Una delle ragioni dell’oblio che è caduto sulla figura di Elvio Fachinelli, nonostante le sue analisi sulla modificazione dei confini tra individuo e società, natura e cultura, inconscio e coscienza, siano oggi più attuali che negli anni Settanta e Ottanta, va cercata proprio nell’originalità di una ricerca che ha contrapposto fin dall’inizio "prospettive impensate” alla "tragica necessità del dualismo”.
Convinto che l’"insubordinazione”, la "rottura pratica delle regole imposte” fosse "il cuore di ogni politica”, Fachinelli non poteva ignorare gli effetti rovinosi della dialettica che ha spinto gran parte della specie a ricorrere a dicotomie astratte e a mantenerle in vita una volta esaurito il loro valore simbolico. La scoperta dei "nessi” che ci sono sempre stati tra un polo e l’altro -la sostanziale inscindibilità del soggetto umano- delinea, fin dagli anni Sessanta, quello che sarà il percorso inconfondibile della sua "avventura” teorica e pratica, le "nuove strade” che veniva proponendo contemporaneamente alla psicanalisi e all’agire politico.
A distanza di un solo anno, due scritti tra loro molto diversi appaiono altrettanto "illuminanti”: la voce Freud, per le edizioni CEI (1966) e l’articolo su Lettera a una professoressa di Don Milani (1967). Non è casuale, nella biografia del grande conquistador dei territori sconosciuti dell’umano, l’accostamento a Marx, esploratori entrambi dei "fondamenti” della coscienza borghese, il primo a partire dalla crisi della famiglia, l’altro dalla nascita dell’industria. Dall’ombra del rimosso non emergono solo il corpo, i residui preistorici dell’infanzia, il "caotico mondo dell’antiragione”, ma anche lo sfruttamento economico, la divisione che "privilegia una classe e ne scarta un’altra”, il cui antecedente -scriverà nell’articolo su Don Milani- è già in una scuola che seleziona. Fare cultura attraverso ciò che la cultura tradizionale considera "rifiuti”, "tabù”, esperienze innominabili, si può considerare il tratto distintivo, la linea di continuità che tiene insieme, nonostante "tagli”, "stacchi”, "sorprese”, la ricerca di Fachinelli anche nei due decenni successivi.
Freud vide emergere lentamente, al di là della barriera della coscienza, l’essere mutilato, conculcato, che siamo costretti a chiamare corpo, con i suoi bisogni, i suoi desideri, le sue ramificanti fantasie. A questo viluppo di rapporti, che si sarebbe rivelato straordinariamente complicato, egli diede il nome di sessualità (…) per la prima volta la ragione esplora ciò che in apparenza le si è sempre opposto come antiragione -quel caotico mondo della notte che (…) è sempre stato sentito, secondo le parole di Novalis, come la nostra ‘patria’ più segreta. (…) E infatti gli angeli e i mostri che popolano questa notte si rivelano a poco a poco famigliari (…) ‘Io mi sono limitato al pianterreno e alle fondamenta dell’edificio’ (...) E qui probabilmente è anche uno dei momenti di affinità profonda con la critica della coscienza borghese elaborata da Marx una cinquantina di anni prima, sulla base del disvelamento di un altro rimosso, l’inconscio socioeconomico. (1)

La domanda con cui si chiude la voce Freud -"Come si passa da questo individuo alla generalità degli individui?”- viene ripresa e articolata su un versante più specificamente sociale e politico nello scritto del ’67, pubblicato su "Quaderni piacentini”. Il punto di vista da cui guardano il mondo "il ragazzo contadino e anche operaio”, bocciati a scuola, riporta alla coscienza "quello che già sappiamo e che abbiamo dimenticato, allontanato da noi”.
Quello che dice il libro -lo sappiamo già; o lo sapevamo; è già tutto inquadrato e sistemato. Ma lo dimentichiamo continuamente. La sorpresa, insieme al disagio, nasce appunto dal fatto che ora vediamo una cosa che sapevamo, e che abbiamo dimenticato, allontanato da noi (…) la mia rimozione individuale del sociale è parallela alla rimozione sociale degli individui (…) questo rimosso permane, sta sempre sveglio, mi deforma dal di dentro anche se lo ignoro (…) il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia. (2)
Sul rapporto individuo e società, psicanalisi e politica, Fachinelli ritorna più volte negli scritti giornalistici e nelle interviste, che coprono circa un trentennio: un materiale prezioso che non può essere considerato solo un’appendice dei suoi libri. Se con la fine dei movimenti non autoritari degli anni Set ...[continua]

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