La tristezza mi invade ogni anno quando la data del 11 settembre arriva, mi si congestionano gli occhi e mi sento il corpo martirizzato di ricordi. Un dolore sordo mi abita l’anima e faccio fatica a pensare a qualcos’altro che non sia un cupo suono che arriva dal passato come una frana che venendo a valle porta con sé tutto quello che trova al suo passaggio... Siamo sopravvissuti a questa epoca infame, ringraziamo ogni giorno, siamo sopravvissuti a una dittatura, ma sopravviveremo all’America latina? Questa domanda mi tortura... Si può cambiare dopo tanti anni di dolore, si può tornare ad essere felici, spensierati? Dopo tutto questo? Attraverso la pampa, mi sono ritrovata a respirare come quando ero bambina, sentivo che c’era il Pacifico a destra e la Cordigliera a sinistra e che in mezzo il vento della storia mi ossigenava i polmoni... ma erano solo ricordi... ahimé. Adesso a Santiago ti ossigena solo lo smog, a sinistra non si vede più la Cordigliera delle Ande, ma una nuvola di smog schifosa, a destra non c’è più costa del Pacifico, ma un mare di costruzioni e di edifici pieni come conigliere di gente e non si vede più nulla... e la gente non ha più quella luce negli occhi che conoscevo da bambina, la gente ora ha lo sguardo incollerito, quello sguardo da iene che non sanno quando ti staranno per agguantare la giugulare... tutti pensano a sfogare il vuoto che è rimasto. Sì, siamo sopravvissuti a una tragedia, la nostra, ma la tragedia non è morta, i danni sono stati fatti, nel cuore delle persone illusioni socio-politiche invadono le memorie e le inquinano di lotte sterili... Sì, noi figli dell’esilio continuiamo a soffrire della violenza del passato, le nostre famiglie sono rimaste a quella data e girano intorno a quella data come i cuccioli che girano intorno al cadavere della madre uccisa dai cacciatori... il capitalismo in tutto il suo splendore non si cura dei superstiti delle loro guerre, si cura solo dei vincitori, e noi non abbiamo mai vinto, noi non abbiamo avuto giustizia, non abbiamo potuto seppellire i nostri morti, abbiamo solo smesso di piangere esteriormente, ma dentro la vita chiede di essere vendicata per chiudere il circolo vizioso del lutto... Quelli che ci hanno detto che avrebbero portato riposo alle nostre ferite, hanno venduto sia la casa che il giardino, il quartiere, il mare, il cielo, la madre e il bambino, al neoliberalismo e il Cile, oggi come oggi, è un supermercato a cielo aperto, dove la vita umana è sottomessa al miglior prezzo, non esiste più nessun centimetro di terra che appartenga al paese, campi, mare, miniere, acqua, natura e montagne sono in mano alle transnazionali e capitali mondiali che tengono ormai la nostra patria nelle mani come un uccellino in mano a un ogro gigante... I cani torturatori della dittatura sono in giro per strada liberamente e gli si fanno addirittura omaggi alla carriera, cani rabbiosi che dopo aver ucciso migliaia di persone non sono mai stati catturati né puniti, né tantomeno giustiziati come meritavano, sinceramente, anzi, si fanno beffa di 20 anni di abusi e muoiono indisturbati di vecchiaia... perché questo fu il pagamento che hanno chiesto per lasciare il commando e tornare a una democrazia faziosa, con una costituzione scritta a forma e gusto da Pinochet, e che nessuno in Cile vuole riscrivere. Anni dopo anni si susseguono con votazioni del cavolo che non servono a nulla, poiché anche le pecorelle sono lupi travestiti in Cile; si fanno eleggere col voto della sinistra e del popolo poi vendono il paese alle forze capitaliste dell’Occidente... Gli indiani Mapuche sono derubati delle loro terre, terre che sono state il bottino di guerra dei militari e della destra cilena in cambio del loro appoggio per far cadere il governo dell’unità popolare d’Allende. Ogni giorno sono imprigionati e accusati di terrorismo per colpa di leggi votate da traditori travestiti da socialisti... Siamo lontani dal Cile di Allende, dalla speranza dei nostri genitori, siamo lontani dal sogno delle Americhe, di una razza unita come quella che Bolivar aveva sognato... Vaghiamo come anime in pena su una terra deserta, non troviamo consolazione, né perdono possiamo dare dopo tanto sangue versato... Mi chiedono spesso cosa sento ora che la dittatura è finita in Cile... e dico che non posso rispondere a questa domanda... semplicemente perché la dittatura non è mai finita in Cile, che io sappia... Una dittatura finisce quando la nazione ha seppellito i suoi mo ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!