Giovanni Damiani, biologo, è tecnico di laboratorio presso il Presidio di Igiene e Prevenzione dell’Usl di Pescara. Dal ’90 è consigliere regionale verde alla Regione Abruzzo e dal maggio ’94 assessore all’Ambiente della Regione Abruzzo.

Tu critichi l’uso dell’analisi chimica per il rilevamento dell’inquinamento delle acque. Puoi spiegare il perché?
L’analisi chimica ti dà per ciascun parametro la concentrazione espressa da un numero con una virgola e dei decimali e quindi un’impressione di grande affidabilità, di certezza: dietro numeri molto precisi in genere si suppone che ci siano delle certezze. In realtà, l’analisi chimica sempre di più si dimostra assolutamente incapace, da sola, di definire la qualità di un’acqua, per esempio di un’acqua di fiume e per vari motivi. In primo luogo, perché noi non sappiamo come dev’essere chimicamente quel fiume: ciascun fiume è diverso da un altro e le caratteristiche dell’acqua di un fiume si modificano via via che dalla sorgente si procede verso la foce. Non conoscendo le caratteristiche di riferimento non abbiamo criteri in base ai quali l’analisi chimica possa dirci: “questo è buono, questo non è buono”.
In secondo luogo, con l’analisi chimica si ottengono per tantissimi parametri (in particolare per quelli dovuti all’inquinamento) risultati molto variabili. Mentre taluni parametri legati a caratteristiche naturali sono abbastanza stabili, le concentrazioni dei detersivi, dei fosfati, dei fenoli possono cambiare anche del 500-600% rispetto al dato che tu trovi come dato medio. E’ evidente che un dato medio con un’oscillazione simile non ha alcun valore, alcun significato: potrebbe non esserci nulla oppure potrebbe esserci 500 volte tanto. In terzo luogo, l’analisi chimica è riferita a un campione dentro la bottiglia portato in laboratorio, e non si sa cosa è successo nel fiume un’ora o 10 minuti prima del prelievo o cosa succede nel momento in cui si fanno le analisi. Anche il ripetere frequentemente le analisi, per tentare di estrapolare qualcosa con i metodi statistici, non sarebbe sufficiente perché i metodi statistici presuppongono la casualità degli eventi mentre l’inquinamento non è casuale, ma dettato dalle abitudini dell’uomo. In realtà dovremmo avere una tale conoscenza del territorio per capire quanto pesa quel risultato ottenuto rispetto alla totalità dell’anno: potrebbe pesare pochi minuti, potrebbe pesare invece per mesi. Basta pensare ai periodi in cui si fanno i trattamenti agricoli: troverai bombe di nitrati in acqua, se è piovuto.
Il quarto problema dell’analisi chimica è che essa è mirata -routinariamente- a svelare la presenza di determinate poche molecole: le migliori analisi chimiche sulle acque che facciamo con metodi tradizionali, si basano su una quarantina di parametri, mentre noi sappiamo che le sostanze chimiche prodotte e diffuse nell’ambiente, essendole estranee e in genere biocide, sono milioni. Oggi esiste uno strumento che è un gioiello dell’analisi chimica (si chiama gas-massa ed è un cromatografo di massa) col quale possiamo analizzare alcune decine di migliaia di sostanze, poco più di 40 mila. Faccio presente che dal 1950 ad oggi abbiamo prodotto oltre 10 milioni di sostanze di sintesi sconosciute all’ambiente. Si stima che comunemente ne circolino nell’ambiente 70 mila (si pensi ai detersivi, agli olii dei motori, alle aziende artigiane, alle lavanderie, ai prodotti o liquidi fotografici, ai prodotti della casa. Di queste 70 mila, almeno 40 mila sono già conosciute come biocide, cioè in grado di colpire la vita, nelle sue varie forme e quindi sicuramente dannose per l’uomo.
Un altro problema ancora è che molte sostanze agiscono in traccia, quindi sfuggono alle analisi chimiche comuni, perché restano al di sotto della soglia di rilevabilità tecnica. Noi, in definitiva, non possiamo analizzare tutto quello che c’è, ma solo quello che c’è in maniera più massiccia e così ci sfuggono delle sostanze che, pur agendo in traccia, possono concentrarsi negli organismi vegetali e animali e, attraverso le catene alimentari, produrre la cosiddetta “magnificazione alimentare”, un incremento di concentrazione da un passaggio a un altro.
Quindi, l’analisi chimica da sola è altamente insufficiente. E lo è ancor più nei sistemi complessi, come i sistemi naturali, dove le componenti vitali e abiotiche sono tutte tra di loro collegate ad un livello di organizzazione gerarchica della materia ad “altissimo contenuto di informazi ...[continua]

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