Calcoli complessi
(e informazioni mancanti)

In primo luogo, alcuni dati disponibili non fanno riferimento ai cittadini stranieri ma ai nati all’estero e comprendono anche molti cittadini italiani. Inoltre, non è semplice isolare la componente di spesa riconducibile agli stranieri, specie in alcuni casi (come ad esempio la sanità o la scuola) i cui costi fissi resterebbero tali anche senza la presenza straniera. Infine, non è sempre possibile "monetizzare” tutti gli aspetti legati all’immigrazione. L’impatto delle migrazioni, infatti, non si limita ai flussi finanziari in entrata e in uscita. Basti pensare all’apporto dei lavoratori stranieri al sistema economico nazionale o al sistema di cura nelle famiglie o, dall’altro lato, ai costi sociali dovuti ai conflitti interculturali. Nonostante questa avvertenza, stimare il bilancio tra la spesa pubblica e il contributo economico attribuibile ai lavoratori stranieri e alle loro famiglie consente di fotografare la situazione reale al netto di stereotipi o argomentazioni ideologiche. I dati disponibili sui redditi dichiarati e sulle imposte versate non presentano la suddivisione per cittadinanza, ma solo per paese di nascita. A partire da questo dato complessivo, è possibile stimare i valori riferiti alla popolazione straniera, utilizzando i dati Istat sulle forze lavoro (disponibili invece per cittadinanza). Considerando che l’ultimo dato disponibile su redditi e imposte fa riferimento alle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2013, tutti i dati qui riportati si riferiscono al 2012.
Le entrate generate dagli stranieri
Per quanto riguarda i redditi, partendo dall’ipotesi di poter attribuire agli occupati di ciascuna nazionalità il reddito medio pro capite dichiarato dai nati nello stesso paese, si può stimare che i 2,3 milioni di occupati stranieri dichiarino un reddito complessivo pari a 25,9 miliardi di euro, pari a circa 11.100 euro pro capite, cui corrisponde un gettito Irpef pari a circa 4,9 miliardi di euro. Vanno tuttavia considerate anche altre voci di entrata: ipotizzando che il reddito delle famiglie straniere sia speso in consumi soggetti a Iva per il 90% (escludendo cioè rimesse, affitti, mutui e altre voci non soggette a Iva), il valore complessivo dell’imposta indiretta sui consumi arriva a 1,4 miliardi di euro. Considerando che i cittadini stranieri sono intestatari di 2,8 milioni di auto (dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti aggiornati alla fine del 2013), si può stimare il gettito derivante dalle imposte sui carburanti in 300 euro pro-capite, per complessivi 840 milioni di euro annui. A questi si aggiungono circa 210 milioni annui per gioco del lotto e lotterie (5 euro medi mensili per 3,5 milioni di adulti stranieri). Anche i permessi di soggiorno rappresentano una fonte di introito per le casse dello Stato: considerando una spesa media di 200 euro pro capite per i permessi rilasciati per la prima volta o rinnovati nel 2012 (circa 1,2 milioni), la somma complessiva arriva a 240 milioni di euro. Inoltre, considerando una spesa media per le domande di acquisizione di cittadinanza italiana pari a 200 euro pro capite, le 66.000 naturalizzazioni del 2012 hanno fruttato al nostro paese 13 milioni di euro. Sommando le diverse voci sopra elencate, si ottiene un gettito fiscale di 7,6 miliardi di euro versati dai cittadini stranieri nel 2012, pari all’1,8% del volume complessivo di 423,9 miliardi. Considerando poi che, secondo l’ultimo dato ufficiale Inps (2009), i contributi versati dagli stranieri rappresentano il 4,2% del totale, si può stimare un gettito contributivo di 8,9 miliardi di euro. Il gettito fiscale e contributivo riconducibile alla presenza straniera in Italia raggiunge quindi i 16,5 miliardi di euro. Mediamente, ciascun lavoratore straniero ha versato nel 2012 circa 7.050 euro.
Le uscite imputabili agli stranieri
Alcune caratteristiche della struttura della spesa pubblica italiana aiutano a comprendere come l’incidenza delle uscite a favore degli immigrati sia assai modesta, malgrado diffusi pregiudizi in senso contrario. La spesa italiana è più alta di quella di altri paesi europei per le pensioni (15% del Pil), è in linea per la sanità ed è inferiore per l’istruzione. Mancano nel nostro paese strumenti di tutela dalla disoccupazione come il reddito minimo e sono debolissimi gli interventi per la casa, visto che il patrimonio di edilizia residenziale pubblica è tra i più modesti d’Europa. Considerando che, dopo le pensioni, la sanità è la voce di gran lunga più importante e che all’interno di questa circa l’80% della spesa è assorbita dalle persone ultra-sessantacinquenni, la spesa pubblica italiana risulta quindi fortemente orientata verso la popolazione anziana, in misura maggiore rispetto agli altri paesi europei. Tenuto conto che l’età media degli stranieri è più bassa di quella degli italiani, il loro utilizzo di servizi è presumibilmente inferiore nei settori previdenziale e sanitario, ma superiore in quello scolastico, dove però una parte preponderante della spesa è fissa, in quanto dovuta al personale che vi opera. Utilizzando stime basate sui costi standard, dati dal totale dei costi diviso per il numero degli utenti, la spesa pubblica complessivamente rivolta agli immigrati può essere stimata in 12,5 miliardi di euro, l’1,57% della spesa pubblica nazionale. Ripartendo il volume di spesa per la popolazione straniera nel 2012 (4,39 milioni), si ottiene un valore pro-capite di 2.870 euro.
Tiriamo le somme
Confrontando entrate e uscite, emerge come il saldo finale nazionale sia in attivo di 3,9 miliardi di euro. Come sottolineato da altre analisi recenti (Rowthorn 2008, Frattini , 2014), l’impatto fiscale netto degli immigrati è modesto in termini relativi (compreso generalmente tra ±1% del Pil in ogni paese), ma positivo: la spesa pubblica che gli immigrati generano a livello locale sui servizi viene infatti più che compensata dal loro gettito fiscale e contributivo a livello nazionale.

Tratto da neodemos.it
*Regione Emilia Romagna. Rappresentante delle regioni nel Comitato tecnico nazionale immigrazione