Hakan Yilmaz, 26 anni, è uno studente turco trasferitosi a Madrid cinque anni fa.

Perché hai lasciato Istanbul per Madrid?

Pensavo che studiare all’estero mi avrebbe dato più sbocchi professionali e che avrei potuto avere una vita personale migliore a causa della mia situazione: sono gay e non volevo vivere in una società dove la maggior parte delle persone mi guarda dall’alto in basso, in certi casi con odio. La Turchia ha molte facce diverse. Ci sono molte persone moderne, che hanno studiato e visto il mondo e che accettano l’omosessualità e altre forme di diversità. Poi c’è la maggioranza, il cui livello di tolleranza è molto minore. La maggioranza non accetta alcuna forma di diversità. Non accettano niente al di fuori del modello di persona musulmana, bianca, eterosessuale, di sesso maschile. Se non rientri in quella categoria sei emarginato. E ovviamente se sei una donna musulmana devi essere un certo tipo di donna. Non puoi essere una donna libera, con le tue idee. Questa intolleranza è sostenuta, anzi fomentata dal governo e dal Primo Ministro Erdogan, che insulta pubblicamente le persone per le loro origini o per la loro religione. È capitato che insultasse armeni e cristiani.
Com’è la situazione per le minoranze?
Cinque anni fa, a Istanbul, mi battevo non solo per i diritti degli omosessuali, ma anche per i gruppi femministi e per le persone che non volevano prestare servizio militare obbligatorio. Quando fai parte di un movimento per i diritti gay vedi molti altri movimenti e ti rendi conto che non sei l’unica minoranza.
La minoranze non hanno alcun diritto perché nella società turca l’opinione della maggioranza governa e alle altre voci non viene dato ascolto. È la società della maggioranza, soprattutto adesso, e questa è una delle cause principali delle proteste. Le persone erano davvero stanche di non essere ascoltate. Il governo controlla i media, la polizia e il sistema legale.
Come si è arrivati a questo punto?
Ingannavamo noi stessi pensando che niente stava cambiando, che tutto andava bene. Continuavamo a uscire, bere, far festa, insomma, a vivere la nostra vita. Ma non ci siamo accorti che, piano piano, i nostri diritti ci venivano tolti e il cerchio attorno a noi si stringeva. Piano piano siamo diventati una minoranza nel nostro stesso Paese. E non parlo dei gay, parlo di tutte le persone giovani, moderne e liberali. Hanno iniziato togliendo le libertà, una a una, promettendo che avrebbero portato libertà ai loro sostenitori. I politici che sono al potere ora sono stati eletti perché hanno promesso, da una parte, di porre fine alla corruzione e, dall’altra, di dare la possibilità ai mulsulmani di essere rappresentati. Qualche anno fa i musulmani non erano rappresentati propriamente perché erano guardati dall’alto in basso dai secolaristi che volevano un Paese laico. Il governo attuale aveva promesso diritti e libertà per i musulmani, come il diritto di portare il velo e di pregare 5 volte al giorno. Hanno promesso più diritti non solo ai musulmani, ma a tutte le minoranze.
Allo stesso tempo hanno promesso di togliere potere all’esercito, che prima aveva la facoltà di intervenire contro qualunque gruppo o partito avesse minacciato lo stato secolare. Il grande potere dell’esercito era considerato antidemocratico e quindi ingiusto da molte persone liberali. Per questo molti liberali, al fianco dei religiosi, sostennero Erdogan e facilitarono la sua salita al potere. Ma era una trappola. Erdogan disse pubblicamente che la democrazia è come un treno e che quando sarebbe arrivato alla stazione che aveva scelto non avrebbe esitato a scendere. Dichiarò di usare la democrazia come un mezzo per raggiungere i suoi obiettivi: diventare il capo di uno Stato islamico.
Ti aspettavi una protesta di tali dimensioni?
Era destinata a esplodere in un modo o nell’altro. Le persone erano davvero, davvero stanche. Ogni giorno, un diritto viene ignorato. Il malcontento generale va avanti ormai da anni, ma c’era molta paura perché dire la propria opinione poteva risultare in un’accusa di terrorismo con prove fasulle oppure in un pestaggio da parte della polizia, che poteva arrivare anche a uccidere. In Turchia ci sono tantissimi giornalisti in prigione. I media tradizionali non possono parlare delle proteste o del malcontento. Infatti io reperisco le informazioni da Facebook, Twitter e da certa stampa alternativa e di sinistra su internet.
Che tipo di persone protestano?
La maggioran ...[continua]

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