un po’ di tempo questa mia lettera sa che all’epoca ero una studentessa all’Università Normale di Pechino, e che quello che ho visto nel 1989 ha segnato la mia vita in modo permanente. E così, quest’anno, mentre le notizie quotidiane parlano di una repressione sempre più capillare dovunque in Cina, affinché chiunque si sia anche solo sognato di ricordare pubblicamente quello che avvenne nella notte fra il 3 e il 4 giugno e nei mesi successivi venga messo in silenzio, io avevo deciso di voler essere libera da questo macigno che da tanto mi accompagna. Avevo deciso che non avrei partecipato alle veglie del 4 giugno che si tengono a Hong Kong, che per un anno mi sarei concessa la fantasia di immaginare come sarebbe stata la mia vita senza essere stata lì, in quel momento, e di poter andare, che so, a vedere un film, per esempio, o stare a casa a leggere un libro come se niente fosse, o vedere degli amici e ridere e scherzare di tutt’altro. Un giorno qualunque, per una volta, non il giorno in cui il cuore di nuovo si stringe e le ferite si riaprono e lo sbigottimento si accende violento, su come questi venticinque anni siano passati senza che nessuno fra quelli che si sono resi colpevoli dell’aver sparato dai carri militari e dai carri armati sui pechinesi disarmati sia stato punito o attraversato dal rimorso. È cambiata così tanto La Cina in questi venticinque anni e mai nessuno di noi si sarebbe immaginato che dopo aver versato il sangue in modo così aperto, pubblico, ingiustificabile, e aver coperto ogni possibilità di ricordare per così a lungo, quella che oggi chiamiamo Cina sarebbe divenuta quest’economia potente, questo Paese nazionalista, con l’arroganza di chi ha da decadi un Pil in rapido aumento e a nessun costo vuole ascoltare chi dice che non è tutto oro, né nella crescita, né nel Paese stesso. Così, volevo essere libera di pensare ai fatti miei, loro si godano i loro soldi smemorati e io cercherò di insegnare a me stessa la smemoratezza, per un anno almeno. Poi, invece, gli arresti si sono fatti sempre più numerosi e sempre più vicini: prima, Pu Zhiqiang, un avvocato per i diritti umani di cui vi ho parlato molte volte, se ricordate, colpevole di aver "creato disturbo”, per aver partecipato a un seminario sulla memoria del 4 giugno. Pu è di quelli che, almeno finora, avevano saputo andare fino al limite e tornare sempre indietro: difendeva dissidenti e persone di fede finite nei guai con la polizia, ma si premurava di seguire anche un numero sufficiente di casi commerciali in modo da stemperare un po’ il suo attivismo. Invece, eccolo arrestato, e nessuno di noi sa cosa lo aspetta. E poi, pochi giorni dopo, Vivian. Wu Wei. La mia amica Wu Wei! Protagonista di non so più quante lettere, conversazioni che vi ho riportato e riflessioni fatte a due, arrestata anche lei. Perché, non lo so; è amica di Pu da tutta la vita e quando è stato arrestato lui non ha esitato a scrivere dei post su Weibo (una versione cinese di Twitter) in sua difesa. Non credo sia bastato quello, ma queste settimane in Cina sono fuori dall’ordinario: la repressione preventiva su Tienanmen è cominciata a fine marzo, prima che mai, ed è stata molto più ossessiva. Dobbiamo aspettare il 5 giugno per sapere se ci sarà una distensione? O le cose stanno cambiando in modo più permanente? La nuova era, quella di Xi Jinping, sembra ancor meno tollerante del dissenso. È ironico che si parli ancor di più di quel fantomatico "governo della legge”, con cui le autorità cinesi amano descrivere il modo in cui è governato il Paese, che si facciano simposi su di esso, ­mentre mettono in prigione manciate di avvocati. O di "anti-corruzione” e trasparenza, mentre vengono arrestati gli attivisti che si battono contro la corruzione e i giornalisti. Per cui non so più cosa pensare: forse, il 4 giugno leggerò un libro. Che io esca a ridere e scherzare con gli amici sforzandomi di tramutarlo in un giorno normale mi sembra poco probabile. Tanti altri, intanto, si godranno i loro soldi smemorati, e la memoria sarà affidata alle migliaia di persone che si affollano, che ci sia vento, pioggia o ondate di caldo, al Parco di Vittoria, a Hong Kong, per la loro annuale, dolorosissima veglia.

Ilaria Maria Sala
Hong Kong