Abdesselam Cheddadi insegna all’Università Mohammed V di Rabat. Recentemente ha pubblicato Les arabes et l’appropriation de l’Histoire, Sindbad-Actes Sud.

Come sta reagendo la gente alla guerra, agli attentati, al fenomeno Al Quaeda, nel mondo arabo?
La gente reagisce come dappertutto, è colpita. Gli uomini non sono diversi da un posto all’altro. Le circostanze, la forma culturale determinano modalità diverse, ma al fondo le reazioni sono le stesse. Quando ci sono minacce terroristiche le persone sono spaventate, preoccupate, vogliono una vita normale, tranquilla, un lavoro, un po’ di benessere.
Oggi nel mondo arabo mancano quelle condizioni di prosperità che garantiscano un lavoro per tutti, ma soprattutto restano molte questioni aperte: il problema dell’istruzione non è stato risolto, come pure il problema del potere e della sua organizzazione.
Ma nelle società arabe, oltre alle difficoltà dovute semplicemente al ritmo del cambiamento, che è sfrenato, alle conseguenze delle innovazioni tecnologiche, estremamente difficili da controllare, esistono altri problemi, specifici della loro storia recente che ancora non ha raggiunto un certo equilibrio. Problemi sul piano politico, dell’educazione, ma anche sulla riflessione riguardo alla questione religiosa.
Resta il fatto che i musulmani, come tutti, condannano il terrorismo, questo è evidente. Non c’è alcuna retorica nelle mia parole. La gente realmente non sopporta questa sorta di precarietà, di minaccia.
In Marocco c’è un gruppo islamista estremista che utilizza dei metodi sostanzialmente fascisti e che arriva a uccidere le persone perché non si conformano a regole religiose rigide. Ebbene la reazione della gente è molto forte. Dopo gli attentati di Casablanca, i marocchini sono scesi in strada. C’è stato uno slogan che è circolato per tutto il paese: “Giù le mani dal mio paese”, ovvero noi vogliamo pace, sicurezza, non dovete minacciare il nostro paese. Queste parole erano evidentemente rivolte ai terroristi. Il messaggio era: non vogliamo terroristi.
Quindi per lei il fondamentalismo non ha guadagnato terreno con la guerra…
Finché non si trova una soluzione giusta ai problemi in sospeso ci sarà sempre la minaccia di deviazioni. I problemi in sospeso sono ancora una volta quelli dell’organizzazione politica, dell’istruzione e un certo numero di questioni culturali legate alla religione. Queste cose possono risolversi ma solo in una situazione di sicurezza e di stabilità economica, che purtroppo ancora manca. Da questo punto di vista, c’è una specie di circolo vizioso da disinnescare.
Nell’insieme, io però sono piuttosto ottimista: anche se, come in tutto il mondo, le persone sono assillate dall’urgenza di far fronte alle necessità economiche, nel mondo arabo sta nascendo e si sta rafforzando una coscienza.
La gente, in Marocco come altrove, vuole la sicurezza e la pace. I marocchini, come tutti gli arabi, sanno quello che succede nel mondo, sanno come vivono gli europei, sanno in che condizioni è possibile lavorare e guadagnarsi da vivere e avere un minimo di prosperità; tutto questo è sotto i loro occhi ed è naturale, oltre che giusto, che anche loro aspirino a queste cose.
Dunque il mondo musulmano laico ha delle chance?
Credo non sia troppo corretta la distinzione tra mondo laico e mondo religioso, perché è una distinzione che non esiste nei paesi musulmani. Ci sono semplicemente delle persone che cominciano a dire che bisogna prima di tutto garantire dei valori fondamentali, la libertà, l’uguaglianza, la democrazia; che pensano anche si debba cominciare a prendere delle distanze dalla religione.
Ma queste persone non sono necessariamente antireligiose. E non sono nemmeno propriamente laici perché la laicità si definisce in relazione a un’autorità religiosa, ma nei paesi musulmani non c’è una chiesa.
Non ci sono autorità religiose indipendenti dall’autorità politica, che costituiscano una loro sfera autonoma.
In Marocco la democrazia e la situazione delle donne sono in una fase di evoluzione e cambiamento…
Sì, c’è un nuovo codice della famiglia, che ha portato a dei cambiamenti estendendo i diritti della donna, in particolare sul piano della responsabilità all’interno della famiglia, nel matrimonio, nelle relazioni donna-uomo, nella coppia. Anche a livello del diritto al divorzio…
Dunque c’è un vero progresso, si è tornati su certe prescrizioni religiose antiche e le si è reinterpretate in modo più liberale.
Rispetto al q ...[continua]

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