Quanto sappiamo delle migrazioni africane? Al di la degli esiti tragici, che giustamente occupano le prime prime pagine e i titoli di apertura, quali sono le dinamiche in cui la migrazione affonda le radici nei luoghi di origine? Che effetto ha la trasformazione delle aree rurali nel determinare i movimenti delle persone? Conoscere queste dinamiche è importante per capire cosa si può fare per accompagnare i movimenti migratori, e promuoverne gli aspetti positivi. In passato le migrazioni hanno costituito una via di ricollocazione delle risorse umane verso usi più proficui e vite migliori. La migrazione ha promosso accumulazione e sviluppo della produttività e dei redditi tanto nei luoghi di origine quanto in quelli di destinazione, sia pure attraverso storie più o meno umanamente dolorose. Migrare dalle campagne del Mezzogiorno italiano per andare a lavorare nelle fabbriche del Nord, o per colonizzare terre vergini in America meridionale ha costituito una prospettiva di sviluppo, che attraverso le rimesse e i ritorni ha favorito l’investimento anche nei luoghi di origine. Negli ultimi decenni, tuttavia, si è gradualmente ridotta l’attrattività dei luoghi di destinazione. Ci sono meno fabbriche in cerca di manodopera pronte ad accogliere contadini provenienti da campagne sovraffollate, meno terre vergini da mettere a coltura; e la destinazione di chi lascia campagne remote è più spesso una periferia urbana povera e sovraffollata, popolata di attività informali.

Demografia, agricoltura e clima in Africa sub-Sahariana
L’Africa sub-Sahariana è un caso unico per le proporzioni della sua storia demografica. La popolazione è aumentata di 645 milioni di persone tra il 1975 e il 2015, e ci si attende che aumenti di circa 1,4 miliardi entro il 2055. Sempre stando alle previsioni, per quell’epoca l’Africa sub-Sahariana potrebbe essere l’unica regione al mondo in cui la popolazione delle zone rurali continua a crescere. Ad oggi, la pur rapida urbanizzazione dell’Africa subsahariana non si è accompagnata a una altrettanto rapida industrializzazione. Le città sono preda di attività informali e precarie, e offrono poche opportunità di lavoro formale. Questo mentre ci si attende nei prossimi anni una massiccia espansione della forza lavoro, che segue la crescita demografica: circa 380 milioni di persone entreranno nel mercato del lavoro entro il 2030. Di queste, circa 220 milioni sono quelle residenti in zone rurali. Potrebbe accentuarsi, in queste condizioni, la tensione che già c’è nel rapporto fra popolazione e risorse: proprio coloro che più direttamente dipenderanno dall’agricoltura per il proprio reddito e il proprio consumo si troveranno ad avere a disposizione scarse risorse produttive. Da qui verrà una necessità urgente di diversificazione economica, e di creazione di posti di lavoro nelle aree rurali. Inoltre il cambiamento climatico avrà un impatto sulle risorse disponibili per l’agricoltura, variandone la qualità e la distribuzione. Tutto questo spingerà le persone a spostarsi sempre di più, e anche in forma più rapida e precaria, in cerca di opportunità.
La Fao sta dedicando molta attenzione a questi temi, sia con la Giornata Mondiale dell’Alimentazione del 2017, centrata sulle migrazioni, sia con il prossimo Rapporto Annuale sullo Stato dell’Agricultura (lo State of Food and Agriculture 2018 Report Report, ancora in preparazione) sia con altre iniziative. Fra queste, la recente pubblicazione di un Atlante intitolato "L’Africa rurale in movimento. Le dinamiche e le determinanti della migrazione a sud del Sahara” (Rural Africa in motion. Dynamics and drivers of migration south of the Sahara) frutto di una collaborazione con il Centro Francese per la Ricerca Agricola per lo Sviluppo Internazionale (Cirad), e il Centro per lo Studio dell’Innovazione nella Governance (GovInn) del Sud Africa. L’atlante evidenzia il ruolo fondamentale che le aree rurali svolgono e continueranno a svolgere nei movimenti migratori dei prossimi decenni.

Le migrazioni interne
L’Africa sub-Sahariana è in movimento, ma soprattutto al suo interno. Circa tre quarti di coloro che migrano si muovono all’interno di quell’area. Le estremità occidentali e orientali sono le più dinamiche; vi si contano, al 2015, circa 5,7 e 3,6 milioni di migranti, rispettivamente. Circa la metà dei migranti del Kenya e del Senegal, per esempio, si spostano all’interno delle frontiere nazionali; questa quota raggiunge l’80% nel caso dell ...[continua]

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