Giuseppe Piana, studente laureando a Bologna in scienze della comunicazione vive fra Bologna e Catania.

Sì, ci sono dei referenti che valutano quello che può essere il rendimento di una realtà economica, dalla piccola bottega fino alla media industria e, sulla base delle aspettative economiche del posto, fissano dei parametri e dei “premi”, che bisogna pagare mensilmente per evitare “eventuali” incidenti, incendi, esplosioni e quant’altro, cioè per sopravvivere economicamente. E a volte non solo economicamente, visto che ci sono casi di imprenditori piccoli o medio piccoli o grandi che non ci sono più...
Il pizzo può essere assimilato a una polizza assicurativa, la differenza sta nel fatto che dall’assicuratore ci vai “nell’eventualità” di un incidente, lì invece hai la certezza assoluta che se non paghi l’incidente ti capiterà.
Probabilmente, poi, storicamente, è nato proprio per “proteggere”, per garantire gli interessi dei proprietari terrieri, coi campieri, che proteggevano il fondo da qualsiasi tipo di pericolo, non ultime le pretese esose dei soliti lavoratori comunisti che costituivano le prime leghe. Ma, intendiamoci, il sistema ha una sua equità, e la ragione sta nel fatto che la mafia, nelle sue incarnazioni locali, è molto legata al territorio. Non succede mai che la riscossione di questi “tributi”, se così vogliamo chiamarli, sia affidata a persone estranee alla realtà locale. La persona che va a chiedere i cento o i mille euro sa di poterlo fare perché conosce perfettamente il giro di affari di quelle realtà economiche specifiche, poiché è essa stessa parte integrante del territorio. Questo elemento non va mai perso di vista: la mafia è profondamente legata al territorio perché ne è un’emanazione. Le cosche sono sempre a livello familiare, legate a un quartiere o a una zona di interesse più o meno ampi, che conoscono perfettamente, perché è con quelli che economicamente interagiscono.
Il più delle volte, poi, il modo in cui il mafioso si presenta per chiedere il pizzo non è esplicitamente minaccioso, non dice: “Paga altrimenti mettiamo una bomba nel tuo locale”, piuttosto dirà: “Sai, abbiamo bisogno che tu ci aiuti perché abbiamo quella persona in carcere, ha moglie e figli, ci sono le spese legali, gli avvocati da pagare…”.
E attenzione, perché il rapporto è bidirezionale, va cioè in entrambi i sensi. Esattamente come il malavitoso va a chiedere alla realtà economica la tassa per mantenersi in vita (e probabilmente le estorsioni, insomma il giro del racket, rappresentano per la mafia uno dei maggiori introiti economici) allo stesso modo io piccola o grande realtà economica locale, mi rivolgo alla criminalità per i miei bisogni, che so, aggirare un ostacolo legislativo o burocratico, oppure non lasciare troppo il mercato a se stesso e limitare la libera concorrenza che mi danneggia, per esempio nell’assegnazione di un appalto. Succede cioè che siano le stesse realtà economiche a cercare di mettersi sotto quell’ala protettrice... Purtroppo il lavoro produttivo non è percepito come un diritto-dovere ma come una sorta di privilegio, garantito da qualcuno che per farlo deve ricevere in cambio un guadagno.
Il tutto poi va a legarsi, a saldarsi, con quelle che sono le esigenze politiche ed elettorali del territorio, per cui io uomo politico che intendo candidarmi per un seggio regionale o nazionale, non posso prescindere dal rivolgermi agli stessi signori che vanno a chiedere la fornitura settimanale di carne alla piccola macelleria, che a sua volta ha ottenuto un favore. Io ho bisogno di quei cinquecento o mille voti che possono garantirmi una più facile vittoria elettorale, un serbatoio di voti ma non è che per questo mi sto affiliando a Cosa Nostra, è semplicemente uno scambio di favori. E’ pur vero che anche la mafia vota…
Questo è uno dei modi in cui, nelle stagioni politiche che si sono succedute, le varie forze politiche, in primis i democristiani, si sono sempre difese: i mafiosi devono pur votare.

A livello territoriale, è un meccanismo perfettamente oliato da decenni, probabilmente da più di un secolo. E lo si vede maggiormente nei piccoli paesi: tu sei seduto dal barbiere ma se entra il personaggio più in vista del posto, il barbiere avrà l’accortezza, con un cenno o invitandoti con un tocco sulla spalla, di farti alzare e farti tornare al tuo posto; e la persona che si siede magari deve solo ritoccare le basette o due peli sulle sopracciglia. E poi alla fine, inv ...[continua]

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