Gabriella Gribaudi insegna Storia contemporanea presso la facoltà di Sociologia dell’università Federico II di Napoli. Ha pubblicato Mediatori, Rosenberg & Sellier, Torino 1980; A Eboli, Marsilio, Venezia 1990; Donne, uomini, famiglie, Napoli, L’ancora del Mediterraneo, Napoli 1999; Terra bruciata. Le stragi naziste sul fronte meridionale, L’ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; fa parte della direzione di Quaderni storici.

Durante la seconda guerra mondiale quali caratteristiche ha avuto la presenza dei tedeschi nella zona del fronte meridionale, cioè nel territorio compreso tra il luogo dello sbarco alleato del 9 settembre del 1943, il golfo di Salerno, e la linea di fortificazione Gustav, da Minturno a Cassino?
Gli alleati sbarcarono il giorno successivo alla firma dell’armistizio, per cui i tedeschi si trovarono a combattere contro di loro e nello stesso tempo a occupare il territorio, coincidenza che sicuramente aumentò il livello della violenza.
Tutta questa zona della Campania e del basso Lazio era stata definita dai tedeschi “zona di occupazione”, come pure Trieste. Essendo una zona di fronte il governo civile italiano venne esautorato; diverso il caso dell’Italia del nord dove c’era la Repubblica Sociale che, con tutti i limiti di un governo violento e alleato coi tedeschi, conservò però una parvenza di giurisdizione civile.
Nelle zone di operazione venivano invece applicate le leggi di guerra tedesche, che poi sono quelle di un esercito di occupazione, perciò qualsiasi atto di disobbedienza della popolazione civile diventava passibile di fucilazione con estrema facilità. In alcune zone di fronte, per esempio, se si prevedeva che ci fosse una battaglia o si dovevano fare delle fortificazioni o c’erano delle particolari posizioni tedesche da difendere, si faceva evacuare la popolazione con un decreto, così, dall’oggi al domani. Sulla fascia costiera di Napoli la gente fu costretta ad evacuare nel giro di poche ore per un raggio che inizialmente era di tre chilometri. I racconti parlano di persone cacciate dalle case, di camion che le raccoglievano per portarle via, di gente che piangeva, che scappava portandosi sulla testa quello che riusciva a salvare, di donne che non trovavano i bambini. Chi non ubbidiva all’ordine di evacuazione e tornava nei luoghi di combattimento dell’esercito tedesco poteva essere considerato una spia e quindi ucciso seduta stante.
Sul fronte meridionale questa è stata una delle maggiori cause di morti civili: anche le donne sorprese in zona di evacuazione potevano venire uccise. Il maggior numero di morti è stato comunque fra i contadini; in genere, se costretti ad andare via, non potevano portarsi le bestie, sempre che i tedeschi non gliele avessero già requisite o uccise. Così i contadini si nascondevano per poi tornare per dar da mangiare agli animali o per portarli via nottetempo. In questo modo ne sono morti tantissimi.
Nella zona di Mondragone gli uomini fucilati per motivi del genere sono stati una cinquantina. Klinkhammer, un famoso studioso dell’occupazione tedesca in Italia, sostiene che in questa zona l’occupazione è stata particolarmente dura perché si sono sovrapposti diversi livelli di violenza. Innanzitutto, dopo l’8 settembre, i possibili mediatori erano scappati tutti. La gente lo ricorda: “Eravamo in balia delle onde, nessuno ci difendeva”; molti furono costretti a rifugiarsi nelle chiese, spesso l’unica possibilità di riparo. Infatti molti parroci e vescovi erano rimaste le uniche figure di riferimento del territorio e molti cercarono di assumere ruoli di mediazione coi tedeschi. Vicino a Napoli, a Mugnano, che si venne a trovare su una linea di fortificazione, due seminaristi, un diacono e un sacerdote, andarono insieme da alcuni gerarchi locali per mediare col comandante tedesco che il primo di ottobre aveva dato l’ordine di evacuazione; la gente era andata a cercare i “preti” nelle loro case per spingerli ad accompagnare i notabili fascisti di cui non si fidavano appieno. La mediazione fu negativa, il comandante quasi non li lasciò parlare e intimò loro di allontanarsi e di non fare ritorno al paese. I quattro religiosi si diressero verso il centro vicino, ma poi deviarono per un sentiero tornando alle loro case; scoperti, il comandante ne ordinò la fucilazione immediata e li fece schierare contro il muro di una masseria, i due collocati agli estremi riuscirono però a fuggire scampando all’eccidio.
Bisogna poi ricordare ...[continua]

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