Gianpiero Dalla Zuanna è professore straordinario in Demografia all’Università di Padova. Assieme a Francesco Billari, recentemente, ha pubblicato La rivoluzione nella culla. Il declino che non c’è, Università Bocconi editore, 2008.

La ricerca che avete condotto sfata diversi luoghi comuni, il primo è sicuramente quello del declino demografico…
Partiamo da qui: quand’è che si parla di declino demografico? Si parla di declino demografico quando la popolazione diminuisce e invecchia. Ci sono molti casi nella storia di popolazioni che sono declinate e che si sono anche estinte. Guardando i dati dell’Italia, dell’Italia del nord specialmente, ma dell’Italia in generale, già a partire dalla fine degli anni 70 si intravedeva un processo progressivo di declino demografico. Di qui un forte allarme da parte degli studiosi di popolazione, ma anche degli economisti, perché per tutti gli anni 80 si è assistito a un processo molto rapido di invecchiamento che non aveva portato a un declino della popolazione, ma che lo faceva temere.
A partire dagli anni 90 in realtà le cose sono cambiate. Tra gli elementi che hanno determinato questo sostanziale cambiamento di rotta ci sono in primis i processi migratori, cioè le migrazioni. Ora, parlando dal punto di vista strettamente demografico, bisogna considerare che siccome i migranti hanno in media sui venticinque, trent’anni, sono paragonabili a nascite avvenute venticinque, trent’anni prima. In questo senso possiamo dire, per dare un’idea, che gli immigrati che entrano ora nel 2009 sostituiscono, tra virgolette, i mancati nati del 1982.
Allora, siccome negli ultimi dieci anni abbiamo avuto trecentomila ingressi netti l’anno, questi vanno a compensare le mancate nascite dei decenni precedenti, per cui i quattro milioni di immigrati che ci sono adesso in Italia hanno impedito alla popolazione di diminuire. Ovviamente ci riferiamo alla popolazione complessiva, immigrati compresi, perché, ripeto, se guardassimo solo alle persone nate in Italia, i figli di italiane, assisteremmo a una diminuzione da qualche anno.
Tenendo invece conto anche degli immigrati, ovvero di tutta la popolazione che risiede e vive in Italia, emerge un incremento importante negli ultimi anni, con anche un rallentamento dell’invecchiamento.
Qualcuno potrebbe chiedere: perché l’invecchiamento prosegue lo stesso? Ecco, questo avviene non tanto a causa del calo delle nascite (perché le nascite vengono compensate dagli immigrati), ma perché continua ad aumentare la vita media, ossia l’età media alla morte, quindi se la gente muore a 82, 83, 84, 85 anni ovviamente aumenta sempre di più il numero di persone anziane. Ma se la proporzione con la popolazione in età lavorativa resta più o meno costante, questa è una buona notizia, vuol dire che si vive di più. Addirittura le proiezioni mostrano che gli ultranovantenni dovrebbero raddoppiare nel giro di pochi anni. Questo è il futuro che ci aspetta, probabilmente.
L’inversione di tendenza non è dovuta esclusivamente all’immigrazione, c’è anche una, relativa, ripresa delle nascite…
E’ così, c’è anche una certa ripresa delle nascite, non ampia e che però si nota. Il numero minimo di nascite in Italia è stato raggiunto a metà degli anni 90, e da allora c’è una lieve ripresa, che è dovuta fondamentalmente a tre fenomeni. Il primo è il recupero di fecondità delle donne che hanno compiuto trentacinque anni. Sono donne che spesso non hanno avuto figli in età giovanile, e che oggi, assieme al marito, al compagno, vogliono soddisfare il loro desiderio di fecondità in un momento successivo, per cui hanno uno o due figli fra i trentacinque e i quarant’anni. Il secondo fenomeno sono le nascite degli immigrati: in particolare in questi ultimi anni molti immigrati hanno stabilizzato la loro situazione, e quindi anche loro hanno cercato di avere uno o due figli. Anche qui andrebbe sfatato un altro luogo comune, nel senso che la fecondità degli immigrati non è tanto superiore a quella degli italiani.
Il terzo fenomeno è che anche in Italia si sta allentando il vincolo del matrimonio per avere figli, cioè sempre più in Italia ci sono figli che nascono al di fuori del matrimonio, e questo porta a un’accelerazione delle nascite. Questi tre elementi assieme, per esempio, in Veneto hanno portato il numero medio di figli per donna da 1,1 a 1,4, che non è un aumento da poco: in alcune zone si sono dovuti fare asili nuovi, scuole nuove… Insomma la differenza si vede.
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