Ogni qualvolta mi si presenta l’occasione, sono lieto di scrivere o di parlare di Carlo Cattaneo. Spingere coloro che male lo conoscono a leggerlo e a meditarlo è per me un dovere di solidarietà culturale...
Se questo autore è poco letto lo si deve principalmente alla dignità stessa della sua opera, che fu impostazione di problemi, concretezza di analisi, ossia preparazione di studioso e non sbandieramento di sonanti parole, positivismo e non trascendentalismo, scienza e non demagogia. Nessuna declamazione, nessun volo romantico in quell’opera, bensì eloquenza sostenuta, pensiero cristallino, trattazione rigorosa. Egli guarda alle stelle dell’ideale, ma ancor più alla strada della storia; e pare quasi un caso che il suo nome rimanga legato alle giornate barricadiere di Milano.

Mazzini era poeta. Cattaneo era scienziato. L’uno era romantico, e l’altro razionalista; l’uno delicato di corpo ed ipersensibile di spirito, l’altro vigoroso, equilibrato, campagnuolo. Mazzini, giovane, smaniava alla Jacopo Hortis; Cattaneo, in quell'età, assaporava Virgilio e Livio, ignorando l’ebbrezza mistica e le disperazioni romantiche, non sognando riforme religiose, non presumendo apostolati. Era, il Nostro, un ambrosiano, pratico, sereno, amante della ricerca scientifica e dell’azione concreta. Quello che di passionale e di mistico era in lui veniva contenuto e diretto dal bisogno di trascorrere una vita mirante a conoscere, e ad insegnare. Fino al 1848 la sua vita era stata quella di un pacifico studioso, quale la tratteggia egli stesso con saporosa semplicità: “Vestito pulitamente, provveduto di poche camerette al sole di mezzodì, con tre scaffali grandicelli di libri che mi fanno; un caminetto, una cucinetta che mi dà un paio o due piatti alla buona, una bottiglia di poco prezzo, d’Asti o di Bocca, ma con un amico galantuomo dirimpetto a me; mezzo scudo, di tempo in tempo, per sentire la Pasta o Rubini; venti soldi per vedere la Marchionni; un po’ di velocifero e di battello a vapore due o tre volte all’anno, e qualche giornatina all’osteria di Varenna o dell’Isola Bella; nove centesimi al giorno per sapere all’officio dell’Eco che cosa fanno e dicono nella politica e negli studi gli uomini di questa e delle altre parti del mondo, e quindi non sembrare un giumento se incappo in buona compagnia”.
Aveva passata in campagna l’infanzia e dall’esperienza dei parenti, dalle personali osservazioni aveva contratto quell’acuto senso delle realtà rurali e quel profondo interesse per i problemi dell’agricoltura che fanno di lui uno dei massimi scrittori di economia agraria. La frequenza della scuola privata di diritto di Gian Domenico Romagnosi continuò ad avviarlo sulla via delle ricerche e delle elaborazioni condotte con senso realistico e con severità di metodo. Ma a questo indirizzo positivista della sua attività culturale lo conduceva principalmente la sua personalità mentale. Egli ci teneva ad essere “incurabilmente positivo”, “un po’ grosso di legname”, e dichiarava preferire le “materiali e quasi febbrili ricerche senza viscere” e la “oscura via delle applicazioni scientifiche e dei volgari interessi”.
Portato come egli era ai problemi concreti, alle impostazioni precise, alle chiarificazioni di massima evidenza, se manca nella di lui opera un centro idealistico è perché all’uomo di scienza e al filosofo positivista basta un centro ideologico al quale i problemi s’annodino. Quel centro è costituito da ipotesi che si alimentano della luce delle particolari ricerche dei positivi risultati e, secondo la risultanza di quelle e l’evidenza di questi, si trasformano o si eliminano.
Mazzini è dominato dal proprio idealismo, mentre Cattaneo ha delle idee che gli son care in quanto gli sembrano vere, ossia rispondenti ad una migliore economia della storia umana, in quanto gli sembrano passibili di realizzarsi in fatti, mediante quelle forze che egli scorge od intuisce dirette verso quei fini. ...

Prima di venire all’argomento, credo necessario aprire una parentesi che richiami alla mente del lettore la reciproca posizione delle due correnti repubblicane: quella unitaria e quella federalista.
I repubblicani unitari posponevano ogni altro scopo alla causa dell’indipendenza nazionale dell’Italia, intesa come unità amministrativa, giudiziaria e politica sotto un solo governo. I repubblicani federalisti davano, invece, prevalente importanza al problema della libertà politica. Gli unitari diffidavano dei Princi ...[continua]

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