Il 20 settembre 2014 si è tenuto a Forlì un incontro promosso dalla Fondazione Alfred Lewin e dalla Fondazione Roberto Ruffilli, dal titolo: "La forza delle idee. Ezio Tarantelli: sviluppo, equità e occupazione”, con Andrea Ginzburg, già docente di Politica economica all’Università di Modena e Reggio Emilia, Riccardo Salomone, docente di Diritto del Lavoro all’Università di Trento, e Luca Tarantelli, figlio di Ezio e autore del volume Il sogno che uccise mio padre. Storia di Ezio Tarantelli che voleva lavoro per tutti, Rizzoli, Milano, 2013. Pubblichiamo l’intervento di Andrea Ginzburg.

Credo che dobbiamo essere grati a Luca Tarantelli per questo libro; aveva 13 anni quando Ezio fu assassinato dalle Br, all’uscita da un’aula della facoltà di Economia di Roma. Il libro è un doppio itinerario: è un itinerario alla ricerca di suo padre, della sua personalità, del suo tempo, e contemporaneamente è un itinerario del suo autore alla ricerca di se stesso. Un modo di riuscire finalmente a elaborare un lutto che l’aveva paralizzato per molti anni.
Il libro ci restituisce una persona in carne e ossa con le sue straordinarie capacità, ma anche con i suoi punti deboli, le sue fragilità, la sua vita fatta di relazioni, affetti, esperienze. Questo ritratto ci aiuta a cancellare la riduzione a simbolo compiuta dai brigatisti, ma anche a superare, per noi e per lo stesso Luca, l’astratta figura pubblica dell’eroe, del martire, che rende difficile, forse impossibile, elaborare un lutto. Il libro ci permette di ricostruire, avvicinandolo a noi, questa vita stroncata dalla violenza.
Ezio è morto per aver affermato con tenacia, forza e ostinazione delle idee. È morto per delle idee, non per altro che per delle idee. Ezio era un uomo di sinistra. Il libro di Luca serve a restituirgli, al di là di tutte le strumentalizzazioni fatte dopo la sua morte, anche questo profilo. Ciò naturalmente non vuol dire che la sua impostazione teorica o le sue proposte siano necessariamente condivisibili da tutti. Caffè, uno dei suoi maestri, e Tonino Lettieri, suo amico, pur stimandolo e affettuosamente rispettandolo, avevano riserve rispetto alle sue proposte sulla scala mobile, ma questo non c’entra niente; il dissenso, che nutrivo anch’io, rispetto alle specifiche proposte nulla toglie alla stima e al riconoscimento per il grandissimo lavoro teorico e pratico che Ezio ha fatto.
Voglio fornire un rapido resoconto dell’indice per chi non ha letto il libro. C’è un primo capitolo in cui si ricostruisce il terreno familiare, raccontando anche del padre di Ezio e del periodo in cui era senza lavoro; il libro suggerisce che quest’esperienza difficile, che seguiva invece una fase di agiatezza, può aver spinto Ezio a occuparsi con particolare attenzione e partecipazione del tema della disoccupazione. Questa parte della ricostruzione l’ho trovata splendida. Effettivamente aiuta a collocare Ezio nel suo ambiente e anche a far capire da un lato le responsabilità che si è dovuto assumere fin da giovanissimo nei confronti della famiglia, dall’altro la sua fortissima tenacia per uscire dal suo ambiente d’origine. Una parte importante in questa sua uscita da quella che poteva essere un’angustia iniziale, certamente l’ha svolta l’incontro con Carole, che studiava nella biblioteca del Massachusetts Institute of Technology, dove con Ezio eravamo studenti a metà degli anni Sessanta.
Al primo capitolo, che dà questo sfondo, segue un capitolo importante che riguarda il salto generazionale, su cui tornerò, un tentativo di ricostruire cos’è stato il ’68. Segue un capitolo intitolato "Invertire la cinghia di trasmissione”. La cinghia di trasmissione è quella che collegava normalmente il sindacato al partito; invertire la cinghia significa partire dal sindacato per coinvolgere il partito, partire quindi dai lavoratori per attuare le riforme. Nel capitolo forse più importante, "La quadratura del cerchio”, si rievoca la discussione sui punti di scala mobile. Il capitolo "Migliaia di nemici” parla di queste aspre discussioni ma anche, ahimè, della tragica fine. E l’ultimo capitolo riguarda l’utopia, il sogno come base del progresso della scienza, la necessità di ricercare delle vie per superare l’esistente laddove questo ci sembra carico di ingiustizie e di disuguaglianze. Il caricare troppo l’accento sulla parola sogno, utopia, forse indebolisce il messaggio. In realtà, in Ezio era costante la pragmaticità nel cercare vie d’uscita; certamente alla fine ...[continua]

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