Come spesso è accaduto nella storia di questo Paese, c’è stata la rivoluzione... e tutto continua come prima. Naturalmente, è presto per ogni giudizio pessimistico sul risultato delle elezioni e sulla formazione del governo Prodi, quindi ci auguriamo di essere smentiti. Scrivendo queste righe, il 17 maggio 2006, è però forte la sensazione che i primi segnali provenienti dal Palazzo siano poco incoraggianti. Ne citiamo tre: primo, l’intervista di Fassino al “Foglio” di Giuliano Ferrara, dimostrazione di una preoccupante ignoranza costituzionale e di una, altrettanto discutibile, propensione a “dare garanzie” a Berlusconi in cambio dell’elezione di Massimo D’Alema alla Presidenza della Repubblica. Secondo, l’avventata proposta di Prodi di nominare Gianni Letta, un dipendente a vita di Berlusconi, a commissario del calcio italiano. Terzo, la risposta alla più urgente delle crisi lasciate in eredità dal berlusconismo, e cioè la giustizia: Clemente Mastella è il nuovo guardasigilli.
Segnali negativi, segnali che i vecchi poteri non sono ancora sconfitti e che regnano soprattutto nella testa di chi dovrebbe fare pulizia. Speriamo di sbagliarci e passiamo ad analizzare più in dettaglio cos’è successo negli ultimi due mesi.
Il punto di partenza è che una serie di coincidenze hanno trasformato le ultime elezioni politiche nella versione italiana della Caduta degli Dei. Il 9 aprile 2006 l’Italia aveva tre padroni: Silvio Berlusconi (televisioni e politica), Bernardo Provenzano (mafia) e Luciano Moggi (calcio). Alcune istituzioni di garanzia, la Presidenza della Repubblica, la Banca d’Italia, gran parte della magistratura, una parte della stampa rimanevano al di fuori del controllo del regime, ma nessuno aveva dubbi sul fatto che un risultato elettorale favorevole al centrodestra avrebbe portato anche loro sotto il tallone dell’ex presidente del Consiglio, nei prossimi cinque anni, o forse anche prima se la riforma della Costituzione fosse stata confermata dal voto popolare il prossimo 25 giugno.
Nel giro di soli 37 giorni, tutto è cambiato: Silvio Berlusconi è stato sostituito da Romano Prodi, anche se rimane il capo dell’opposizione e il proprietario di un vasto impero editoriale. Berlusconi non è riuscito a impedire che la coalizione di centrosinistra eleggesse il presidente della Camera, il presidente del Senato e, soprattutto, il Presidente della Repubblica, manovrando alquanto goffamente le sue truppe.
Bernardo Provenzano è stato catturato lunedì 10 aprile, in un casolare vicino al villaggio dov’era nato e ora è in carcere. Dopo anni di sorveglianza, la polizia è riuscita ad arrivare fino a lui seguendo i suoi messaggeri: uomini di fiducia che portavano i biglietti scritti a macchina con cui dava ordini ai suoi picciotti e anche a imprenditori, politici, professionisti. Ora metà della Sicilia trema, in particolare i molti politici che avevano chiesto (e ottenuto) i voti della mafia negli anni scorsi. Che ne sarà di Totò Cuffaro, il presidente uscente della Regione, indagato dalla Procura di Palermo e minacciato da un candidato temibile come Rita Borsellino?
Infine, Luciano Moggi, un manager della Juventus, la squadra della famiglia Agnelli, è ancora libero ma forse per poco: la magistratura ha registrato decine di migliaia di sue telefonate e lo accusa di frode sportiva, associazione per delinquere e altri reati. La Federazione calcio ha come commissario Guido Rossi, un rispettato avvocato, che è stato anche presidente di grandi aziende come Telecom e senatore della sinistra.
Questi tre avvenimenti insieme assumono un vago sapore di 8 settembre per i poteri forti di ieri: il centrodestra si aggrappa disperatamente al referendum di giugno per cercare di risorgere; Provenzano non collabora ma la decifrazione dei suoi “pizzini” potrebbe portare altri duri colpi alla mafia; Moggi ha già dichiarato di voler abbandonare il calcio e la sua unica speranza, nel breve periodo, è quella di non finire in cella.
Questo brutale Götterdämmerung era iniziato, in realtà, nel 2005. L’anno scorso erano successe due cose importanti: la sconfitta del centrodestra alle regionali anche in zone come Piemonte, Puglia e Lazio che tradizionalmente votavano per Forza Italia e i tentativi di scalata alla Banca Antonveneta e al Corriere della sera. Le elezioni regionali sono state importanti perché hanno convinto una parte del centrodestra che la sconfitta era inevitabile e che quindi occorreva prepararsi in tempo a un “ric ...[continua]

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