Luigi Fiorot è responsabile delle relazioni sindacali presso la Cna (Confederazione Nazionale Artigianato della Piccola e Media Impresa) del Veneto. È stato intervistato anche nel 2009 (Una città, n. 164).

A ormai cinque anni dall’inizio della crisi qual è la situazione dell’artigianato in Veneto?
Nei dati forniti dalla Regione (attraverso Veneto Lavoro), l’artigianato è rilevato insieme con l’industria, dove nel 2012 figurano perse 18.300 unità lavorative. Noi abbiamo i dati dell’Ente bilaterale dell’artigianato veneto (Ebav) al quale al 31 dicembre 2012 versavano 35.287 imprese e 144.954 dipendenti. Presumendo che versino all’ente l’85% dei lavoratori (non versa l’edilizia), rispetto al 2011 noi vediamo un calo di circa 1.350 imprese e di 4.300 lavoratori.
Teniamo presente che siamo entrati in crisi significativa dall’agosto del 2008 e che nel frattempo le imprese hanno ristrutturato.
Per entrare nello specifico dei vari settori, noi vediamo che nel 2007, la meccanica (14.500 imprese su 35.000), era in aumento dello 0,7% rispetto all’anno precedente. L’abbigliamento invece perdeva il 5%, quindi una perdita importante, e il legno l’1,8%. Nel 2008 la meccanica iniziava a perdere leggermente (-0,4%), invece l’abbigliamento continuava a perdere pesantemente (-4,4%). Il legno perdeva il 2,9%.
Nel 2009, anno in cui comincia la crisi, la meccanica perde il 4,8%, l’abbigliamento perde un altro 10,8%, il legno il 7,2%. Nel 2010, la meccanica perde il 3,4%, l’abbigliamento l’8,8% e il legno il 6,5%. È solo nel 2011 che il percorso cambia, nel senso che meccanica e abbigliamento risalgono un po’ la china (+1,7% la meccanica, +1,1% l’abbigliamento), mentre il legno continua a perdere. Nel 2012, perdono di nuovo tutti e tre. Poco o niente l’abbigliamento (-0,2%), di più la meccanica (-1,4%) e il legno (-2,4%).
Questi dati ci dicono che tra i settori principali, quello che ha ormai portato a compimento la ristrutturazione è l’abbigliamento, che è passato da 3.344 aziende e 22.369 lavoratori a 2.636 aziende e 17.541 lavoratori, perdendo complessivamente circa 700 aziende e 5.000 lavoratori.
Quali sono invece i settori che tengono?
Migliorano l’acconciatura ed estetica, che passa da 4.435 imprese a 4.970 (da 8.105 a 9.303 lavoratori). Aumenta l’alimentari, che passa da 1.816 imprese a 2.182 (da 6.522 lavoratori a 8.511). Aumentano i panificatori; aumentano anche i settori delle lavorazioni marmo-lapidei, la chimica gomma-plastica e infine il settore delle imprese di pulizia. Questi sono gli unici settori che hanno un risultato positivo, nell’arco che va dal 2007 al 2012.
Parliamo degli ammortizzatori. Nell’ultima intervista ci spiegava che in Veneto, i settori che non hanno la cassa integrazione ordinaria, prima di accedere a quella in deroga, mettono in campo un ammortizzatore pagato anche dagli enti bilaterali. Da quest’anno qualcosa è cambiato. Può spiegare?
Come raccontavo nell’ultima intervista, quando è stata varata la legge 2/2009 per fronteggiare la situazione di difficoltà sugli ammortizzatori sociali, praticamente hanno obbligato le realtà che avevano gli enti bilaterali a fare prima un intervento di 90 giornate all’anno, attraverso l’ente bilaterale più l’Inps (la disoccupazione ordinaria). Noi ci siamo adeguati e quindi in caso di difficoltà si facevano prima le sospensioni attraverso l’ente bilaterale (che contribuiva per il 20-25%) e poi la cassa integrazione in deroga. Questo è avvenuto per quattro anni dal 2009 al 2012. A luglio 2012 è stata varata la legge Fornero che prevedeva la costituzione di un fondo alternativo di dimensione nazionale, con la prospettiva che le categorie che non beneficiavano della cassa integrazione ordinaria contribuissero comunque all’ammortizzatore pubblico per l’80%.
Un’idea ragionevole. Il problema, semmai, era quanto tempo avremmo avuto a disposizione per arrivarci. Quando però è venuto fuori che ci sarebbe stata una fase transitoria di quattro anni... Lei capisce che in Italia se la fase transitoria dura più di qualche mese, non ci si ricorda neanche più della legge che l’ha generata.
Comunque, dal 1° gennaio, non potendo noi fare l’intervento come ente bilaterale, siamo andati direttamente in cassa integrazione in deroga.
La Cig in deroga, in Veneto, viene erogata per un massimo di 180 giornate. Siccome però i soldi scarseggiano, ad aprile il governo ha ripristinato la possibilità per l’ente bilaterale di intervenire, per cui or ...[continua]

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