Alcuni giorni fa, per caso, a partire dalla mail di un collaboratore redazionale, si è sviluppato un dibattito che proponiamo.

[...] Non capisco però una cosa (e non la condivido): che necessità c’è oggi di declinarsi -in negativo - con l’anticomunismo....? Perché non pensare invece all’altra tradizione -in positivo- come un socialismo pluralistico, pluriassociativo, liberale e libertario....?? A presto!
Thomas Casadei

Thomas, ma magari! Ci sono almeno due problemi però. Il primo, di principio, è che il pluralismo non vuol dire Berneri, Rosselli, Chiaromonte, Caffi, Colorni, ecc. più Togliatti. Non vuol dire tenere insieme l’assassinato (Berneri) e l’assassino (Togliatti), il democratico e il totalitario.
Secondo: quale tradizione è presente, forte, celebrata e rinnovata in Italia? Quella dei Rosselli, ecc.? A me non sembra proprio. L’Italia è un paese in cui Solgenitsin non è stato neanche letto, in cui nessuno si è commosso per i milioni di morti da comunismo e nessuno si è mosso per i polacchi; in cui abbiamo ancora due partiti comunisti, in cui l’altro partito della sinistra si divide perché una parte vuol abbandonare la parola socialista per salvare il proprio passato comunista e gli altri, per lo stesso motivo, ci si attaccano, e tutti felicemente statalisti; in cui l’unico giornale uscito dal 68 (in qualche modo) si professa tuttora “comunista”; è il paese dove i comunisti possono scrivere autoagiografie ed essere celebrati in tv come grandi personaggi della storia repubblicana, dove in ogni città ci sono vie dedicate a un Togliatti che diresse il pogrom contro i trotzkisti e gli anarchici in Spagna, invocò i carri armati contro gli operai di Budapest e si oppose alle rivelazioni sui crimini di Stalin; in cui gli ex del 68, quando va bene, dicono che non poteva andare diversamente, che è stato importante essere stati comunisti per non esserlo più, in cui non si dice mai la verità sulla violenza; è il paese in cui se a Bologna i cosiddetti movimenti vogliono celebrare il 77, si fa un buffet chiamato “cantunzein”, in onore della distruzione del ristorante di piazza Verdi che fu un atto di puro squadrismo. In questa situazione, poi, qualche anima bella si chiede perché in Italia si riproduca periodicamente anche il partito delle Brigate rosse comuniste. Scusa lo sfogo.
Gianni Saporetti

... sul piano dei principi, l’anticomunismo va ancora benissimo a mio parere. In una galleria ideale può stare al fianco di antifascismo e antirazzismo. Del resto, storicamente, se si guarda con favore a una sinistra libertaria e pluralista non si può che essere anticomunisti. C’è poco da fare e da discutere, secondo me.
Non bisogna però semplificare e leggere la storia per semplici antagonismi: Berneri/Togliatti, ad esempio. Altrimenti sfuggono molte cose. Il comunismo italiano non è stato solo Togliatti. Pensiamo a molti militanti di base e quadri sindacali comunisti che nel Mezzogiorno, tra la fine degli anni 40 e gli anni 50, lottavano contro i potentati locali, in condizioni difficilissime.
Pensiamo anche ad alcuni grandi amministratori locali degli anni 70, sinceramente interessati all’autonomia comunale. Penso a Renato Zangheri, che era considerato dagli avversari “quasi un liberale”. In conclusione, per quanto mi riguarda personalmente, l’anticomunismo rimane un mio riferimento intellettuale, ma con la consapevolezza della complessità che ho provato ad accennare. Credo che per una rivista interessata più alle storie di vita che ai principi astratti, non sia molto utile impostare una discussione sull’anticomunismo, che comunque rimane fermo e implicito nella scelta meritoria dell’Altra Tradizione.
Un caro saluto.
Carlo De Maria

Sono d’accordo con Carlo. La sua precisazione è doverosa. Ripensando criticamente al comunismo credo sia opportuno utilizzare maggiore cautela. Raccogliere il suo invito a non dimenticare ai molti militanti e quadri di base che hanno vissuto l’adesione al comunismo come alla forma migliore di (auto)governo dell’umanità, è indispensabile.
Inoltre le parole pesano e spesso cristallizzano il loro significato nella contingenza in cui sono nate. Berneri e Togliatti, vittima e carnefice, erano in Spagna entrambi per combattere i campioni dell’anticomunismo internazionale.
Per decenni l’anticomunismo è stato monopolio dei nemici del popolo. Anche nell’attualità chi si erge a rappresentante dell’anticomunismo è difficilmente individuabile come amico e possibile alleato ...[continua]

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