Konstanty Gebert è scrittore e giornalista per il quotidiano polacco "Gazeta Wyborcza”. È stato corrispondente di guerra nei Balcani e advisor del Special Rapporteur sulla situazione dei diritti umani nei territori dell’ex-Yugoslavia Tadeusz Mazowiecki. È stato giornalista clandestino di Solidarnosc, partecipa a think thank europei ed è attivo sulle questioni ebraiche. Lo abbiamo intervistato anche nel n. 228/2016 di “Una città”.

Vorremmo rifare con te il punto sulla situazione dei paesi centro orientali, in particolare della Polonia, anche rispetto al ruolo dell’Unione europea...
I paesi dell’Europa centrale sono tutti diversi tra loro così come lo sono quelli dell’Europa occidentale, pertanto ogni generalizzazione rischia di essere una semplificazione e non permette di vedere le cose in profondità. Io direi che i nostri due problemi fondamentali sono “la trappola dello sviluppo medio” e la tentazione autoritaria; in realtà si può anche pensare che questi due temi siano legati, siano le due facce dello stesso problema. La trappola dello sviluppo medio consiste nel fatto che in un primo tempo, dopo il crollo del comunismo, con l’arrivo del libero mercato e poi il grande appoggio fornito dai fondi europei dopo l’adesione, è stato possibile uno sviluppo molto rapido. Così abbiamo avuto nell’ultimo quarto di secolo uno sviluppo vertiginoso, che ha portato dei  cambiamenti mai visti nella storia economica dei nostri paesi. Questo ha causato un aumento dell’appetito, diciamo così, e ha fatto pensare che fosse possibile raggiungere gli stessi livelli di vita dell’Europa occidentale nello spazio di una generazione. Ma tutto questo non è economicamente possibile. Questo sviluppo è stato, possiamo dire, sfrenato, perché il punto di partenza era davvero molto basso, era artificialmente basso, a causa di un sistema disfunzionale. Ma una volta raggiunto il livello medio, ogni passo in più lo si deve fare in competizione con i paesi dell’Europa occidentale, che sono molto più avanti in termini di sviluppo economico e quindi tutto diventa molto più difficile.
Allora assistiamo un po’ al paradosso di Tocqueville, le aspirazioni che aumentano e la loro realizzazione che diventa impossibile. Nello stesso tempo, e questo lo osserviamo in quasi tutti i paesi dell’Europa centrale, si registra un passo indietro tangibile rispetto allo sviluppo democratico; cosa che ci ha molto sorpreso. Avevamo tutti creduto che non avremo più avuto problemi rispetto alla democrazia, avevamo pagato un prezzo così alto per uscire dall’oppressione autoritaria che nessuno certamente avrebbe più voluto tornare in quella situazione.
Invece no, e uno degli argomenti per il nuovo populismo è che questi liberali democratici ci hanno messo in una situazione in cui non si può più andare avanti e allora serve un potere forte, compatto, che sappia dirigere, eccetera eccetera. E qui c’è tutto un tema da sviluppare, che c’è una parte della popolazione che legittimamente si sente la perdente della trasformazione e quindi si rifiuta di dare fiducia a un sistema che dice di agire in nome di tutti i cittadini e invece si dimostra ingiusto. Ma l’argomento principale è semplicemente che coloro che ci hanno governato sono degli incapaci, visto che non abbiamo ancora raggiunto i livelli economici dell’Europa occidentale. E questo lo si è visto chiaramente in Polonia durante le elezioni del 2015, quando ha vinto il Pis (Prawo iPrawo i Sprawiedliwosc, Diritto e Giustizia) un partito di destra di ispirazione conservatrice clericale, tuttora al potere. All’epoca lo slogan della campagna elettorale era che: “La Polonia è rovinata”. Invece bastava aprire la finestra per vedere che la Polonia non soltanto non era rovinata, ma era in pieno sviluppo e in piena crescita. In realtà il tema era il confronto con i tedeschi, che continuavano a essere molto più ricchi di noi. Ovviamente non c’è una ragione metafisica per cui i tedeschi debbano essere più ricchi dei polacchi, le ragioni sono tante, storiche, economiche, ecc. ecc. Ma la cosa affascinante di questa assurdità è che dieci anni prima della vittoria del Pis, diciamo a inizio secolo, la speranza dei polacchi, la più grande, era di potere andare a lavorare in Germania.
Bene, dieci anni dopo il governo crolla perché non siamo ricchi come i tedeschi! Questa, se vuoi, è anche una visione ottimista: l’idea che noi siamo arretrati, che siamo condannati a essere poveri, è sparita, e questa naturalmente è una buo ...[continua]

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