Pia Covre è la fondatrice dell’Onlus Comitato per i diritti civili delle prostitute.

Com’è la situazione ora nei flussi migratori?
Allora, negli arrivi, soprattutto dalla Libia, ci sono moltissime donne nigeriane, molte anche giovani, alcune minorenni, che vengono poi indirizzate al mercato della prostituzione. In questi ultimi anni il loro reclutamento è cambiato. Prima l’organizzazione criminale andava in giro nei villaggi, nelle città, avvicinava le famiglie che avevano bisogno e che potevano decidere di far emigrare magari la figlia più adulta. Quindi facevano un contratto, le famiglie si indebitavano per pagare, però poi avevano le rimesse dalla figlia che arrivava qui con un debito da pagare, completamente soggiogata dallo juju, ma anche circondata da una rete di amicizie familiari, spesso con sorelle o cugine già all’estero. E poi viaggiavano anche diversamente. Adesso, negli ultimi due anni, le rotte sono cambiate, ora si viene in Europa attraversando il Niger e il deserto, si arriva in Libia e lì ci si imbarca per raggiungere l’Italia. Ma ora le ragazze vengono reclutate ovunque, anche di fronte alla scuola che frequentano. Spesso il progetto migratorio non è più costruito in una famiglia. C’è molta casualità. Abbiamo avuto studentesse avvicinate da qualcuno che conoscevano che ha detto loro: "Vuoi andare a fare un viaggio in Europa? Lì puoi trovare da lavorare, puoi fare la babysitter, la parrucchiera, si guadagna bene, ti procuro io il viaggio, costa poco o niente, non ti preoccupare, poi ci paghi quando lavori”. Le reclutano così un po’ ovunque, nelle città, nei mercati, fuori delle scuole, nei villaggi e qui arriva un po’ di tutto. Una volta che le hanno convinte i reclutatori le accompagnano dove ci sono gli autobus che vanno in Niger, vengono pagati con pochi soldi, forse 50 dollari a ragazza, che ricevono dall’autista dell’autobus, che a quel punto le prende in carico per trasportarle fino al confine, sul Niger, dove qualcun altro lo paga, e le prende in consegna, a sua volta, per farle arrivare in Libia, dove ad aspettare questi autobus che arrivano dal Niger, ci sono dei trafficanti libici che pagano il viaggio agli autisti e poi portano le ragazze in alcuni luoghi che si chiamano connection house, e lì comincia la violenza, se non è già cominciata prima, durante la traversata del deserto. Cominciano gli stupri. Le ragazze sono a disposizione di tutte le bande militari che transitano di là, le quali pagano per poter andare in questo "sfogatoio”, chiamiamolo così.
Avete testimonianze dirette di quel che succede?
Abbiamo i racconti di tante donne, non solo prostitute. Ad esempio abbiamo raccolto il racconto di una lesbica, che ha una storia un po’ diversa dalle solite: lei e una sua amica sono state aggredite, lei è riuscita a scappare mentre la sua amica è stata assassinata, ha chiesto aiuto a qualcuno che conosceva che l’ha presa in casa, l’ha tenuta due giorni poi le ha detto che doveva andare via perché era pericoloso per tutti, e, dandole i soldi per il viaggio, l’ha indirizzata da una donna che va nella capitale a comprare tessuti. Appena arrivata però questa donna le ha detto: "Ma tu saresti al sicuro solo in Europa”. E l’ha convinta: "Non ti preoccupare, poi lì farai dei lavori, in Europa danno una protezione internazionale su queste cose”. Insomma, in tre giorni questa giovane è partita per il Niger. Poi non so in Libia come se la sia passata, ma anche lei è stata rinchiusa, come capita a tutte: o in carceri veri e propri dello Stato o in queste connection house.
A proposito, un giorno al Tg3 c’era una conduttrice un po’ superficiale che diceva: "Ah, qui le donne sono tutte contente perché adesso hanno organizzato un viaggio per riportarle al loro paese, a casa”. Cioè dove c’è Boko Haram. Saranno contente? Adesso, infatti, dopo gli accordi del nostro ministero, stanno facendo dei rimpatri dalla Libia ai loro paesi, da dove sono scappate.
Quindi le nigeriane destinate alla prostituzione le mettono in questi hangar dove vengono visitate quotidianamente dai soldati. Se si ribellano le possono anche uccidere, ed è successo secondo il racconto delle ragazze. Poi un certo giorno ti dicono: "Vai vai, corri, c’è la barca”, e le obbligano a partire. In Europa, infine, c’è qualcuno della rete che ha pagato per loro, che addirittura potrebbe averle "ordinate”: "Mandatemene due, tre, quattro”.
Ma tornando alla Libia: secondo me, chi gestisce tutto sono queste band ...[continua]

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