Ermetismo: ovvero audacia metaforica di uno stile che sconfina nell’oscurità e poesia come essenza della vita. Con queste due formule generali può essere riassunta la novità, la svolta poetica degli anni Trenta e dei primi anni Quaranta. È con la Resistenza e con la fine della guerra che la poetica e lo stile dell’ermetismo verranno scavalcati fino a essere messi sotto processo.
Eppure ancora un decennio più tardi, quando Hugo Friedrich pubblicò in Germania il suo studio La struttura della lirica moderna, uscito nel 1956 e tradotto nel 1961 in Italia, poteva sembrare che internazionalmente i libri di poesia italiani più tipicamente moderni, tali da essere allineati a quelli di Valéry, Lorca, Eliot, fossero Sentimento del tempo di Ungaretti (1933) e Le occasioni di Montale (1939): i loro libri più impenetrabili e refrattari all’interpretazione. Perciò, sebbene l’ermetismo sia stato una vicenda cruciale ma cronologicamente breve, rimase a lungo l’emblema della poesia moderna in Italia. Un modo di scrivere che poteva essere compreso solo se si risaliva al simbolismo francese del secondo Ottocento e al primo romanticismo tedesco. È quanto faceva lo stesso Friedrich collocando l’origine della poesia "assoluta” fra gli Inni alla notte di Novalis (1797) e i Frammenti critici di Friedrich Schlegel (1798). Secondo Novalis era "la sacra, ineffabile, misteriosa notte”, era la sua "malinconia profonda” a ispirare poesia. Secondo Schlegel, l’incompiutezza, la frammentarietà e la solitudine erano le caratteristiche della poesia nuova: "Molte opere degli antichi sono divenute frammenti. Molte opere dei moderni nascono come frammenti”. E ancora: "Un frammento è simile a una piccola opera d’arte, deve essere completamente separato dal mondo circostante e perfetto in se stesso come un riccio”. Infine: "Non curare la moltitudine è morale. Onorarla è giuridico”.
Quando Giacomo Debenedetti, nelle sue lezioni del 1958-’59 sulla Poesia italiana del Novecento, dovrà parlare di modernità poetica comincerà con un capitolo intitolato "L’ermetismo di Mallarmé”, senza il quale sarebbe risultato impossibile spiegare tanto Le occasioni di Montale che Il sentimento del tempo di Ungaretti.
La poesia cosiddetta "ermetica” era stata annunciata dalla "poesia pura” (da Mallarmé a Valéry), da una poesia cioè che escludeva riferimenti alla comune realtà e si presentava priva di preoccupazioni comunicative. Poesia che nasceva da se stessa e dai propri autogeni procedimenti verbali: lontani dalla vita, in apparenza, ma fedeli, in profondità, all’essenza sfuggente della "più vera” vita. Linguisticamente, ai nessi logici venivano preferiti o sostituiti nessi analogici, le più libere e suggestive associazioni verbali, sensoriali, visionarie. Ed ecco quindi che si spiega la prima, negativa definizione dovuta a un critico crociano "di destra” come Francesco Flora, che nel 1936 pubblicò il libro polemico La poesia ermetica.
La "seconda tappa” nella storia dell’ermetismo italiano, dice Debenedetti, arrivò quando, nel 1938, la nuova poesia fu "accompagnata da una critica dello stesso nome. Questa simultaneità di ermetismo poetico ed ermetismo critico fu una delle caratteristiche del movimento”. Ma "fino a che punto l’ermetismo italiano è o non è una deduzione da premesse simbolistiche, che più o meno, e quasi contemporaneamente, forse con qualche anticipo, si manifesta in tutta la poesia occidentale?”.
Non si trattò di un fenomeno gratuito e arbitrario, ma di un fenomeno culturale storicamente motivato: "Da noi si diedero spiegazioni italiane dell’ermetismo, tratte da condizioni particolari della vita italiana (...). Si disse che in quel periodo di fascismo, in cui la censura impediva di parlar chiaro, l’unico partito che rimaneva, per salvare in sé l’uomo, era di parlare oscuro. Enunciata così, la cosa parrebbe superficiale, una sorta di commedia di rivincite e di ripicchi, mentre comica non era affatto. L’uomo, escluso da una società a cui non si sentiva di appartenere, cercava il fondo di se stesso, magari un fondo individuale, asociale. Fu subito famosa, in quegli ultimi anni del fascismo, una polemica tra Russo e De Robertis, nella quale si tendeva a stabilire se gli ermetici fossero anche antifascisti”.
Tuttora, se si vuole, se ne potrebbe discutere. Debenedetti però vuole chiarire un ulteriore, ben più remoto e complesso presupposto: "Ermetismo, come si sa, è il nome dato a certe dottrine e speculazioni sapienziali-iniziati ...[continua]

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