Nel prossimo maggio lo Stato d’Israele compirà 70 anni. Se per molti ebrei la memoria del maggio ’48 sarà quella di una rinascita portentosa dopo la Shoà e un’oppressione subita per molti secoli, i palestinesi vivranno lo stesso passaggio storico ricordando con ira e umiliazione la Nakba, la "catastrofe”: famiglie disperse, esistenze spezzate, proprietà perdute, il tragico inizio dell’esodo di una popolazione civile di oltre settecentomila persone.
Molto problematica è in particolare oggi la situazione di Gerusalemme, città che Israele, dopo averne annesso la parte orientale, celebra come "capitale unita, eterna e indivisibile”. Tale statuto, oltre a non essere riconosciuto dalla stragrande maggioranza dei governi mondiali, secondo i dettami dell’accordo di Oslo del 1993 doveva essere oggetto di negoziati fra le parti in causa. Gerusalemme Est resta quindi, secondo le norme internazionali, una città occupata con i suoi 230.000 ebrei che vi abitano in aperta violazione delle suddette norme.
A rafforzare la pretesa del governo israeliano su Gerusalemme e a infliggere l’ennesima pugnalata al già moribondo processo di pace è calata nel dicembre 2017, come un colpo di maglio, l’iniziativa di Donald Trump di riconoscere ufficialmente la città quale capitale dello Stato d’Israele: una decisione che ne trascura completamente la complessità simbolica, ne ignora la natura molteplice e la condizione giuridica, obliterando l’esistenza dei suoi residenti arabi palestinesi (quasi 350.000, tre quarti dei quali vivono al di sotto della soglia della povertà, privi del diritto di acquistare terreni, costruire o ingrandire le proprie abitazioni -da cui spesso, anzi, vengono scacciati- e di prendere parte alle elezioni in Israele).
L’amministrazione americana ha già annunciato che trasferirà l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme proprio in coincidenza con il 70° "Giorno dell’indipendenza”, una "scelta che” ha commentato il primo ministro Netanyahu lo "trasformerà… in una celebrazione ancora più significativa”.
Ma un’altra iniziativa concorre, nelle intenzioni dei suoi organizzatori, a rendere memorabile la ricorrenza: la partenza del Giro d’Italia da Gerusalemme. A pretesto e giustificazione di questa scelta, la volontà di onorare la memoria di Gino Bartali che ha trovato un posto nel "Giardino dei giusti” di Yad Vashem, nel 2013, grazie alla sua opera di salvataggio -peraltro non così ben documentata- di alcuni ebrei fra il ’43 e il ’44. È invece indubbio il finanziamento che riceverà la Rcs insieme alla sua "Gazzetta dello Sport” grazie a tale operazione: 12 milioni di euro, più altri quattro offerti agli organizzatori dal miliardario israelo-canadese Sylvan Adams, presidente onorario del Comitato Grande Partenza Israele che afferma (da "Nena News”, 20 novembre 2017): "Questa storica Grande Partenza della 101esima edizione del Giro ci permetterà di presentare il nostro paese a oltre cento milioni di spettatori tra quelli collegati via televisione e presenti lungo le strade”. E gli fa eco Yariv Levin, ministro del Turismo israeliano: "Come parte di una rivoluzione nel marketing, che vede Israele quale destinazione turistica e per il tempo libero, stiamo portando il Giro d’Italia nel nostro paese”.
Se ne può quindi dedurre che il Giro d’Italia così concepito assecondi l’esigenza israeliana di presentare al pubblico, nazionale e internazionale, una facciata ripulita dalle immagini di violazioni e violenze coniugandola con la ricerca di Rcs Sport di capitali e di una visibilità che immetta decisamente anche il ciclismo nel sistema di affari in cui il profitto detta le scelte e le agende dello sport.
A proposito di agende, in quella della prevista kermesse gerosolimitana figura, dal 13 al 15 maggio, la "Marcia delle nazioni: dall’Olocausto alla nuova vita”. Stando al testo del programma (mon2018.com), si prevede che si raccolgano a Gerusalemme migliaia di cristiani provenienti da tutti i paesi per prendere parte a un convegno speciale. "Insieme con israeliani di ogni segmento della società, le masse dei credenti in Cristo marceranno dalla Knesset al Monte Zion e recheranno onore ai sopravvissuti dell’Olocausto, dimostrando pubblicamente che le nazioni si ergono a fianco d’Israele per dire ‘No!’ all’antisemitismo”.
Infine, ciliegina sulla torta, è del 16 marzo la notizia che la Commissione giustizia della Knesset sottoporrà, nelle prossime settimane, al parlamento un pacchetto di leggi che trasformano def ...[continua]

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