Sarah Helm è una giornalista e scrittrice inglese. Quella che segue è la trascrizione della presentazione de Il cielo sopra l’inferno (Newton Compton, 2015), tenutasi  a Forlì venerdì 16 ottobre nell’ambito di 900fest, Festival europeo di storia del Novecento. Ad aprire l’incontro le relazioni di Marie-Anne Matard-Bonucci (Università di Parigi III) e Marcello Flores, direttore storico dell’Insmli.

Marie-Anne Matard-Bonucci
Vorrei ringraziare gli organizzatori per avermi dato la possibilità di leggere questo libro importante, e salutare quest’iniziativa di traduzione in italiano. Ho saputo con piacere che sarà presto tradotto anche in francese. Il campo di Ravensbruck è probabilmente più importante nella memoria della deportazione in Francia rispetto all’Italia perché diverse figure notevoli di partigiane  vi furono deportate: basta ricordare  Germaine Tillion, o Geneviève de Gaulle-Anthonioz, nipote del generale De Gaulle.
Raccontare la storia di Ravensbruck non era un impresa facile. I nazisti hanno cercato di nascondere ciò che succedeva nei campi di concentramento e più ancora nei centri di sterminio. Quando ne hanno avuto la possibilità -è stato il caso di Ravensbruck- hanno distrutto gli archivi, però riuscendo raramente a occultare completamente tutte le atrocità di cui i campi furono il teatro. La ricostruzione di Sarah Helm si fonda su documentazione d’archivio, ma anche su testimonianze pubblicate. Questa documentazione è stata arricchita dalle testimonianze delle sopravvissute da lei raccolte, interviste molto interessanti.
Leggendo il libro mi è tornata alla mente una riflessione della storica francese Annette Wieviorka. Sottolineava il fatto di scoprire ancora cose nuove sul sistema concentrazionario dopo decenni di ricerche; cose sorprendenti e terrificanti: come se non si toccasse mai il fondo dell’orrore.
Dalla lettura di questo volume, si evince che Ravensbruck fu un campo tipico e al contempo atipico. Quando fu aperto, nel ’39, vi si ritrovavano quasi tutte le categorie di deportate: le politiche, che sono le più numerose, le donne ebree, tra cui le ebree "protette” (originarie di Paesi alleati della Germania o neutrali), le zingare, le testimoni di Geova, le prostitute, e poi le delinquenti ecc. Una società complessa, articolata, declinata all’interno di un universo esclusivamente femminile.
Negli anni, la popolazione del campo cambia notevolmente: inizialmente ci sono soprattutto donne tedesche, ma a poco a poco si aggiungono altre nazionalità e alla fine assistiamo a un vero caleidoscopio con più di una ventina di nazionalità. La ricerca di Sarah Helm descrive molto bene i rapporti tra queste nazionalità, la solidarietà ma anche i dissensi, le lotte. È interessante notare come in base alle diverse nazionalità, e alle storie dei singoli paesi, si manifestino comportamenti specifici: le francesi, ad esempio, hanno al reputazione di essere toste, un po’ "protestataire”, contestatrici, mentre le russe, perlopiù comuniste, hanno questo senso dell’organizzazione che aiuta la sopravvivenza.
Il campo di Ravensbruck è stato un campo di concentramento, ma anche di sterminio,  con una camera a gas. Parliamo pertanto di un sistema concentrazionario complesso. Purtroppo, proprio da questa complessità spesso i negazionisti traggono argomenti, appellandosi a una presunta contraddittorietà delle testimonianze.
Ecco, devo dire che, riguardo questo aspetto, l’autrice è stata molto abile: quando rilevava una discordanza tra una testimonianza e l’altra, la esplicitava approfondendo. Questo secondo me è l’approccio più corretto. Non solo perché il processo di trasformazione che opera la memoria è naturale. Ma anche perché questi campi erano proprio "universi” molto disparati: tra un comando e l’altro, un blocco e l’altro, una nazionalità e l’altra potevano esserci vissuti molto diversi. Questo campo ha un’ulteriore triste peculiarità sulla quale l’autrice si sofferma molto e sono gli esperimenti pseudo medici. Su questo ci sono tantissime testimonianze, a volte difficili da sostenere.
Voglio concludere sottolineando alcuni meriti di questa ricerca. Intanto l’efficacia della narrazione. C’è spesso un andirivieni tra il presente della testimonianza e il passato dei ricordi; quando Sarah Helm va a intervistare una sopravvissuta, a Parigi, c’è una descrizione della casa, dell’anziana signora, ma viene raccontato anche il modo in cui i ricordi, sollecitati, emergono. È come se l’autrice avess ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!