Una buona notizia. Per la prima volta dopo venticinque anni di carcere ho potuto mettere piede in una struttura che non ha nulla a che fare con il carcere. Mi hanno permesso di andare all’Università della Bicocca per la proiezione del film "Spes Contra Spem”, al quale ho partecipato. Certo non è un vero permesso, visto che ci sono andato con la scorta, ma è pur sempre una cosa diversa dal solito.
Le mie impressioni. Davvero una strana giornata per me. Dopo un quarto di secolo al chiuso mi ritrovo in un ambiente completamente estraneo a me. L’Università era davvero straordinaria, non ero ammanettato (non ci sarei andato) e la scorta era in borghese. Ci avviamo verso l’aula di giurisprudenza, era bellissima! La sua formazione era come un teatro greco, con i tavoli a mezzaluna, interrotti solamente dalle scale che salivano in alto. Al centro in basso la cattedra.
In un primo momento, quando sono sceso dal furgone e sono entrato dentro all’Università, ho domandato a un uomo della scorta che era accanto a me se camminavo diritto o barcollavo. Avevo la sensazione di non avere l’equilibrio necessario per andare in linea retta. È stato bello poter parlare agli studenti. Dopo l’evento siamo andati al bar, sempre dentro la stessa struttura. Quello che mi ha colpito è stato l’odore dei cornetti caldi e il rumore di tazze. Mi sono fermato all’entrata per assaporare quel momento. Un senso di libertà mi ha completamente pervaso fin dentro l’anima. Hanno ordinato un caffè anche per me. Non bevevo quel nero liquido caldo dentro una vera tazzina da venticinque anni. Quello che mi è sembrato strano è il peso del cucchiaino e anche della tazzina. Quel caffè era davvero buonissimo.
Un’altra bella impressione è stata quando per fumarmi una sigaretta ci siamo dovuti recare in un’altra uscita dove c’era una specie di atrio all’aperto con un posacenere gigantesco, un vaso per piante pieno di terra e cicche. Lì c’erano ragazzi che fumavano, e noi ci siamo mischiati insieme a loro per soddisfare questa cattiva abitudine del fumo.
Vedere passare così tante auto a pochi metri da me (non ne ho riconosciuta neanche una, tutti modelli a me strani…) mi ha fatto capire che in fondo sono ancora vivo, che appartengo a questa società, ci sono e ci voglio rimanere. Ma tutto sommato continuo a pensare che questa uscita mi abbia fatto più male che bene. Io mi ero "rassegnato” al mio destino. Adesso, dopo aver assaggiato, anche se per poche ore, la libertà, beh, ho capito pienamente cosa mi sono perso e quello che ho visto adesso lo voglio!
Non ho mai pensato alla libertà. L’ho sempre tenuta lontano dai miei pensieri, ora invece è dominante nella mia mente.
Ho già perso abbastanza, ho dato tutto quello che potevo, adesso non ho nulla più da dare. Tenermi ancora qui dentro sarebbe solo una vendetta da parte della giustizia, e la vendetta non è giustizia. Ma sono nelle loro mani e non posso farci nulla, sono impotente nelle mani dei potenti, possono chiudere la mano e schiacciarmi oppure possono aprirla di più e lasciare che io vada per la mia nuova strada. Troppe notti senza luna e senza stelle. Voglio riappropriarmi di tutto questo, della vita, della libertà.
Alfredo Sole, carcere di Opera