Jacopo Aguzzi, biologo marino, è ricercatore all’Istituto delle Scienze del Mare (Icm), presso il Csic (csic.es), il Consiglio superiore delle Investigazioni Scientifiche spagnolo.

Puoi spiegarci qual è il tuo lavoro?
Mi occupo di comportamento animale, di come questo influisce sulle nostre percezioni della fauna quando facciamo le misurazioni. Le specie marine si muovono ritmicamente in funzione dell’ora del giorno e della stagione in un ambiente tridimensionale fatto dal fondo del mare e dalla colonna d’acqua sovrastante. A differenti profondità, a differenti ore del giorno e stagioni, noi, che siamo una specie terrestre, possiamo solo aprire una piccola finestra, come momento puntuale di osservazione, su questo mondo marino. Gli animali si comportano seguendo dei loro ritmi associati al ciclo giorno-notte o al ciclo di maree; ecco, io studio l’errore che questo comportamento genera sulla nostra percezione delle comunità animali, come insiemi di specie, quando andiamo a campionare in una certa profondità o area geografica. Dopodiché sviluppo anche tutta la tecnologia per misurare la presenza degli animali e monitorare il loro comportamento. Spesso questa attività consiste nel lasciare in sito degli strumenti, ad esempio videocamere, per avere una visione continua del mezzo marino, ma soprattutto a distanza.
Qual è stata la tua formazione?
Mi sono laureato all’Università di Tor Vergata, ma dopo l’anno di servizio civile me ne sono andato. Ho sempre avuto una passione fortissima per la ricerca, e in Italia non c’era spazio; ero anche a disagio con tutta una serie di dinamiche accademiche.
Sono diventato biologo marino un po’ per caso: con una formazione in entomologia, lo studio degli insetti, volevo fare il dottorato a qualsiasi costo, così ho inoltrato diverse domande. Durante l’anno di servizio civile, di mattina lavoravo a Legambiente e di pomeriggio facevo un mailing serrato su siti specialistici, dove la comunità scientifica organizza dei forum di discussione, ma ci sono anche offerte di lavoro all’università.
Ho scelto infine la Spagna, perché era un paese in crescita e allo stesso tempo vicino a casa. Dopo quattro anni di dottorato con borsa, ho trascorso un anno nel dipartimento (gratis) cercando di pubblicare i risultati della mia ricerca. La mia tesi di dottorato era sullo scampo: cioè su come i ritmi di attività fisiologici e comportamentali dello scampo influiscono sulla cattura a strascico. Gli scampi sono animali fossori, praticamente vivono nei buchi, scavano dei tunnel. Lo strascico è effettuato da una barca che tira una rete che cattura tutto quello che c’è sulla sua traiettoria, ma sulla superficie del fondo: non è cioè una rete che si infanga e che entra nel sedimento, quindi cattura solo gli animali che sono fuori; questo provoca un errore nelle stime dell’abbondanza di questa risorsa, dipendendo dall’ora del giorno e dalla stagione. Dietro c’è anche una fortissima vertenza economica-commerciale. La Comunità europea o il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (Mipaf) chiede agli scienziati: "Quanto è abbondante questa risorsa?”, per poi valutare quanti pescherecci mettere in moto e anche il valore al chilo di quella merce. Per rispondere in modo accurato devi fare delle campagne di pesca sapendo che il tempo è un fattore determinante, sia come ora di calata delle reti, sia come stagione (la fauna sta più o meno fuori a seconda se è giorno o notte, estate o inverno).
Finito il dottorato, ho trovato posto come postdoc alla Morehouse School of Medicine di Atlanta; dentro c’è il Neuroscience Institute con vari laboratori: io stavo nel laboratorio del Professor Gianluca Tosini (un altro italiano emigrato anni fa da Firenze) che, come in una collana di perle, è un membro consorziato con altri laboratori in altre università, in altri Stati che fanno però la stessa ricerca orientata. Tutti questi centri assieme formano un istituto disperso geograficamente, il National Space Biomedical Research Institute (Nsbri), che fondamentalmente ha la vocazione di fare ricerca per la Nasa, cioè ricerca spaziale. Lì ho studiato i ritmi biologici degli astronauti simulando le condizioni di assenza di gravità, del ciclo giorno-notte, ecc. In questo caso non usavamo gli uomini, ma i ratti.
Dagli scampi ai ratti?
Il nesso è il ritmo biologico: io studiavo ritmi biologici, quindi sono passato dai ritmi dello scampo (misurare il suo comportament ...[continua]

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