Jean Birnbaum è responsabile del supplemento libri di "Le Monde". Il libro di cui si parla nell’intervista è Un silence religieux. La gauche face au djihadisme, Seuil 2016.

Nel tuo ultimo libro accusi la sinistra di non capire il fondamentalismo islamico, anche per la paura di essere accusata di islamofobia.
Nel mio libro c’è un capitolo intitolato "Rien à voir avec l’Islam?” (Niente a che vedere con l’islam?). Questo capitolo l’ho scritto per evitare che ci fossero fraintendimenti: il mio non è un libro ostile all’Islam come religione, non è un libro contro l’Islam. Il mio obiettivo era quello di cercare di tracciare una frontiera tra l’islam come spiritualità e l’islamismo come ideologia politica, il jihadismo come violenza terrorista. L’ho fatto a partire dalla tradizione di pensiero di Christian Jambet, di Henry Corbin, studiosi che hanno sempre fatto una chiara distinzione tra l’Islam come esegesi spirituale di un testo, e un Islam politico e dottrinale che irrigidisce e falsa il senso di quello stesso testo.
Il punto è che ogni volta che cerchiamo di tracciare una linea semplice tra islam e islamismo ci rendiamo conto che non ci sono dei criteri chiari, né per quanto riguarda l’interpretazione dei testi, né rispetto al rapporto con la politica. La rivista "Les Temps Modernes”, fondata da Sartre, ha pubblicato un numero molto interessante sull’Islam, la teologia e lo Stato, in cui denuncia appunto come sia difficile distinguere, separare questi aspetti.
Io ho voluto comunque fare un tentativo per uscire da possibili equivoci. È infatti innegabile che oggi c’è un’ostilità verso l’islam proprio come religione. D’altra parte, in Francia la sinistra si è costruita sulla guerra alle religioni, sulla guerra alla Chiesa, sulla rimozione e la negazione del religioso. Per la sinistra occidentale, ma soprattutto francese, l’emancipazione sociale è prima di tutto l’emancipazione dal religioso. Il progresso in qualche modo coincide con il crollo delle religioni. La religione, o meglio la sua assenza, è un indice del livello di modernizzazione e civilizzazione di un Paese.
Di qui l’idea che se delle persone uccidono in nome di Dio vengono dal Medioevo, fanno parte del passato. In realtà oggi sappiamo che queste persone sono spesso istruite e usano le tecnologie più moderne, in Algeria si parla di ‘islam degli ingegneri’. Quindi è possibile che la religione possa essere il nostro presente e, forse, anche il nostro futuro. Una certa forma di religione. Questo evidentemente per noi è un problema. Io vedo innanzitutto un problema di incomprensione quando si riduce la religione a una sorta di arcaismo, a un’illusione da dissipare, a qualcosa che appartiene al passato. A sinistra, la religione in quanto tale è sempre stata percepita come qualcosa che non ha autonomia, il sintomo di qualcos’altro: la crisi sociale, la disoccupazione, la geopolitica, per cui se un ragazzo fa appello alla religione, bisogna indagare cosa questa nasconda.
Questa è la cultura politica in cui sono cresciuto. All’indomani degli attentati di gennaio abbiamo sentito dire che questi giovani "sono disagiati, sono delle vittime sociali, giocano troppo ai videogame, usano troppo facebook”. Sono state prese in considerazione tutte le possibili motivazioni, salvo una: la religione.
Cosa trovano i giovani nella religione musulmana?
Molti ci trovano semplicemente la loro religione, si ritrovano in essa. Un giovane musulmano mi ha raccontato: "Cercavo qualcosa: sono andato alla moschea dove ho trovato dei notabili, dei borghesi, che non erano interessanti. Dopo aver sentito parlare dei salafiti, ho capito che loro erano meglio, ma erano legati a dei paesi che non mi piacevano. Infine ho sentito parlare dell’Islam radicale, e allora mi sono convertito, ma non all’islam radicale, all’Islam e basta”. Per loro l’islam è l’islam. D’altra parte questa volontà di distinguere tra islam e islamismo quasi li fa ridere i jihadisti.
Cosa cercano nella religione? È una domanda difficile: sicuramente un senso di speranza radicale che non trovano altrove. La sinistra, anche quella riformista, ha lottato contro un mondo pieno di ingiustizie, per un futuro migliore. Lo slancio rivoluzionario si è alimentato di questa speranza. Ebbene, dov’è oggi una sinistra che propone un’idea di mondo futuro credibile? Gli islamisti appaiono così i soli depositari della speranza in un mondo diverso. Dopodiché ci sono ovviamente differenze radicali tr ...[continua]

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