Martina Pignatti Morano, pisana, dell’associazione "Un ponte per”, lavora in partenariato con i movimenti di resistenza nonviolenta palestinesi e sostiene la campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni su Israele. E’ titolare di due corsi di Scienze per la Pace presso l’Università di Pisa.

Puoi raccontarci del tuo viaggio verso Gaza?
Sono arrivata al Cairo con altri nove amici di Pisa, alcuni erano volontari di "Un ponte per”, altri del Progetto Rebeldia, altri della Bottega del Mondo del Chicco di Senape. C’era un’assistente sociale, un medico, un ricercatore universitario, quindi era un gruppo molto variegato di persone che avevano deciso di informarsi, prima di partecipare alla Gaza Freedom March, sul conflitto palestinese e su quello che stava succedendo a Gaza.
Ci eravamo programmati per rimanere fino all’11 gennaio, e quindi in realtà speravamo che forse, dopo che era passato il periodo di confusione, di conflittualità (data la presenza di 1.300 attivisti in una città come Il Cairo, in uno stato di polizia come diventa l’Egitto in questi frangenti e non solo), avremmo potuto raggiungere Gaza magari più avanti, dopo il 5-6 gennaio. Purtroppo non è stato possibile. Abbiamo vissuto in un albergo in centro, per cui eravamo sempre in contatto diretto con gli organizzatori della Gaza Freedom March. Grazie a Stephanie, un’attivista di Codepink, abbiamo partecipato a tutte le azioni di protesta che sono state organizzate al Cairo, fino alla notte del 31 dicembre. Certo non ci siamo sentiti particolarmente partecipi dei processi decisionali, ma comunque ci rendevamo conto che nella situazione di emergenza in cui ci trovavamo non era facile mettere in piedi iniziative che fossero veramente condivise nei modi e negli obiettivi. Tuttavia devo sottolineare che la Gaza Freedom March è riuscita a fare qualcosa di portentoso, cioè mettere veramente insieme rappresentanti di quasi tutti i gruppi di solidarietà per la Palestina che ci sono in giro per il mondo, pur con tendenze abbastanza diverse e con linguaggi apparentemente incompatibili. La cosa importante era che tutti facevamo parte delle stesse iniziative al Cairo, pur con alcune differenziazioni che si notavano, in realtà soprattutto nel gruppo francese. C’era una grossa voglia da parte di tutti di dimostrare che eravamo in tanti al Cairo e quindi di non disperderci in mille rivoli, e siamo riusciti a resistere al rischio, davvero reale, di fare quaranta cose diverse nella stessa città.
Ci siamo poi resi conto di avere una grossa condivisione non solo sugli obiettivi politici della nostra presenza lì, ma anche sulle campagne di solidarietà da sostenere dopo quest’esperienza della Gaza Freedom March, prima di tutti la campagna Bds, cioè di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni nei confronti di Israele, sulla quale nessuno, lì alla marcia, ha avuto niente da obiettare.
Tu eri stata scelta per far parte della delegazione dei cento, ma poi non sei andata. Cos’è successo?
Il governo egiziano a un certo punto ha fatto questa proposta, last minute, agli organizzatori di Codepink: mandare una delegazione di solo 100 persone a Gaza, per portare gli aiuti umanitari. La proposta è stata fatta non al Comitato della Gaza Freedom March, ma a Codepink, dalla moglie di Mubarak, in base a una campagna specifica che era stata fatta dalle donne americane sulla necessità di portare solidarietà alle donne di Gaza. Sembra che la moglie di Mubarak, che è anche referente locale della Mezza Luna Rossa, abbia intavolato una sua negoziazione con il Ministero degli Esteri e con Mubarak stesso, per riuscire a far passare 100 attivisti della Gaza Freedom March.
Non si sa ovviamente quali siano i retroscena, e io non so neanche esattamente come Codepink abbia portato avanti questo canale di dialogo. Sta di fatto che le delegazioni sono state poste di fronte alla scelta se mandare o no un membro della propria delegazione in questo convoglio, e dovevano deciderlo in mezz’ora. Codepink sembrava aver preso già da sé la decisione che, sì, bisognava accettare questa offerta del governo egiziano e mandare 100 persone a Gaza.
La delegazione di Action for peace, quindi la parte italiana dell’European Coordination of Committee for Palestine, ha fatto una breve discussione. In quel momento eravamo in strada, a lato di una manifestazione, una delle più importanti perché era stata organizzata insieme ai movimenti egiziani di opposizione al governo e di solidarietà all ...[continua]

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