Katha Pollitt è una scrittrice femminista statunitense. Ha una rubrica sul settimanale “The Nation” e collabora con carie pubblicazioni, tra cui “The New Yorker”, “The Atlantic”, “New Republic”, “The New York Times”, “The London Review of Books”. Ha scritto Pro: reclaiming abortion rights (Picador 2014).

I cosiddetti pro-choice, cioè il movimento a difesa della libertà di scelta della donna riguardo all’aborto, da anni avevano messo in guardia sul fatto che tale diritto fosse a rischio, ma non sono mai stati presi sul serio. Ora siamo al dunque. Ti aspettavi che sarebbe successo tutto questo?
È una questione interessante. Dalla divulgazione della bozza della sentenza del giudice Alito, credo che tutti avessero intuito cosa stesse per accadere. Ma già prima in molti avevano capito che si era arrivati al dunque, e cioè che gli altri avevano i voti: anche senza il giudice Roberts, avrebbero potuto ribaltare la sentenza Roe, contando comunque su cinque voti.
Ora, c’è sempre qualcuno che pensa che no, la situazione non sarà mai così brutta come si teme… c’è un proverbio tedesco che dice: “La zuppa non viene mai servita così bollente come quando è stata cucinata”, che vuol dire che le cose non saranno mai brutte come si crede. Ma talvolta, invece, le cose vanno proprio male come si temeva. Io avevo immaginato che non si sarebbero spinti fino a ribaltare la sentenza Roe contro Wade; che avrebbero consentito l’introduzione di tutte le restrizioni proposte così da rendere essenzialmente indisponibile l’aborto negli stati a maggioranza repubblicana, e che questo sarebbe potuto essere praticato solo in quelli a maggioranza democratica. Questo avrebbe evitato la tempesta politica che l’abolizione della Roe ha provocato. Si trattava di un pensiero lecito supponendo che fossero intelligenti e che avessero a cuore l’aspetto politico.
La verità purtroppo è che parliamo di persone fondamentalmente religiose, reazionarie e conservatrici: la loro idea è che ciò che Gesù avrebbe voluto va imposto a tutti. O meglio: ciò che loro pensano fosse il volere di Gesù. Per cui, venendo alla domanda, direi che questa è stata una sveglia per molte persone ancora convinte che non potesse accadere una cosa del genere: “L’aborto è ormai legale da cinquant’anni, non riusciranno a portarcelo via...”. Beh, ben svegliati!
All’indomani della notizia, hai mandato agli amici una mail in cui sottolineavi le responsabilità dei democratici, che sul diritto all’aborto hanno tergiversato... Hai scritto: “Quando i repubblicani ottengono il potere lo sfruttano al massimo, invece quando lo ottengono i democratici esclamano: ‘Santo cielo, cos’è questa cosa?!’”.
È così. I repubblicani non sono sempre stati così, ma ora sono effettivamente diventati un partito intento a soddisfare tutte le istanze della destra religiosa: sono fermamente contrari all’immigrazione, sono convintamente cristiani (con tutto quello che intendono per l’essere cristiani) e, certo, vogliono il potere, non è chiaro se per realizzare un programma pro-corporation, anti-popolo o per quale altro motivo. Indubbiamente il popolo degli anti-abortisti è politicamente molto unito: quello per loro è un argomento decisivo.
Per quanto riguarda i democratici, è tutta un’altra storia; sono un partito tendenzialmente più centrista, pur con tendenze progressiste, per cui cercano di non perdere troppi voti tra le fila più conservatrici, e inoltre, per lungo tempo, anche tra i democratici al potere ci sono stati molti anti-abortisti. Ora non più perché molte di queste figure sono morte o si sono ritirate dalla politica, per cui solo oggi la questione dell’aborto è tornata a essere una linea di demarcazione netta tra i due partiti. Il fatto è che gli anti-abortisti sono un gruppo molto infervorato; tra loro ci sono molti elettori single-issue, cioè che votano sulla base dell’orientamento rispetto a un unico argomento: “Questo è ciò a cui tengo, è in base a questo che voterò. Non mi interessa nient’altro”. Lo abbiamo visto con Trump; a questi cristiani, tra virgolette, non interessava come lui parlasse delle donne, se le molestasse o addirittura le stuprasse, se si esprimeva in modo orrendo nei confronti di altre persone; ciò che contava era portare certi giudici alla Corte suprema, cosa che lui aveva promesso e che in effetti ha realizzato.
Ora, ciò che rimane da vedere è se, nel momento in cui il diritto all’aborto non gode più di una protezione legale a livello federale, i pro-choice finalmente si sveglieranno; se le persone che finora avevano escluso questo rischio, quelli che sostenevano: “Ma sì, andrà tutto bene, e comunque io non avrò mai bisogno di un aborto” si renderanno conto della situazione in cui ci troviamo oggi.
Cosa sta succedendo ora negli Stati in cui il divieto è in vigore? Cosa stanno facendo le donne, chi le aiuta? Cosa rischiano?
Credo che in quegli stati ci sia molta confusione al momento. Nessuno sa ancora con esattezza se e in che modo potrai essere imputabile se aiuti qualcuno; molti enti che fornivano aiuti per l’aborto (per esempio erogando contributi per aiutare le persone a raggiungere altri stati) hanno sospeso queste azioni, perché hanno paura di incorrere in arresti per complicità. Quello che stanno mettendo in piedi i repubblicani negli stati dove è in atto il divieto, i cosiddetti “Ban States”, è incredibile. Stanno cercando di approvare leggi che escludano anche lo stupro e l’incesto come motivi validi per ottenere un aborto legale; leggi che non tengono conto dei rischi per la salute della madre, di gravidanze extrauterine, aborti spontanei. Ci sono già stati alcuni casi -e questa è davvero una cosa orrenda- in cui neanche di fronte ad aborti spontanei incompleti (quando si rompono le acque prematuramente e c’è un altissimo rischio di infezione) si è voluto procedere.
C’era già stato il famoso caso di Savita Halappanavar in Irlanda, o casi analoghi in Polonia, in cui alla fine la madre è morta. Fino a che il feto ha un battito cardiaco, non si interviene per completare l’aborto spontaneo: anche quella procedura è ritenuta un aborto illegale. Poco importa se per il feto non c’è alcuna possibilità di sopravvivenza: queste donne devono attendere, mentre nel frattempo le loro condizioni si aggravano, e ciò ovviamente con gravi rischi per la loro salute, in alcuni casi con effetti tragici. Oppure devono lasciare il loro paese e andare dove quella pratica è permessa.
È un incubo. Voglio dire, è in casi come questi che davvero ti accorgi del livello di fanatismo che dilaga in quella fazione di anti-abortisti. Non sono interessati ad alcun tipo di compromesso ragionevole; nelle scorse settimane ha fatto notizia la vicenda della bambina di dieci anni dell’Ohio. Alcuni antiabortisti dapprima hanno sostenuto che non era vero nulla, che era una truffa e quando infine la bambina è dovuta andare in Indiana per ottenere un aborto legale, il procuratore generale dello stato se l’è presa con il medico che a suo dire non aveva presentato la corretta documentazione per la procedura… cosa che invece aveva fatto. Insomma, vogliono semplicemente rendere tutto più difficoltoso. Prima erano in molti a pensare: “Tanto questo dispositivo non funzionerà mai dal punto di vista legale, torneremo allo stato normale delle cose, non riusciranno a spingersi effettivamente fino a perseguire un dottore che, in buona fede, pratica o porta a buon fine un aborto spontaneo…”. Ecco, questo potrà anche essere vero, ma la verità è che dopo quella sentenza hanno iniziato a serpeggiare paura e confusione. Una situazione molto brutta.
Nei tuoi libri hai definito l’aborto “un bene sociale”.
Perché lo è. Credo che l’aborto sia un bene sociale sotto molti punti di vista. È un bene per le donne che possono così decidere quando e se avere un bambino; che non debbono essere legate a un uomo con cui magari hanno avuto solo un’avventura di una notte; che possono sottrarsi a relazioni fatte di abusi. Ma soprattutto è un bene per le donne in quanto permette loro di decidere della loro vita: se completare gli studi, concentrarsi sul lavoro o prendersi cura dei figli che già hanno, perché, attenzione, il 60% delle donne statunitensi che ricorrono a un aborto sono già madri.
Circola questo stereotipo per cui ad abortire sarebbero donne che odiano i bambini o ragazze del college irresponsabili… e invece no, si tratta perlopiù di madri con bassi redditi, che già si arrabattano e che rischiano di finire in condizioni socio-economiche insostenibili.
A peggiorare la situazione ci sono poi alcune peculiarità del sistema americano, che lo distinguono dall’Italia e dal resto dell’Europa occidentale. Noi non abbiamo un servizio sanitario nazionale, bensì un sistema di assicurazioni. Alcuni ce l’han­no, altri no. In Texas, per esempio, si è tentato di offrire un’assistenza prenatale a carico dello stato, ma il governo l’ha rifiutata; c’era la possibilità di far passare un “affordable care act”, una legge per cure accessibili, con il contributo del governo federale, per cui le donne non avrebbero dovuto pagare se non un piccolo contributo allo stato. Invece in Texas hanno detto: “No, non lo vogliamo”. Questo significa che, per ottenere cure pre e post-natali, garantite da parte del governo del proprio Stato, ci si deve trovare in condizioni di indicibile miseria.
L’asticella è posta veramente molto in basso. Per cui ti ritrovi con tante donne in condizioni di povertà, sull’orlo del baratro finanziario, le quali non riescono ad accedere alle cure mediche di cui avrebbero bisogno. Penso che l’Italia sia un po’ più generosa da questo punto di vista.
Secondo te, la crisi dell’aborto segnala anche una crisi della democrazia?
Sì, esattamente. È una crisi della democrazia, perché la maggior parte delle persone sono effettivamente pro-choice, cioè sono a favore del diritto della donna a decidere; parlo della maggioranza degli statunitensi. Il fatto è che il modo in cui il nostro sistema è organizzato, diverso da quelli vigenti in ogni altra parte del mondo, dota un manipolo di cittadini che vivono in uno stato rurale molto conservatore come il Wyoming di un potere sproporzionato nel nostro Senato federale. Il Wyoming, lo stato meno popoloso degli Stati Uniti, con una popolazione analoga a quella di Staten Island, che è un sobborgo di New York City, ha lo stesso numero di senatori dello Stato di New York. Succede così che i due senatori anti-choice del Wyoming pesino come i due senatori pro-choice di New York. Vi pare giusto? Per di più, assistiamo a un sempre più frequente ricorso al gerrymandering; non so se conoscete questa espressione, è la pratica con cui i partiti al governo ridisegnano i distretti elettorali per assicurarsi una rielezione. Tutto questo comporta che i democratici, alla fine, per sperare di vincere, debbano conquistare molti più voti dei repubblicani: non un voto in più, ma tanti… Lo abbiamo visto nelle ultime elezioni: Donald Trump ha preso tre milioni di voti in meno rispetto a Hillary Clinton, ma è stato eletto presidente; allo stesso modo, George W. Bush ha avuto meno voti di Al Gore, ma è stato eletto presidente e ci ha trascinati in quell’orribile guerra dell’Iraq.
Non è un sistema veramente democratico, per come funziona nella realtà. Ma le persone non ne sono consapevoli. Le nostre elezioni sono in definitiva cinquanta elezioni statali sommate, e non un’unica elezione di un grande stato. E questo consegna agli stati governati dai conservatori molto potere.
Hai scritto, provocatoriamente, che ora in metà del paese le donne saranno ridotte a “recipienti per feti”.
È così. Un uomo potrà metterti incinta contro il tuo volere, dire che indossa il preservativo quando non è vero (cosa che ultimamente accade sempre più di frequente) e tu sarai sua. Dovrai portare in grembo suo figlio. Cos’è questo, se non essere meri recipienti? E gli stupratori? In alcuni stati possono ottenere la custodia del figlio nato dallo stupro. È sconvolgente rendersi conto di quanto potere gli uomini ancora abbiano sulle donne, ed è una cosa che secondo me molte donne continuano a fingere di non comprendere, di non vedere. Ma esempi come questi dispiegano la verità davanti agli occhi di tutti.
Volevo tornare alla domanda precedente sul bene sociale. L’aborto non è un bene solo per le donne, ma anche per l’uomo, perché è un bene per un uomo non avere figli di cui non gli importa nulla o di cui non sa nulla, che non ha mai visto e che non contribuirà a sostenere… Situazioni del genere finiscono per corrodere il senso di moralità, la capacità di discernere ciò che è giusto, ciò che dobbiamo alle altre persone. Credo peraltro che per i bambini stessi sia più giusto venire al mondo quando si è desiderati. Quindi il diritto all’aborto è un bene per tutti. Per questo gli anti-choice si sono dovuti inventare il feto-bambino, come oggetto della loro protezione. Questo bambino, tra virgolette, che è tale da quando l’uovo viene fertilizzato: da quel momento è equiparabile a una persona di quattro anni o anche di quaranta!
Ora cosa succederà? Come si stanno organizzando le donne, il movimento?
Il movimento sta facendo molto. Ma anche le persone comuni stanno cominciando ad arrabbiarsi. Le grosse associazioni sono ancora nella fase in cui devono approfondire le implicazioni legali delle loro azioni, ma c’è molto attivismo anche al di fuori di queste organizzazioni. Voglio raccontare una storia che credo valga la pena conoscere. Alla Camera abbiamo questo politico di nome Matt Gaetz che è stato accusato di aver fatto sesso con ragazzine minorenni. Un personaggio incredibilmente reazionario e sessista, misogino. Recentemente ha detto: “Ma guardate queste manifestazioni pro-choice, le donne che vi partecipano sono tutte grasse e brutte, persone strambe. Vi partecipano perché in fondo non riescono a trovare degli uomini”. Non solo, ha insultato questa giovane teenager, Olivia Julianna, un’attivista di cui ora parlano tutti i social media, facendo battute sul fatto che è sovrappeso, eccetera… Ebbene, lei ha aperto una raccolta fondi sul sito GoFundMe, e nel giro di 48 ore ha raccolto oltre un milione di dollari con il motto: “Facciamo in modo che Matt Gaetz sappia cosa pensiamo di lui”. Questi soldi andranno tutti nei fondi per pagare l’aborto a donne in condizioni di povertà. Se pensi che si tratta di una ragazzina, è incredibile! La campagna prosegue e sta andando forte, quindi chissà quanto riuscirà a raccogliere. È un segnale di reazione importante.
Personalmente vorrei vedere più azioni di base, più manifestazioni… chissà, magari succederà; ora è estate... certo, se guardiamo a cosa è successo in Argentina, a quelle grandi manifestazioni… Ecco, mi piacerebbe vedere una reazione simile, ma finora non c’è stata.
Molti americani sono scontenti e disaffezionati alla politica elettorale, forse a tutte le forme di politica. Dicono cose tipo: “Ah, sono tutti delinquenti, non cambia mai niente, perché dovrei votare?”. Ecco, forse queste cose si diranno meno, soprattutto ora che anche i pro-choice si sono resi conto che gli anti-choice hanno un atteggiamento opposto; loro non dicono: “Perché dovrei prendermi il disturbo di andare a votare?”, No! Dicono: “Vieni con noi, andiamo!”. Spero che questo ci dia uno scossone!
Volevo chiederti delle nuove generazioni: le giovani donne che non hanno mai sperimentato cosa significhi vivere in un contesto in cui l’aborto è illegale, per loro sarà una cosa inconcepibile…
Lo so, questa sarà una sveglia tremenda per tutte loro, tanto più che sono loro oggi a rischiare di rimanere incinte! Io e le donne della mia generazione certo non rimarremo più incinte…
Credo che tutto ciò sia a dir poco inquietante per un gran numero di donne. Dovrei aggiungere che si sta iniziando a parlare della possibilità di mettere al bando anche i contraccettivi. Gli anti-choice si sono persuasi che anche le tecniche contraccettive, di controllo delle nascite, siano una forma di aborto, è un aborto chimico per loro. Il giudice conservatore della Corte suprema Clarence Thomas l’ha detto: “Esamineremo anche quelle misure”, così come esamineranno i matrimoni gay, che per loro non sono una gran cosa… Il programma degli anti-choice va ben oltre l’aborto in sé.
Ecco, mettiamoci nei panni di una giovane donna che improvvisamente potrebbe trovarsi nella condizione di non trovare più un contraccettivo. O in quelli di un giovane gay o lesbica che non potrà più sposarsi.
Sui giornali si inizia a parlare di un aumento di casi di sterilizzazione, è un fenomeno ancora difficile da quantificare, ma pare stiano aumentando gli uomini che ricorrono alla vasectomia; donne che hanno avuto precedenti di gravidanze problematiche pensano che non ci riproveranno più perché qualora avessero un aborto spontaneo problematico, dio solo sa cosa potrebbe accadere. Tutto questo finirà per influenzare molte persone; l’auspicio è che abbia un effetto energizzante sui giovani.
Voglio aggiungere una cosa. In molti stanno scoprendo che la fine dell’aborto legale può influire in tanti modi sulle vite di persone che non avevano neanche mai lontanamente preso in considerazione di abortire. Perché è una misura che influisce anche su tutta una serie di problemi ginecologici.
Come spiegavo, c’è il problema della gravidanza, dell’aborto spontaneo, ma c’è anche l’infertilità, i contraccettivi, la possibilità di accedere a certe cure mediche durante la gravidanza, che potrebbe essere resa più difficile perché: “Oh mio dio, non sia mai che rischiamo di perdere il feto, che è la cosa più importante!”. Ecco, io confido e mi aspetto che tutto questo contribuisca a risvegliare la gente dal torpore in cui si era cullata.
Sai com’è, le persone tendono sempre a pensare che a loro non succederà. Personalmente sono sempre meravigliata quando capita che qualcuna rimanga incinta e dica: “Oh, ma com’è potuto accadere?”. “Beh, è successo perché hai fatto sesso!”. Non è un fatto sorprendente, non è un mistero! E invece diventa sorprendente quando capita a loro, loro che pensavano non sarebbe mai successo. Questo può dare uno scossone spingendo queste persone a pensare che può succedere anche a loro…
Un altro tema che voglio almeno menzionare è quello delle pillole abortive. Credo che anche questo diverrà un argomento cruciale. Alcuni stati stanno introducendo leggi che vietano la prescrizione e la somministrazione di queste pillole. Presto il problema esploderà. Tanto più che oggi in qualunque città si può trovare una prostituta, anche se è illegale; ovunque si possono trovare droghe, anche se sono illegali… e allora perché non si dovrebbero riuscire a trovare ovunque anche le pillole del giorno dopo? È ovvio che sarà possibile. Questo però cosa significa? Che per alcuni il diritto all’accesso a quelle pillole sarà protetto dalla legge e per molte altre persone l’unico mezzo per procurarsele sarà il mercato nero. Biden ha fatto capire che, in quest’eventualità, il governo federale potrà anche spedirle via posta...
Non è facile, oggi, capire quale futuro ci attende. Comunque non credo che le persone accetteranno il nuovo stato di cose pensando: “Vabbé, d’ora in avanti andrà così”. Questo no.
(a cura di Barbara Bertoncin. Traduzione di Stefano Ignone)